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Società dei Neurologi, IV MEETING SNO TOSCANA 2016
NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, 8-9 aprile 2016MUSEO PIAGGIO Viale Rinaldo Piaggio, 7, 56025 Pontedera PI


IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA I SESSIONE
LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE: PARKINSONISMI E DEMENZE

Procedure per la gestione perioperatoria in chirurgia generale nella malattia di Par-
kinson

Marsili L.
(UO Neurologia, Ospedale Misericordia, Grosseto)
Quando un paziente affetto da M. di Parkinson (MP) necessita di intervento chirurgico, le problemati-che da affrontare sono molteplici e di differente natura, quelle legate alla malattia stessa (immobilità, disfagia, disturbi respiratori, ritenzione urinaria, sintomi psichiatrici) e quelle legate a fattori esterni (alterazione delle prescrizioni farmacologiche, assunzione dei farmaci per os, ridotta mobilità, inte-razioni farmacologiche, reazioni avverse iatrogene). Tali aspetti causano spesso un incremento delle complicazioni ed un allungamento dei tempi di degenza. Per il clinico è importante pertanto prevenire le possibili complicanze al fine di ridurre la morbilità nosocomiale e la durata della degenza stessa. Gli interventi chirurgici cui più frequentemente sono sottoposti i pazienti con MP sono: Urologici; Oftalmologici; Ortopedici; Addominali. Gli scenari perioperatori che si presentano sono di due tipi: a) Gestione preoperatoria dei farmaci, quali: Levodopa orale, Agonisti dopaminergici (pramipexolo, ropinirolo, rotigotina), Selegilina e rasagilina, Amantadina, Entacapone, tolcapone (COMT inibitori), Anticolinergici; e b) Gestione post-operatoria dei farmaci, quali: Levodopa, Rotigotina, Apomorfina, Amantadina i. v. Scopo della presente relazione è quello di suggerire, alla luce della letteratura scien-tifica esistente, un modello pratico per la gestione ospedaliera del paziente con MP in fase pre-, peri- e post-operatoria. Il clinico deve tenere in considerazione che la MP è una condizione con un elevato rischio anestesiologico e con l'incremento della vita media della popolazione generale è frequente per il neurologo/chirurgo/anestesista dover trattare pazienti con MP specie in età avanzata.
È dovere di ogni specialista saper trattare persone con MP, conoscendo le loro particolari necessità, per migliorare comfort e soddisfazione, e gli esiti (outcome) perioperatori anestesiologici e chirurgici. È buona pratica per il neurologo redigere una procedura interna da condividere con altri specialisti per la gestione perioperatoria di pazienti con MP da sottoporre ad intervento di chirurgia generale Terapia sintomatica e prevenzione delle discinesie: nuove acquisizioni
Rossi C.
(UO Neurofisiopatologia AUSL Toscana Nordovest, P.O. "F, Lotti" , Pontedera)
La terapia con L-dopa rappresenta il gold standard nel trattamento della malattia di Parkinson ed è associata ad una risposta stabile nel tempo e ad un buon controllo motorio. Tuttavia è responsabile, dopo un periodo variabile di trattamento, dello sviluppo di complicanze motorie (fluttuazioni motorie e discinesie). In alcuni casi le discinesie possono interferire drammaticamente sulla qualità di vita del paziente e limitare il trattamento farmacologico dei restanti sintomi motori.
La stimolazione pulsatile con Ldopa unitamente alla degenerazione dei neuroni dopaminergici rappre-sentano i principali determinanti dello sviluppo di discinesie mentre l'età di esordio della malattia, il genere femminile, un basso indice di massa corporea, la durata della terapia con Ldopa ed il dosaggio giornaliero di Ldopa rappresentano fattori predisponenti.
In particolare, la stimolazione pulsatile determina lo sviluppo di cambiamenti maladattativi post-si-naptici con una ipersensibilità dei recettori D1, una eterodimerizzazione D2 e un incremento della espressione D3 che in ultimo determinano alterati meccanismi di plasticità neuronale. A tale meccani-smo contribuiscono infine vie extradopaminergiche come le vie glutammatergiche, serotoninergiche,


IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA adrenergiche e GABAergiche.
Nell'ottica di una prevenzione delle discinesie è necessario considerare sia i fattori di rischio di tali complicanze sulla base delle caratteristiche individuali del paziente, sia lo stadio di malattia e le scale di qualità di vita del paziente. Una monoterapia con dopaminoagonista, specie nelle fasi iniziali e nei pazienti più a rischio, rappresenta una provata strategia terapeutica di prevenzione. Tuttavia l'aggiunta di Ldopa è necessaria durante il decorso della malattia. Dati relativi ad analisi post-hoc hanno dimo-strato che pazienti trattati con safinamide e Ldopa presentano discinesie meno invalidanti o assenza di discinesie rispetto ai pazienti trattati con Ldopa e placebo (con dosaggi simili di Ldopa ed in assenza di riduzione del dosaggio di Ldopa durante il periodo di osservazione). Numerose evidenze hanno dimo-strato un miglioramento delle discinesie in corso di terapie complesse sia chirurgiche (DBS) che infu-sionali (L-dopa e apomorfina). Tuttavia tali approcci sono praticabili in una percentuale molto ristretta di pazienti e possono essere gravati da effetti collaterali. Terapie alternative includono farmaci diretti a sistemi extradopaminergici. Tra questi Amantadina e Clozapina sono efficaci terapie anti-discinetiche. Molecole dirette ai sistemi glutammatergici e gabaergici hanno dimostrato risultati promettenti nei trial clinici.
Declino cognitivo nel paziente parkinsoniano
Coleschi P.
(U.O. Neurologia- Neurofisiopatologia Osp. S. Donato, Arezzo)
Recentemente nella malattia di Parkinson (PD) è aumentato l'interesse per i sintomi non motori. Tra que-sti è adesso riconosciuto che una significativa porzione di pazienti con PD mostra un deficit cognitivo; in questo spettro, che va dal Mild Cognitive Impairment (MCI) alla demenza, lo stesso MCI risulta un importante fattore di rischio per l'evoluzione in demenza. Recentemente (2012) sono stati pubblicati i criteri diagnostici per l'MCI nella malattia di Parkinson da parte della Movement Disorder Society (MDS), descrivendolo come sindrome (PD-MCI) definibile da criteri clinici, cognitivi e funzionali. Il PD-MCI appare caratterizzato da un declino cognitivo insidioso che non interferisce significativamente con l'indipendenza funzionale del soggetto e che è causato dal sottostante processo patogenetico della ma-lattia di base. Il PD-MCI sembra presente più frequentemente di quanto finora immaginato, applicando i suddetti criteri della MDS: ben il 48,5% della popolazione dei pazienti con diagnosi di PD da oltre 4 anni e mezzo risulta esserne affetto, e dal 20 al 35% dei pazienti di nuova diagnosi. I deficit cognitivi nel PD sono storicamente visti come conseguenza di una disfunzione esecutiva se-condaria al coinvolgimento del sistema Frontostriatale, che mette in connessione il nucleo caudato con la corteccia frontale. Peraltro non si rileva una differenza statisticamente significativa nello spessore della corteccia frontale né nel volume dei nuclei sottocorticali con l'eccezione del nucleo caudato che appare ridotto nei pazienti con PD-MCI. Appare invece significativamente alterata la diffusione aniso-tropica del forceps minor, delle radiazioni talamiche anteriori, del fascicolo fronto-occipitale inferiore e del fascicolo uncinato. Tutte queste regioni sono strettamente connesse al nucleo caudato, che è l'unica struttura sottocorticale che contribuisce alla velocità di processazione delle informazioni nel PD. Negli ultimi dieci anni è emerso che i sintomi cognitivi nel PD sono più eterogenei di quanto prece-dentemente pensato, includendo deficit in molteplici domini cognitivi come l'attenzione, l'esecuzio-ne, il linguaggio, la memoria e il funzionamento visuospaziale. Inoltre, il contributo delle neuro im-magini ci ha permesso di rilevare che anche nei pazienti non dementi affetti da PD può essere presente un'atrofia dell'ippocampo e dei lobi Frontale e Parietale, che si correlano ai disturbi nelle diverse aree cognitive. Recentissimi studi mostrano che il grado di gravità della malattia, misurato con la scala Hoehn e Yahr, e i deficit mnesici, correlano direttamente con la probabilità del PD-MCI evolvere in demenza.


IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA Biomarker, imaging e demenza
Sestini S.
(UO Medicina Nucleare, NOP S. Stefano, Prato)
Lo scenario emerso dai numeri relativi alla previsione di prevalenza delle malattie neuro-degenerative ed ai costi ad esse associati nei prossimi anni ha negli ultimi anni imposto al mondo scientifico la ri-cerca di strategie mirate alla diagnosi precoce e certa di tali malattie al fine di prevenirne o ritardarne l'esordio clinico e di instaurare trattamenti specifici nei casi clinicamente controversi. Per il raggiungi-mento di questi obiettivi un enorme sforzo è stato fatto ed è tutt'ora in atto nel tentativo di approfondire la conoscenza dei meccanismi sub-cellulari e molecolari che caratterizzano il fisiologico processo di invecchiamento neuronale e delle modificazioni a cui esse vanno incontro in condizioni di patologia nel tentativo di identificare i bio-marker di queste malattie. Un bio-marker è genericamente definito un parametro che può essere misurato in modo oggettivo e la cui misura è un indicatore di un determi-nato processo biologico, in condizioni di normalità e di patologia e delle modificazioni a cui esso va incontro a seguito di un intervento terapeutico. L'obbiettivo di un bio-marker è la diagnosi sensibile e specifica di malattia. Nel caso delle malattie neuro-degenerative, un bio-marker è considerato sensibi-le se identifica la presenza della malattia prima o nelle prime fasi della comparsa dei sintomi. Un bio-marker è considerato specifico quando differenzia con un margine di errore trascurabile l'una malattia neuro-degenerativa dall'altra o da altre malattie non neuro-degenerative ma clinicamente simili allo scopo di instaurare trattamenti terapeutici mirati. Il miglioramento della conoscenza dei fattori bio-molecolari coinvolti nelle malattie neuro-degene-rative, dei rapporti tra loro intercorrenti, delle tempistiche di accumulo di tali proteine nel tempo, ha fornito uno straordinario impulso in ambito diagnostico accelerando lo sviluppo di nuovi bio-marker e meglio definendo il ruolo di quelli già esistenti. In ambito diagnostico bio-molecolare, a fianco della PET con fluoro-dessossi-glucosio (FDG) necessario per rilevare il deficit di funzionamento di alcune classi di popolazioni neuronali, si è recentemente affiancata la PET con traccianti che individuano la deposizione di amiloide nel cervello, e nell'immediato futuro, si affiancherà la PET che rileva la deposizione della proteina Tau nel cervello. Parallelamente alla componente diagnostica, l'utilizzo di imaging bio-marker e non potrà fornire un importante contributo nel monitoraggio terapeutico (tera-gnostic imaging) fornendo informazioni quantitative circa la variazioni del carico cerebrale di proteine patogene e del risultante funzionamento metabolico sinaptico, all'interno di quella che viene attual-mente definita medicina personalizzata.
A fianco dei biomarker, anche fattori di ordine tecnico e pratico hanno contribuito alla diffusione delle tecniche di neuroimaging bio-molecolare, come l'attuale elevata risoluzione spaziale delle immagini acquisite, la riduzione della dose di radioattività assorbita dal paziente e, non ultimo, la riduzione dei costi dell'esame ed il recupero di risorse derivanti da una diagnosi precoce e corretta.
II SESSIONE
CRITICITÀ NELLA GESTIONE DEL TRAUMA CRANIO-ENCEFALICO

Il ruolo dell'emergenzista
Cipriano A.
(U.O. Medicina d'Urgenza e Pronto Soccorso dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana)
L'approccio al trauma cranio-encefalico nasconde ancora oggi molte insidie per il Medicio d'Urgen-


IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA za. Sebbene le problematiche relative ai traumi moderati e severi, dopo una prima gestione in Pronto Soccorso siano poi a carico degli specialisti in reparto, spesso il trauma cranico lieve rimane a com-pleta gestione del Medico d'Urgenza. In questo grande gruppo di pazienti viene sempre di più ad identificarsi un sottogruppo molto complesso che sono i traumi cranici lievi in pazienti in terapia an-ticoagulante sia con antagonisti della vitamina K che con i nuovi anticoagulanti diretti ma anche con anticoagulanti parenterali. Per questo gruppo di pazienti la letteratura e quindi le società scientifiche, al momento, non hanno saputo dare un'indicazione di gestione definitiva. Sembra ormai consolidato il fatto che siano traumi ad alto rischio di complicanze in acuto, rimangono invece poco chiare queste questioni:• necessità di osservazione e tempo adeguato di osservazione• indicazioni alla ripetizione dell'imaging a distanza di tempo e modalità di esecuzione• indicazioni sulla prosecuzione della terapia anticoagulante• indicazioni a imaging ritardatoIn merito a tali problematiche la letteratura e le indicazioni delle società scientifiche sono fortemente discordanti e vanno da un'atteggiamento prudenziale delle ormai datate linee guida italiane ad atteg-giamenti molti meno protettivi delle linee guida anglosassoni.
La presentazione cercherà di mettere ordine sulla letteratura e mostrare i dati del follow-up del DEA Pisano su gusti pazienti.
Il ruolo del neuroradiologo
Monti L.
(UOC Neuro-immagini e Neuro-interventistica, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Neuro-
sensoriali - Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico "Santa Maria alle Scotte", Siena)

Il trauma cranio-encefalico costituisce uno dei maggiori carichi di lavoro del Neuroradiologo.
La gestione del paziente con trauma cranio-encefalico è in prima istanza basato sullo stato clinico e sulla relativa stratificazione del danno neurologico tramite il Glasgow Coma Scale (GCS) score in trau-ma cranio-encefalico lieve (GCS score: 13–15), moderato (GCS score: 9–12) e severo (GCS score: = o <8). Tuttavia, l'outcome del paziente dipende anche dalla diagnosi neuroradiologica dei danni indotti dal trauma, quali lesioni primarie (causate direttamente del trauma, intra-assiali: contusioni corticali, ematomi cerebrali, danni assonali, lesioni del tronco oppure extra-assiali: ematomi epidurali, sub-durali ed intra-parenchimali, ESA), lesioni secondarie (conseguenza dell'edema, dell'aumento della pressione cerebrale interna o della riduzione della perfusione regionale, quali ischemia, ernie cerebrali, emorra-gie, oppure da lesioni vascolari come dissezioni del circolo epiaortico o fistole arterovenose) e sequele (atrofia, gliosi, malacia, fistole liquorali, infezioni, disfunzioni neurologiche ed endocrinologiche quali il diabete insipido). Quindi la disponibilità di apparecchiature, tecniche e competenze di pertinenza neuroradiologica riveste un ruolo fondamentale nel management del paziente traumatizzato.
In questa relazione si espongono e si commentano le risorse diagnostiche attualmente utilizzabili, dall'Esame Radiografico, in realtà superato, alla Tomografia Computerizzata (TC), incluse le tecniche Angio-TC e Perfusione-TC, ed alla Risonanza Magnetica (RM), incluse le tecniche di Diffusione, Per-fusione, Spettroscopia ed Imaging Funzionale. Tutte queste tecniche neuroradiologiche rivestono un significato ed un'utilità diversa, a seconda che si tratti dello studio della fase acuta, di quella subacuta o di quella tardiva o propriamente a distanza dal trauma, delle caratteristiche dell'evento traumatico (modalità, energia dell'impatto) e degli aspetti clinico-neuroradiologici all'esordio.
La TC, eventualmente con Angio-TC, resta la metodica di prima istanza in fase acuta e nei controlli seriati ma non è possibile escludere la RM (eseguita anche a distanza di 7-10 giorni dall'evento trau-matico) dall'iter diagnostico. La RM infatti è più sensibile sull'integrità del tessuto nervoso oltre che


IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA nell'individuazione di lesioni localizzate in regioni di difficile rilievo con la TC. La disponibilità di TC e
RM e la corretta metodologia di studio, nonchè la valutazione di eventuali esami neuroradiologici pre-
cedenti, sono indispensabili per la – non sempre semplice - diagnosi differenziale delle lesioni cerebrali
post-traumatiche.
L'inquadramento neuroradiologico con l'ausilio delle metodiche di RM funzionale consente di fornire
parametri predittivi e quindi precoci rispetto alle manifestazioni cliniche con previsioni dell'out-come
del paziente.
Il ruolo del neurochirurgo
Anania Y.
(Neurochirurgia Ospedaliera Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana)
Il ruolo del NCH nel trattamento del trauma cranico si è ampiamente definito negli ultimi anni me-diante la creazione di linee guida sempre più accurate, che hanno consentito di uniformare i compor-tamenti nella gestione di alcune soglie diagnostiche e terapeutiche. La misurazione della PIC negli ultimi 20 anni si è attestata quale faro nella gestione del trauma cranico grave. Tuttavia la facilità di interpretazione del dato (un numero, una forma d'onda, un trend) può por-tare a polarizzare la decisione intorno al solo valore di PIC piuttosto che sulla base un reale monitorag-gio multiparametrico. Dobbiamo inoltre ricordare che i livelli di evidenza scientifica nel monitoraggio PIC raggiungono ad oggi la II classe EBM.
Nel caso di un aumento della PIC, refrattario alle terapie di I e II livello, l'ultima chance terapeutica è rappresentata da una violazione dell'ipotesi di Monro-Kelly: rendere la scatola cranica estensibile. Ciò può essere ottenuto mediante una decompressione osteo-durale ovvero craniectomia decompressiva, la cui indicazione però è, ancora oggi, oggetto di ampie controversie, vista l'assenza di una linea guida internazionale e di sicuri risultati favorevoli.
Il ruolo del neurorianimatore
Roncucci P.
Ogni anno 250 pazienti ogni 100 000 abitanti vengono ricoverati in Italia per trauma cranico. La mor-talità è di circa 17 casi per 100 000 abitanti per anno in media con la casistica europea.
Il trauma nei paesi occidentali è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e i tumori e la prima causa nella popolazione al di sotto dei 45 anni e, poiché interessa prevalentemente le fasce di popolazione attiva, costituisce un enorme costo sociale. Vengono esaminati i tipi di trauma cranico da quello lieve a moderato e grave e le percentuali di mortalità nei vari gruppi correlata alla Glasgow Coma Scale.
Sono descritte le eventuali criticità che possano essere presenti durante il trasporto, la possibilità di prevenzione del danno secondario e del controllo dell' ipertensione endocranica dal primo soccorso fino al trattamento del paziente in Terapia Intensiva.
Per ultimo sono presi in considerazione gli algoritmi sulla centralizzazione dei pazienti affetti da trau-ma cranico grave che giungono negli Ospedali dell' Azienda Uslnordovest nei quali non sia presente la neurochirurgia.
Il ruolo del neuroriabilitatore
Viliani T.
(U.O. Recupero e Rieducazione Funzionale, Prato, ASL Toscana Centro)


IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA Le criticità nella gestione riabilitativa del soggetto con TCE medio-grave sono molte, anche se le princi-pali possono essere riassunte nella ancora incompleta analisi epidemiologica degli esiti, dalla necessità di migliori strumenti di prognosi funzionale, di un team integrato di lavoro fin dalle prime fasi, dalla durata nel tempo della "care" del paziente e dalla necessità di un continuo riadattamento del program-ma riabilitativo e del programma di reinserimento socio-familiare, nell'istruzione e nel lavoro. Si può stimare che ogni anno in Italia vi siano almeno 10-15 nuovi casi anno/100.000 abitanti di GCA che rispondono ai criteri di TCE medio grave, cioè con esiti a distanza, in termini di menomazioni multiple, e di esiti funzionali (disabilità). A queste criticità vengono incontro le Linee Guida, siano esse Nazionali (ASSR), Regionali (percorsi riabilitativi della Regione Toscana), e delle società scientifiche nazionali e internazionali. La Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione già dall'anno 2000 ha stilato e suc-cessivamente riaggiornato linee guida per la gestione riabilitativa del paziente con GCLA, traumatiche e non, ad iniziare dalla fase acuta fino alla fase post-ospedaliera, post-acuta tardiva e degli esiti. In questi documenti si suddivide il percorso di cura della persona con GCA e della sua famiglia in tre principali fasi temporali: Fase acuta, fase post-acuta o riabilitativa, fase degli esiti. Tuttavia nel corso degli ultimi decenni si è assistito ad una profonda modificazione dei modelli teorici che stano alla base delle attività riabilitative: la riabilitazione non è più vista come un insieme di specifici trattamenti volti genericamen-te al recupero di singole funzioni, ma piuttosto come un processo di pianificazione, realizzazione e in-tegrazione di interventi multipli, di tipo sanitario e sociale, con diversi gradi di integrazione intermedia e prevalenza, a seconda dell'evoluzione del quadro funzionale. La progettazione interdisciplinare deve iniziare fin dalla fase iniziale, e il progetto deve essere adattato in base all'evoluzione della situazione personale e al modificarsi delle condizioni esterne. I modelli teorici per questo percorso variano nei vari paesi e non esistono al momento prove scientifiche valide che consentano di definire quali siano i modelli organizzativi più efficaci ed efficienti. Il modello migliore sembra essere la "rete integrata" di servizi, che prevede il collegamento e la continuità fra le varie fasi della presa in carico, e un governo complessivo del sistema delle cure e degli interventi, con continuità tra ospedale e territorio, evitando i "compartimenti stagni" per quanto specialistici. In questa ottica, nella relazione verranno approfondite le principali tematiche gestionali del paziente con TCE medio –grave.
Esiste una reale necessità di nuovi meccanismi d'azione nel trattamento delle epilessie?
Russo E.
(Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Catanzaro)
Negli ultimi 20 anni sono stati immessi in commercio 14 nuovi farmaci antiepilettici (AEDs) per l'utilizzo in pazienti con epilessia non responsiva. Nonostante l'enorme innovazione, la quota di pazienti definiti farmacoresistenti (circa il 30%) è rimasta invariata rispetto al passato, benché i risul-tati ottenuti siano comunque incoraggianti sul piano della tollerabilità e maneggevolezza dei nuovi AEDs rispetto ai vecchi. Inoltre, a tutt'oggi non esiste alcun trattamento efficace in grado di impedire o modificare lo sviluppo di epilessia in pazienti che hanno subito insulti cerebrali (es. trauma cranico, stroke etc); fenomeno noto con il termine di epilettogenesi. In fine, ulteriore necessità è la possibilità di poter influenzare lo sviluppo di comorbidità legate all'epilessia (es. deficit cognitivo, disturbi del tono dell'umore etc). Questa nuova e più completa visione delle attuali necessità nell'ambito della ricerca in epilettologia trova le sue origini qualche decade fa quando ci si rese conto della necessità di identificare nuovi target terapeutici per lo sviluppo di nuovi farmaci. Tale fenomeno, ben sfruttato in altre patologie (es. oncologia, diabete etc), ha fatto rifiorire la ricerca di base sulla fisiopatologia delle epilessie favorendo l'ampliamento delle nostre conoscenze. Grandi limiti sono certamente pre-senti nelle nostre conoscenze sul funzionamento del cervello (es. comunicazione glia-neuroni) così come derivano dalla grande variabilità nei meccanismi fisiopatologici, cause genetiche, epigenetiche IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA e nella presentazione fenotipica/sintomatologica di una malattia complessa come l'epilessia. Nono-stante tutto, l'arrivo in commercio di farmaci con meccanismi d'azione diversi e nuovi rispetto ai pre-cedenti è da accogliere con grande interesse considerate le grandi potenzialità di tale rivoluzione. Di fatto, l'arrivo del levetiracetam con il suo meccanismo a livello vescicolare ancora da chiarire aveva già lasciato il segno ma sicuramente l'evoluzione dei sodio bloccanti passando per lacosamide ed eslicarbazepina fino a molecole con meccanismi completamente nuovi come retigabina (canali del potassio) e perampanel (blocco non-competitivo dei recettori AMPA per il glutammato) rappresenta-no un segnale chiaro verso la volontà di avere qualcosa di nuovo. Tale motivazione nasce dalla con-sapevolezza che l'epilessia è una patologia nella maggior parte dei casi multifattoriale che dovrebbe richiedere un approccio terapeutico su più meccanismi. In conclusione, i nostri pazienti e le nostre conoscenze sono la necessità di nuovi meccanismi d'azione.
Nuovi antiepilettici, nuovi recettori coinvolti, quale rilevanza?
Zaccara G.
(UO Neurologia USL Centro Firenze)
Nel settore delle epilessie sono oggi disponibili 25 nuovi antiepilettici e almeno altre 20 molecole sono allo studio e già sperimentate in clinica.
La maggior parte degli antiepilettici recentemente usciti in commercio è costituita da molecole che hanno una struttura simile a quella di farmaci già in commercio ma che dovrebbero avere per questo motivo un miglior profilo di tollerabilità. E' evidente però che da questi farmaci non ci si può aspet-tare che siano più efficaci o almeno efficaci in pazienti o sindromi epilettiche che non rispondono ai farmaci tradizionali.
Il perampanel è l'unico tra gli antiepilettici più recentemente usciti in commercio, che presenta un meccanismo di azione del tutto nuovo. E' un inibitore del recettore AMPA. Questo è un recettore ec-citatorio per il glutammato che sembra svolgere un ruolo strategico nella regolazione della eccitabilità delle membrane e quindi della patogenesi delle crisi epilettiche. E' possibile sperare che, per il suo meccanismo di azione, questo nuovo farmaco possa risultare effica-ce in alcune forme di epilessia che non rispondono a farmaci che hanno altri meccanismi di azione. III SESSIONE
STROKE MIMICS E CHAMELEONS NELLE URGENZE NEUROLOGICHE

La cefalea
Gallerini S.
(U.O.C. Neurologia, Azienda USL Toscana sud est, P.O. Misericordia, Grosseto)
Molte condizioni patologiche ad eziologia "non-vascolare" possono presentarsi in fase acuta con segni e sintomi simili allo stroke. Queste vengono definite "stroke mimics". Al contrario gli stroke che si presentano in maniera atipica, inducendo il clinico a considerare in prima battuta un'altra eziologia, vengono definiti "stroke chameleons". La cefalea è una causa frequente di accesso al Pronto Soccorso in paziente di ogni età e sesso. Alla luce della crescente diffusione delle terapie di riperfusione tempo-dipendenti, un adeguato approccio clinico-strumentale è fondamentale per il corretto inquadramento del paziente neurologico acuto al fine di escludere i principali mimics (masse, meningo-encefaliti, paralisi di Todd, stati funzionali, encefalopatie tossici-metaboliche.) e invece riconoscere tempestiva- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA mente i chameleons (dissezioni, trombosi venose, emorragia subaracnoidea.).
E' auspicabile che il neurologo d'urgenza consideri rapidamente i principali aspetti clinico-anamne-
stici della cefalea per indirizzare il paziente ad indagini strumentali che consentano di identificare
tempestivamente le forme secondarie.
Le vertigini
Arba F.
(AOU Careggi, SOD Stroke Unit e Neurologia)
Stroke mimics e chameleons nelle urgenze neurologiche: le vertiginiLe vertigini rappresentano una frequente modalità di accesso al Pronto Soccorso. Il sintomo vertigine può essere indice di diverse patologie sottostanti, con importanti implicazioni prognostiche. L'identifi-cazione precoce della causa scatenante la vertigine è pertanto di fondamentale importanza in un set-ting acuto. La diagnosi differenziale della vertigine è varia e spazia da un'origine periferica (irritativa, deficitaria) ad un'origine centrale (compressiva, metabolica). L'ictus riveste un ruolo importante tra le cause di vertigine per quanto riguarda la prognosi. I dati in letteratura riportano tassi di incidenza varia-bili. La vertigine può arrivare ad essere il sintomo di presentazione di ictus in circa il 20% di pazienti con età inferiore a 50 anni. L'anamnesi e l'esame neurologico hanno un'importanza fondamentale per l'inquadramento diagnosti-co della vertigine. Sintomi neurologici associati suggeriscono una genesi centrale della vertigine, l'esa-me accurato dei movimenti oculari e l'head impulse test (HIT) aiutano l'iter diagnostico-terapeutico. Il neuroimaging invece non riveste in fase acuta un'importanza prioritaria per la diagnosi. La tomo-grafia computerizzata diretta è in grado di escludere lesioni emorragiche ma non lesioni ischemiche. La risonanza magnetica, oltre a non essere sempre disponibile in un setting acuto, non presenta una sensibilità tale da permettere di escludere con adeguata certezza un evento ischemico in fossa cranica posteriore.
Considerando la potenziale importanza prognostica dell'ictus cerebrale come causa di vertigine, le de-cisioni terapeutiche nel sospetto di evento cerebrovascolare nel circolo posteriore dovrebbero pertanto essere guidate prevalentemente dai reperti clinici.
L'alterazione di coscienza
Gambaccini G.
(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera)
L'alterazione di coscienza può essere transitoria o prolungata (dallo stato confusionale fino allo stato di coma). Nel caso di alterazioni di coscienza transitoria è necessaria una diagnosi differenziale fra sincope, crisi epilettica, narcolessia. Le alterazioni della coscienza possono riconoscere cause non neurologiche (dismetaboliche, idroelet-trolitiche, stati settici, iatrogene) e cause neurologiche, come nel caso di ictus ischemico o emorragico, meningiti/encefaliti, stato di male epilettico non convulsivo, neoplasie, cause psicogene. Non raramente, quindi, l'alterazione di coscienza prolungata può essere manifestazione di ictus, la cui insorgenza è improvvisa. In tal caso inoltre l'alterazione di coscienza spesso si associa a sintomi neurologici focali. Durante le prime 48-72 h di un ictus in evoluzione o di un esteso ictus i deficit neurologici possono aggravarsi e lo stato di coscienza può peggiorare fino al coma a causa dell'edema cerebrale. In generale possiamo dire che la diagnosi di ictus è clinica ma appare allo steso tempo fondamentale, specie in caso di alterazioni della coscienza, l'utilizzo di metodiche diagnostiche quali TC cranio, IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA EEG, ma anche esami ematici e elettrocardiogramma. Una precoce diagnosi di ictus ischemico , infatti, permette l'utilizzo della terapia trombolitica sistemi-ca possibile, al momento, solo entro 4.5 ore dall'insorgenza dei sintomi. E' quindi necessario formare personale medico esperto nella diagnosi dell'ictus Il disturbo neurologico focale
Giannini N.
(UO Neurologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa-AOUP)
I sintomi atipici o ‘chameleon' sono ancor più insidiosi, riscontrandosi nei piccoli infarti corticali, del talamo o dei peduncoli cerebrali, ma non solo. Sono stati identificati esordi a carattere neuropsichia-trico, movimenti involontari, episodi critici, casi di monoparesi acuta (anche di nervo cranico), cefalea isolata. Specialmente nel paziente anziano e/o meno collaborante, possono creare non poche difficol-tà interpretative, vista anche la frequente alterazione degli indici di flogosi agli esami ematochimici, la comorbidità vascolare, il decadimento cognitivo o il rialzo dei valori pressori all'ingresso in Pronto Soccorso. Le principali misdiagnosi risultanti in letteratura sono infatti le alterazioni dello stato menta-le, la sincope, la crisi ipertensiva, la patologia infettiva. Il deficit focale è invece classificato, anche se più raramente, come sindrome coronarica acuta, patologia epilettica, vertigine periferica, compressio-ne midollare e/o radicolopatia acuta, miastenia gravis ad esordio bulbare, paralisi di Bell, emicrania ‘complicata', patologia psichiatrica. Si stima che nel 5% circa dei pazienti che arrivano ad un Pronto Soccorso, il motivo dell'accesso sia un disturbo neurologico. Una delle difficoltà maggiori nell'urgenza neurologica è evitare la misdiagnosi, soprattutto in caso di sottostante patologia cerebrovascolare acuta, più frequentemente l'ictus ischemi-co e, in misura minore, l'emorragia subaracnoidea e la trombosi venosa cerebrale.
Sono state individuate quattro possibili categorie di pazienti con disturbo neurologico focale acuto: evento cerebrovascolare di certa diagnosi; disturbo chiaramente non attribuibile a stroke o TIA; deficit focale clinicamente compatibile con TIA o ictus ma dovuto a causa non vascolare (mimic); disturbo neurologico (focale o meno) con caratteristiche atipiche ma con evidenza di stroke (chameleon). Studi retrospettivi su pazienti ricoverati con diagnosi di ictus hanno riscontrato prevalenze fino al 19% circa di stroke mimics sulla base della sola diagnosi clinica (includendo generalmente tumori cerebra-li, infezioni sistemiche o del SNC, disordini metabolici, crisi epilettiche), tassi che scendevano note-volmente fino al 4-5% considerando l'utilizzo degli esami di laboratorio e delle metodiche di imaging (generalmente la TC cranio in urgenza).
È di cruciale importanza, pertanto, la figura del neurologo che, in emergenza-urgenza, ha il compito di definire, sulla base dell'esperienza e degli strumenti a sua disposizione, una corretta diagnosi e di farlo nei tempi più rapidi al fine di evitare conseguenze, anche estremamente negative, legate a provvedi-menti terapeutici inadeguati e/o ad erronea gestione del paziente, sia in termini di ambiente di ricovero (ad esempio, condizioni con potenziale o reale necessità di cure intensive-subintensive piuttosto che di degenza ordinaria e viceversa), sia in termini di efficacia tempo-dipendente dei trattamenti. Basti pensare alla trombolisi per l'ictus ischemico, piuttosto che al management neurochirurgico dell'emor-ragia sub aracnoidea, oppure alle misure da adottare in caso di altra patologia neurologica. Implicazioni per la trombolisi
Piccardi B.
(Dipartimento Neurofarba, Università di Firenze)
L'incidenza di stroke mimics in pazienti con deficit neurologici focali e sospetto ictus, varia in modo IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA significativo nei diversi studi (da 4.8 a 31%). Il beneficio della trombolisi sistemica è tempo dipendente e diminuisce con l'incrementare del tempo di trattamento. Di conseguenza le linee guida italiane e l'American Heart Association continuano a raccomandare uno sforzo massimale per la riduzione del "door-to-needle time", con la conseguenza di un aumento di trattamenti in pazienti con stroke mimi-cs. Dati recenti, compreso uno studio prospettico con revisione sistematica della letteratura (Georgios Tsivgoulis, Stroke 2015) ha mostrato come i più frequenti stroke mimics siano crisi epilettiche, distur-bo di conversione, cefalea complicata. La trombolisi sistemica appare sicura in questi pazienti con una incidenza di complicanze maggiori ed in particolare di trasformazioni emorragiche sintomatiche significativamente inferiore rispetto ai pazienti con ictus ischemico confermato. Il nuovo corso della Sclerosi Multipla in toscana: confronto tra neurologi e
istituzioni

Dai bisogni alla rete dei servizi
Palumbo P.
(UO Neurologia Ospedale Santo Stefano di Prato)
La SM si configura come un modello paradigmatico delle sfide poste dalle «cronicità ad alta comples-sità» e può essere considerata un riferimento per analizzare, ridefinire e sperimentare nuovi modelli organizzativi regionali per la gestione di altre patologie contraddistinte da caratteristiche simili. L'im-plementazione di nuovi modelli assistenziali e di nuovi percorsi diagnostici e terapeutici dovrebbe tendere a sviluppare sistemi integrati dove i diversi centri clinici collaborino tra loro ed integrino know how, servizi e risorse. D'altra parte, la recente riforma regionale del SSR della Toscana, LR n° 84 del 28 dic 2015, configura un nuovo quadro organizzativo caratterizzato da un profondo cambiamento strutturale che spinge il sistema verso una maggiore condivisione tra equipe e territori diversi e la rea-lizzazione di reti cliniche integrate nell'ambito dell'area vasta.
In questo scenario, i professionisti dovrebbero: partecipare, mettersi in gioco e contribuire alla realiz-zazione delle reti cliniche; aggiornare il dato epidemiologico rispetto alla attuale struttura basata sulle tre mega ASL e tre aree vaste; individuare gli strumenti necessari per la raccolta e l'integrazione dei dati aggiornati che permettano di determinare i costi e le risorse umane, strutturali, e tecnologiche; potenziare il sistema dei flussi informativi analizzati dall'Agenzia Regionale Sanità ed integrati con una migliore raccolta dati del Registro Toscano SM; implementare il Pacchetto Ambulatoriale Complesso per uniformare l'insieme di prestazioni necessarie a identificare e curare questa patologia, prevalen-temente nell'ambito ambulatoriale, anche attraverso una precisa formalizzazione degli strumenti ope-rativi ed una riorganizzazione amministrativa del Day Service. il MMG dovrebbe costituire la «cabina di regia» nella predisposizione della Continuità Assistenziale tra ospedale e territorio, favorendo la diagnosi precoce ed assumendo un ruolo più attivo nella fase intermedia e avanzata della malattia in cui i bisogni clinici e socio-assistenziali del paziente prevedono che il baricentro della presa in carico si sposti sempre più dall'Ospedale ai Servizi Territoriali. Parallelamente bisognerebbe promuovere e favorire un percorso formativo ad hoc che metta il MMG in condizione di «conoscere e riconoscere» la SM. E' necessario anche definire un sistema di indicatori di monitoraggio del percorso, ma anche di processo e di esito per valutare l'efficacia dei servizi e l'adozione del PDTA. Per realizzare tutto ciò sarebbe auspicabile che la RT possa: formalizzare un gruppo di lavoro tecnico per l'implementazione del PDTA; favorire forme di Governo Clinico che prevedano la partecipazione dei professionisti; creare un trait d'union tra punti di vista e competenze sia tecniche che politiche per trovare una sintesi tra le diverse posizioni.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA Proposta di network radiologico per la Sclerosi Multipla
Massacesi L.
(Neurologia 2, AOU Careggi; Dipartimento Neuroscienze, Università di Firenze)
Lo sviluppo di invalidità conseguente a sclerosi multipla (SM) è legato all'attività infiammatoria pre-cedentemente accumulata a livello del sistema nervoso centrale (SNC). E' stato dimostrato inoltre attraverso studi longitudinali che l'analisi accurata di tale attività può predire il decorso futuro della SM, anche a livello individuale. Questo metodo quindi è ormai maturo per essere trasferito alla pratica clinica. Inoltre una diagnosi precoce con MRI di lesioni cerebrali da PML è possibile anche in fase asintomatica, consentendo di mitigare gli esiti di tale malattia. Per questo una procedura di follow up con MRI nei pazienti ad alto rischio di PML in terapia con natalizumab è stata recentemente introdot-ta nel piano di minimizzazione dei rischi di tale terapia. Tuttavia affinché la valutazione dell'attività infiammatoria di malattia a fini di prognosi e di diagnosi precoce di lesioni da PML risulti efficace anche a livello individuale, sono necessari due requisiti: -acquisire gli esami MRI periodicamente con metodiche convenzionali ma rigorosamente standardizzate almeno nel singolo individuo; - valutare le immagini attraverso personale esperto, formato specificamente, cosa che può essere facilitata da una centralizzazione delle analisi delle immagini. Per quanto riguarda le metodiche di acquisizione, diver-se linee guida nazionali ed internazionali, sostanzialmente concordanti tra loro, sono già disponibili. Ad esse infatti fa riferimento il PDTA regionale toscano per la SM (delibera Giunta Regione Toscana, n. 626/2015), nel capitolo dedicato agli esami RM. Esso prevede requisiti minimi dei protocolli per l'analisi delle nuove lesioni cerebrali estremamente semplici da implementare e da acquisirsi con ca-denza di regola annuale, attraverso la comparazione una scansione FLAIR assiale con quella eseguita precedentemente. Quindi le due scansioni devono essere acquisite con un protocollo tassativamente identico e questo è un aspetto della procedura risultato finora invece estremamente critico da imple-mentare specialmente su larga scala, in quanto una standardizzazione di protocolli di acquisizione a livello di singolo paziente confligge con le procedure correnti della pratica neuroradiologica che non sono predisposte per valutazioni longitudinali in pazienti cronici. Inoltre un'analisi uniforme degli esa-mi, a causa della complessità della malattia, richiede competenze particolari e quindi personale for-mato specificamente. Per questo si ritiene che una valutazione centralizzata rappresenti il metodo che, consentendo di unire qualità ad economie di scala, può facilitare l'applicazione corretta delle proce-dure. Il suddetto PDTA indica che la dimensione ottimale per implementare quanto sopra è il livello di area vasta, che organizzi le attività di AOU e ASL in un "network" assistenziale integrato. A tal fine il "network" concorderà i protocolli di acquisizione MRI, specifici per la SM e comuni tra le diverse sedi, cominciando dalle neurologie e dalle radiologie ospedaliere. A regime tuttavia, al fine di mettere disposizione di tutti tali procedure, si prevede di includere anche i Centri MRI privati convenzionati che accettino di implementare tali protocolli e procedure, e attraverso una forma di accreditamento per la diagnosi ed il follow up della SM. Il network inoltre dovrebbe rappresentare la sede che gestirà la procedura di lettura centralizzata degli esami e le risposte ai singoli operatori.
Un sistema integrato di questo tipo potrebbe essere implementato senza costi e potrebbe anche ridur-li, in quanto gli oneri derivanti dalla formazione degli addetti e dall'analisi centralizzata degli esami sarebbero ampiamente compensati dai risparmi ottenibili dalla riduzione del costo dei singoli esami, in quanto il protocollo di acquisizione prevista per il follow up della SM è contemporaneamente più efficace e meno costoso di quello generico finora di regola eseguito a discrezione del singolo operato-re. La migliore efficacia, aumenterebbe inoltre la qualità delle decisioni cliniche con ulteriori ricadute su qualità e costi delle terapie.
Infine è chiaro che un network neuroradiologico di questo tipo può essere implementato ottimalmente dove funzioni anche un network di Centri SM come quello previsto dal suddetto PDTA toscano.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA L'impegno della politica sulla Sclerosi Multipla in Toscana
Scaramelli S.
(Presidente III Commissione Sanità e politiche sociali Consiglio regionale della Toscana)

IV SESSIONE
ATTUALITÀ E PROSPETTIVE IN TEMA DI SCLEROSI MULTIPLA

Epidemiologia della Sclerosi Multipla in Toscana. Recenti acquisizioni
Bartalini S.
(UOC Neurologia e Neurofisiologia Clinica, Dip. Scienze Neurologiche e Neurosensoriali, AOU
Siena)

INTRODUZIONEDati informativi sulla popolazione affetta da Sclerosi Multipla (SM) residente in Toscana possono es-sere ottenuti dal Registro Toscano della SM, già operativo in Toscana ma non ancora completo, e dai Flussi del Sistema Sanitario Regionale. Il nostro scopo è stato la creazione e validazione di un algorit-mo, per definire la coorte dei malati, valutare la prevalenza della SM in Toscana e studiare la possibile presenza di cluster. METODIPer la stima della prevalenza, è stato creato e validato un algoritmo di identificazione dei casi basato su dati amministrativi: ospedalizzazione, esenzione, assistenza domiciliare e prescrizione di Disease Modifying Drug per la SM. La sensibilità dell'algoritmo è stata calcolata utilizzando una popolazio-ne di pazienti inseriti nel Registro di due centri clinici toscani; per il calcolo della specificità, è stata utilizzata una coorte di individui presumibilmente non affetti da SM (assistibili, residenti in Toscana, che non abbiano mai effettuato visita neurologica, TC o RMN dell'encefalo e/o del rachide). Inoltre, è stata studiata la distribuzione geografica della SM sia con un approccio frequentista, sia con il metodo Bayesiano.
RISULTATIAl 31 Dicembre, sono stati identificati 6890 casi nel 2011, 7057 nel 2012, 7330 in 2013 e 7666 nel 2014, con un tasso di prevalenza rispettivamente di 187.9, 191.1, 195.4 e 208.8/100.000 residenti. Il rapporto femmine/maschi ha mostrato un lieve incremento: da 2.0 nel 2011 a 2.1 nel 2012-2013-2014. La sensibilità dell'algoritmo è risultata essere 98% e la sua specificità 99.99%. Dall'osservazione della mappa Bayesiana emergono 6 piccoli cluster la cui prevalenza è più elevata rispetto alla media regio-nale (provincie di Massa Carrara, Pistoia e Arezzo, comuni di Firenze, Siena e Barberino VE).
CONCLUSIONIL'Italia è una zona ad alto rischio per la Sclerosi Multipla (SM) (1), con una prevalenza di circa 140 casi/100.000 (2), eccetto la Sardegna con 224 casi/100.000 (3). La prevalenza calcolata con l'algo-ritmo è risultata più alta di quella pubblicata, ma simile a quanto atteso considerando il progressivo incremento della prevalenza a causa dell'incidenza annuale che supera la mortalità annuale. L'utilizzo dell'approccio Bayesiano permette di studiare la distribuzione geografica evitando l'effetto confon-dente dei valori di prevalenza estremi trovati nelle aree con popolazione scarsa e, di conseguenza, la variazione casuale. L'algoritmo si è dimostrato un valido strumento per studi di prevalenza(4), tuttavia non è informativo sugli aspetti clinici della malattia; obiettivo futuro è creare un dataset integrando i dati amministrativi con quelli clinici provenienti dal Registro della SM.
BIBLIOGRAFIA1-Bellantonio P et al (2013) Prevalence and incidence of multiple sclerosis in Campobasso (molise IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA region chieftown, southern Italy). Clin Neur and Neurosur 115: 1806-18082-Puthenparampil M et al (2013) Increased incidence of multiple sclerosis in the Veneto region, Italy. Mult Scler 19: 601 3-Sardu C et al (2012) Population based study of 12 autoimmune diseases in Sardinia, Italy: prevalence and comorbidity. PloS One 7 (3): e32487 4- Bezzini D, Policardo L, Meucci G, Ulivelli M, Bartalini S, Profili F, Battaglia MA, Francesconi P. (2016) Prevalence of Multiple Sclerosis in Tuscany (Central Italy): A Study Based on Validated Admini-strative Data. Neuroepidemiology 46(1):37-42 Diagnosi, diagnosi differenziale e classificazione della Sclerosi Multipla.
Aspetti clinici e contributo della Risonanza Magnetica

Falcini M.
(UO Neurologia, Ospedale Santo Stefano di Prato)
Quando ancor oggi si consideri la diagnosi di Sclerosi Multipla (SM) i tre criteri essenziali restano 1) la disseminazione spaziale (DIS) 2) la disseminazione temporale (DIT) e 3) la mancanza di una spiega-zione migliore della SM per motivare il quadro clinico-radiologico. La diagnosi dovrebbe essere fatta sul piano clinico (tipicità o meno dei sintomi) e con l'aiuto, dove necessario, della RM e dei criteri paraclinici. La revisione dei criteri diagnostici di McDonald del 2010, accogliendo i dati dello studio europeo MAGNIMS, ha elevato e semplificato il ruolo della RM encefalo midollare nel determinare DIT e DIS, in modo da poter ridurre il tempo in cui si giunge alla diagnosi di SM clinicamente definita (CDMS), per esempio anche di fronte a forme clinicamente isolate (CIS), senza perdere in sensibilità e specificità,). Lo scopo, sempre più confermatosi negli anni, è che fondandosi su una diagnosi certa e più rapida si possano iniziare precocemente terapie disease-modifing, disponibili oggi in numero crescente. La RM, oltre al peso diagnostico, ha acquisito un crescente valore prognostico, entrando nella recente ridefinizione (Lublin F. et al, 2013) dei fenotipi clinici a secondo della presenza o meno di segni di attività in RM (lesioni in T2 sia nuove che in espansione o gadolinio captanti in T1 ). Il valore della ricerca delle bande oligoclonali liquorali, che nelle precedenti edizioni dei criteri del 2001 e 2005 era utilizzato per ridurre i requisiti richiesti alla RM nel definire la DIS, è stato ridotto a importante supporto alla conferma della natura infiammatoria – demielinizzante e nella diagnosi dif-ferenziale della forma relapsing-remitting, specie se siamo di fronte a forme atipiche o meno consuete alle immagini in RM, restando basilare per la forma primaria progressiva (PP). Il ruolo diagnostico del liquor merita ad oggi una rivalutazione, come anche quello delle altre indagini diagnostiche paracli-niche quali la tomografia ottica di coerenza (OCT) e di altri, ancora potenziali, biomarkers. Del pari il crescente riscontro e la specificità delle placche demielinizzanti intracorticali rilevate dalla RM con sequenze DIR e la dimostrazione con le sequenze Susceptibility weight (SW RM) con apparecchi di T 1.5 o superiori di placche attorno alle venule cerebrali potrebbero trovare utilizzo aumentando la specificità diagnostica di SM con RM.
L'attuale scenario terapeutico per la Sclerosi Multipla. Come cambiano le opzioni di trat-
tamento nelle diverse fasi di malattia

Portaccio E.
(Università di Firenze)
Nel corso dell'ultima decade sono state sviluppate numerose nuove terapie per il trattamento della sclerosi multipla (SM), in particolare per la forma a decorso recidivante- remittente. Questi farmaci si aggiungono ai ben noti agenti immunomodulanti di prima linea somministrati per via iniettiva (inter- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA feroni, glatiramer acetato), il cui profilo di efficacia e sicurezza anche per trattamenti di lunga durata è ormai diffusamente riconosciuto. Se da un lato il ruolo dell'anticorpo monoclonale natalizumab e dei farmaci orali (fingolimod, dimetilfumarato, teriflunomide) si sta delineando sempre più chiaramente all'interno dei nuovi algoritmi terapeutici per la SM, è ancora in corso di definizione il corretto posi-zionamento dei farmaci di più recente o prossima introduzione, come l'alemtuzumab, l'ocrelizumab, il daclizumab e le nuove formulazioni di interferone--1a e di glatiramer acetato . In questo senso, l'implementazione di registri di vigilanza post-marketing sarà essenziale per confermare l'efficacia e la sicurezza dei nuovi farmaci, aiutando il neurologo nel processo decisionale del trattamento della SM, processo che sta diventando sempre più complesso e orientato verso una maggiore personalizzazione della scelta terapeutica.
Neuroriabilitazione robotica nella Sclerosi Multipla.
Stato dell'arte e prospettive

Tramonti C.
(Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, U.O. di Neuroriabilitazione, Cisanello, Pisa)
Negli ultimi decenni la ricerca ha realizzato diversi studi per valutare quale impatto abbia la riabili-tazione nel migliorare la funzionalità motoria e l'autonomia delle persone affette da Sclerosi Multipla (SM). Tuttavia, ad oggi, a causa della vasta gamma di esercizi o di interventi utilizzati, non è possibile giungere ad una raccomandazione unitaria su quale tipo di esercizio sia più sicuro ed efficace. Nel corso degli ultimi anni, le conoscenze dei meccanismi di riorganizzazione neuronale, responsabili del recupero funzionale in stati di danno cerebrale acuto, iniziano ad ampliarsi anche in malattie croni-che, come la SM. I meccanismi strutturali alla base della neuroplasticità sono considerati attivi anche in soggetti con forme R-R e nelle forme più stabili, motivo per cui il nuovo target della ricerca è di approfondire la conoscenza di tali processi neuronali e focalizzare quindi il trattamento riabilitativo sul supporto dei fenomeni adattativi compensatori. La prospettiva futura è quindi quella di valutare i trattamenti riabilitativi sia con outcome clinici che con tecniche di indagine neurofisiologica, in grado di delucidare i meccanismi neuronali alla base degli effetti clinici. I trattamenti riabilitativi dovranno quindi favorire o aumentare i fenomeni di neuroplasticità, in grado di promuovere e mantenere i mi-gliori livelli di funzionalità motoria, cognitiva, psicologica e di qualità di vita. In questo panorama, il trattamento riabilitativo focalizzato sul training robotico si è dimostrato efficace nel migliorare il pattern deambulatorio ed il recupero funzionale degli arti superiori. Il training deam-bulatorio, robotico o su treadmill, è efficace in termini di miglioramento della resistenza all'esercizio e della velocità del cammino. In particolare, il trattamento riabilitativo robotico, oltre ad essere effi-cace sul recupero dell'equilibrio e della resistenza del cammino, porta anche ad un miglioramento nell'umore e nelle scale di QoL in soggetti con forme moderate-gravi. Il trattamento riabilitativo incen-trato sul recupero funzionale dell'arto superiore si è basato sull'utilizzo di dispositivi robotici, in grado di assistere e coordinare movimenti task-specifici in diversi setting di realtà virtuale. Questi protocolli riabilitativi si sono rivelati essere in grado di migliorare la forza muscolare, la coordinazione e la fun-zionalità motoria in soggetti con SM lieve-moderata. Il trattamento robotico può quindi rappresentare un metodo efficace nel promuovere l'apprendimento motorio, e quindi essere un promettente mezzo per implementare i protocolli riabilitativi in soggetti con diversi tipi e gradi di SM. Il modello di sanità tedesco
Krause M.
(Responsabile Centro Sclerosi Multipla Wolfratshausen)
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA Il sistema sanitario tedesco (SST) è organizzato in modo decentralizzato ed è suddiviso in tre settori: am-bulatoriale, ospedaliero ed il settore deputato alla riabilitazione. In particolare il settore ambulatoriale comprende tutte le prestazioni che avvengono al di fuori delle cli-niche sia universitarie che non universitarie. Ne fanno parte i medici sia generici che specialisti inclusi gli odontoiatri che operano nei propri ambulatori. Il settore ospedaliero comprende tutte le prestazioni garantite nelle cliniche sia universitarie che non universitarie (emergenze, invio da specialisti ambulato-riali, attività di ricerca). Il settore della riabilitazione comprende infine tutte le prestazioni riabilitative che possono essere a sua volta gestite sia ambulatorialmente che in regime ospedaliero. I principi fondamentali su cui si basa il SST sono:- obbligo per il cittadino di munirsi di assicurazione statale o privata con conseguente finanziamento della prestazione attraverso l'assicurato ed il datore di lavoro;- il principio di solidarietà- il principio di autogoverno (BGA gemeinsamer Bundesausschu = supremo organo di controllo)Il SST rispecchia pertanto lo sviluppo storico del governo tedesco mantenendo i valori fondamentali dello stato sociale voluto da Otto von Bismark che per primo introdusse il concetto di universalità delle prestazioni sanitarie.
Concludendo, ciò che diversifica il SST da quello italiano è la organizzazione del sistema ambulatoriale e specialistico sia per quanto riguarda il tipo di prestazioni erogate che per il finanziamento delle stesse IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA V SESSIONE
LE NEUROSCIENZE IN AREA CRITICA: DALLE CRISI EPILETTICHE SUBENTRANTI
ALLO STATO EPILETTICO

Lo stato epilettico in Neurorianimazione. Due scenari: paziente intubato, paziente non
intubato (il punto di vista del rianimatore)

Vittori C.
(UOC NeuroAnestesia e Terapia Intensiva NCH, Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospeda-
liera Universitaria Senese - Policlinico Le Scotte)

Ogni patologia cerebrale di rilievo lascia di sovente prevedere un ricovero in ambiente protetto e specialistico ad alta, media e/o bassa intensità di cura, quali la neuro terapia intensiva e/o neuro para ( post ) intensiva, ove è resa possibile e disponibile una modulazione d'intervento sulla base dell'evo-luzione clinica della patologia in oggetto. I monitoraggi generali ed i neruomonitoraggi specifici, ese-guiti in continuo ed H24, consentono di intervenire on-time ed applicare tutte quelle procedure che nell'insieme sono intese come "neuroprotezione". Tra tali procedure neuroprotettive si annovera senz'altro, con frequenza, l'assistenza ventilatoria mec-canica previa IOT ( intubazione oro-tracheale ) in analgo-sedazione.
La patologia epilettica, nei suoi differenti gradi di espressione clinica e di trattamento farmacologico specifico, può prevedere uno stretto monitoraggio a paziente sveglio, in respiro spontaneo autonomo e senza necessità di IOT seppur in ambiente specialistico protetto, così come può richiedere un'alta intensità di cura sino al supporto ventilatorio in IOT.
Questi due diversi scenari, che possiamo considerare anche due punti di un medesimo percorso, de-lineano e delimitano un'ampia area grigia ove si svolgono gli eventuali interventi clinici di cura della patologia epilettica. Il percorso di una patologia epilettica favorisce ed al contempo ci introduce ai concetti per noi fondamentali di farmacocinetica e farmacodinamica, di neuromoitoraggio di neu-roprotezione, di neuro terapia intensiva e, non ultimo, al concetto di approccio " interdisciplinare" intendendo con esso la sintesi e l'uso integrato di più discipline.
Terapia dello stato epilettico e delle crisi subentranti. Grading per intensità di tratta-
mento

Giorgi F.S.
(U.O. Neurologia-Neurofisiopatologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa)
Lo Stato epilettico (SE) configura una situazione clinica con gravi rischi per i pazienti se non trattato nella maniera più efficace ed appropriata possibile e lo stesso si può dire per le crisi subentranti e alcuni tipi di crisi ripetute acute. Il corretto inquadramento delle caratteristiche etiologiche, semeio-logiche ed elettroencefalografiche spesso è complesso, soprattutto per le condizioni di emergenza in cui i medici coinvolti nella gestione di pazienti con SE e crisi ripetute si trovano ad operare. E' sempre più chiaro, però, che proprio tale inquadramento ha un ruolo importante nell'approntamento di una corretta gestione terapeutica del singolo paziente. Parimenti, la durata ed evoluzione elettroclinica dello SE hanno un ruolo importantissimo nella gestione terapeutica dei pazienti. Inoltre, molti dei dati disponibili sono legati allo stato convulsivo generalizzato tonico-clonico, e non a SE non convulsivi o convulsivi focali, nonostante anch'essi siano di riscontro frequente-ma verosimilmente ancora sotto-stimato- nella pratica clinica.
In questo contributo verranno presentate le recenti acquisizioni in termini di trattamento dello SE e del- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA le crisi subentranti dopo una carrellata sulle attuali classificazioni dello stato epilettico. Queste ultime si sono arricchite, infatti, della recente classificazione ILAE del 2015 che tiene conto di vari aspetti, riguardanti, in particolare, la durata ed i meccanismi alla base dello stato epilettico stesso, oltre alle sue caratteristiche elettrocliniche. Verrà enfatizzata la limitatezza, sia come numero di studi che in ter-mini di eterogeneità di caratteristiche, di studi controllati terapeutici randomizzati (soprattutto per lo SE stabilito e refrattario). Verranno quindi discussi i possibili meccanismi di refrattarietà che si instaura ed i dati, anche più recenti, su possibili strategie terapeutiche mirate nei singoli pazienti.
Lo stato epilettico non convulsivo in Neurorianimazione
Carrai R.
(SODc Neurofisiopatologia, AOU Careggi, Firenze)
Nonconvulsive status epilepticus (NCSE) is an epileptic condition with reduced or altered consciou-sness and behavioural, vegetative, or merely subjective symptoms, such as auras, but without major convulsive movements (Trinka et al.,2015). It is common in patients with coma with a prevalence between 5% and 48% (Trinka et al.,2015). Specifically, in neuro-ICU, NCSE has been reported in about 21 % of critically ill patient populations (Laccheo et al.,2015). In most of the cases (86%) it had focal onset (usually in the temporal and frontal regions) while only 14 % was generalized ab initio. In this type of ICU, the aetiology most frequently associated to NCS were intracranial tumours (19.0%) (Lac-cheo et al.,2015), meningitis/encephalitis (11.0 %) (Laccheo et al.,2015), aneurysmal subarachnoid haemorrhage (8.0%) (Dennis et al.,2002) and head trauma (5.0%) (Towne at al., 2000). Ischemic stroke was reported associated, in a stroke unit, to 3.6% of NCSE. There have been many attempts at defining the electroencephalography (EEG) characteristics of nonconvulsive status epilepticus (NCSE) without a universally accepted definition. Recently some consensus had proposed new criteria and classification both for its subtypes (Shorvon et al.,2007; Sutter et al., 2013) both for EEG criteria (Sutter et al.,2013; Trinka et al.,2015). However, because of its typical clinical expression, the conditions under which it can occur (ie comatose patients) and for the variability of its EEG patterns, its diagnosis and decision about treatment remain very difficult. The complexity is further increased by two additional factors: 1) inclusion in the current NCSE definitions (Sutter et al.,2013) of the "boundary conditions," in which electroencephalographic seizure activity occurs without apparent clinical seizures; 2) the symptomatic aetiology of most of the NCSE in neuro ICU.
Trattamento dello stato epilettico e del mioclono post anossico
Chiocchetti B.
(Ospedale San Giovanni di Dio, Firenze)
La sopravvivenza ad un arresto cardiaco (AC) ha come conseguenza un'alta incidenza di danno neu-rologico. L'ipotermia terapeutica lieve (33 + 1 °C per 24h) si è dimostrata capace di migliorare tanto il quadro neurologico quanto la sopravvivenza. Lo stato epilettico (SE) post anossico spesso è di tipo non convulsivo, ha prognosi sfavorevole se si sviluppa a partire da un pattern EEG di burst suppression. E' giustificato un trattamento intensivo protratto se lo SE si sviluppa da un EEG con reattività del fondo. Non esistono studi che suggeriscano una terapia ottimale. I pazienti vengono sedati (target burst-sup-pression) sino ad avere un range terapeutico per 24 ore di uno o più antiepilettici. Il mioclono precoce (entro 24 ore dall'AC) è un mioclono continuo, spesso multidistrettuale, generalmente associato a prognosi infausta in quanto espressione di esteso danno cerebrale.
Non esistono linee guida ed in letteratura sono presenti pochi articoli o case report relativi alla terapia. Sicuramente l'approccio è polifarmacologico: fenitoina, acido valproico (VPA), levetiracetam (LEV), IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA clobazam, Benzodiazepine e propofol.
Il mioclono tardivo (Sindrome di Lance Adams) è compatibile con un buon recupero della coscienza eil trattamento si basa su una combinazione di farmaci come clonazepam, VPA e LEV. Il 5-HTP(5-Hydroxytryptophan) può avere beneficio nei restanti casi. Lo stato epilettico super refrattario
Rosati E.
(UO Neurologia, Ospedale Santo Stefano di Prato)
Lo Stato Epilettico (SE) è un'emergenza neurologica potenzialmente fatale e l'outcome può essere tanto più sfavorevole e con gravi sequele quanto più lo SE si protragga nel tempo nonostante le tera-pie usate convenzionalmente. La mancata risposta alla terapia di I, II e III livello è stimata in un 20% circa dei casi di SE e quando il trattamento di III livello con anestetici ev per più di 24 ore non ha successo si parla di SE super-refrattario, o SE maligno. Sono inclusi in questa definizione anche i casi che recidivano dopo la riduzione o la sospensione del trattamento di III livello. Non ci sono ad oggi studi appropriati su questa condizione e le evidenze sono estremamente rare. Le raccomandazioni terapeutiche si basano esclusivamente su serie di casi, spesso poco numerose, ed in cui l'utilizzo di più terapie concomitanti rende difficile stabilire l'efficacia dei singoli trattamenti. Lo SE è inoltre una condizione eterogenea in termini di presentazione clinica ed eziologia ed è soprattutto da quest'ulti-ma che dipendono l'outcome e la risposta ai farmaci. Ciò rende ancora più difficile l'interpretazione dei dati riportati in letteratura che spesso infatti riguardano serie di pazienti molto diversi tra loro. Tra le cause che possono portare allo sviluppo di uno SE refrattario, se non identificate precocemente e trattate adeguatamente, sono certamente da citare le encefaliti autoimmuni che, accanto alle più note cause idiopatiche o strutturali, rappresentano una rara ma affascinante eziologia, potenzialmente trattabile. La refrattarietà alle terapie standard dovrebbe perciò suscitare questo sospetto diagnostico ed indirizzare all'utilizzo di una tp immunomodulante anche quando la diagnosi di certezza non sia ancora raggiunta, una volta che le cause più note siano state escluse. Qualunque sia l'eziologia, i farmaci antiepilettici non sembrano avere un ruolo prioritario nel modificare la prognosi dello SE in questa fase altamente refrattaria. Le opzioni terapeutiche che possono essere prese in considerazione in questa condizione includono la Ketamina, l'ipotermia, l'infusione di magnesio, le terapie immuno-logiche (corticosteroidi, Immunoglobuline ev, plasmaferesi), la dieta chetogena e la neurostimolazione e, nei casi lesionali, anche la chirurgia. Evidenze sempre più numerose indicano inoltre che il processo infiammatorio che si genera durante lo SE, indipendente da un'eziologia infettiva o autoimmunitaria, giochi un ruolo chiave nel determinare l'automantenimento di questa condizione e le sue gravi con-seguenze. Ciò incoraggia la ricerca del meccanismo patogenetico di base dello SE e di farmaci che possano intervenire a questo livello.
VI SESSIONE
I PDTA NEUROLOGICI DELLA REGIONE TOSCANA

Il percorso assistenziale per la Sclerosi Laterale Amiotrofica nell'area pistoiese
Sonnoli C.
(Struttura Complessa Neurologia USL Centro- Pistoia)
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una patologia neurodegenerativa che colpisce selettivamente le cellule motoneuronali causandone la morte e di conseguenza l'atrofia e la paralisi dei muscoli in- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA nervati, con una prognosi invariabilmente infausta.
La SLA è inclusa nel gruppo delle malattie rare (prevalenza ≤50 casi ogni 100000 abitanti), che presentano problematiche comuni: difficoltà nell'arrivare d una Alla diagnosi corretta e poi comunicarla tempestivamente al paziente, complessità di gestione terapeutica ed assi-stenziale di tali pazienti. Inquest'ottica si inseriscono i percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali stilati dagli specialisti presenti sul territorio. La costruzione di tali documenti suggerisce una gestione globale dei pazientie del loro contesto socio-familiare, che richiede risorse specifiche, appassionate e responsabili per l'applicazione pratica. Nello specifico nel PDTA per i pazienti con SLA gli obiettivi posti sono diaffrontare la patologia con approccio multidisciplinare, garantire ai pazienti tutte le opportunità terapeutiche disponibili, costruire reti socio-sanitarie per la presa in carico globale dei pazienti, in modo da cancellare il senso diabban-dono che percepiscono. La percezione del paziente della propria qualità di vita è correlata più alla qualità dell'assistenza ricevuta che alla gravitàdella patologia o al grado di disabilità associata.
Sclerosi Multipla: il percorso assistenziale in gravidanza
Giannini M.
(AOU Careggi, Dipartimento di NEUROFARMA)
La sclerosi multipla (SM) è una malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervoso centrale, che esordisce generalmente in età giovanile adulta e che colpisce prevalentemente il sesso femminile. Considerando quindi che circa 2/3 dei pazienti è costituito da giovani donne in età fertile, la valuta-zione delle possibili interazioni tra malattia e gravidanza e tra questa e le eventuali terapie in atto per la SM assume un ruolo di gran rilievo nella gestione della malattia. Il paradigma SM e gravidanza si è evoluto negli anni. Negli anni '50 le donne affette da SM venivano fortemente scoraggiate ad intra-prendere un progetto di gravidanza in quanto si riteneva che questa potesse provocare effetti deleteri sul decorso della malattia. Questo atteggiamento è radicalmente cambiato alla fine degli anni '90 quando, un ampio studio multicentrico europeo, ha dimostrato l'impatto sostanzialmente neutrale del-la gravidanza sulla decorso malattia. Gli Autori hanno documentato una riduzione del tasso di ricaduta durante i mesi di gestazione, in particolare nel terzo trimestre, a fronte di un aumento dello stesso, fino a valori superiori rispetto a quelli del periodo precedente la gravidanza, durante i 3 mesi successivi al parto. In un'analisi successiva, gli stessi Autori hanno rilevato come possibili predittori di attività clinica di malattia dopo il parto un più alto tasso di ricadute prima e durante la gravidanza e una più lunga durata di malattia al momento del concepimento. In linea con questi risultati è anche lo studio italiano, che ha osservato come un più alto EDSS al concepimento ed un maggior numero di recidive prima e durante la gravidanza esponessero ad un maggior rischio di ricadute nel post-partum. Inoltre, diversi studi hanno osservato come le ricadute nel periodo successivo al parto non siano neutrali in termini di progressione di disabilità, risultando essere associate ad un rischio circa due volte maggiore di accumulo di disabilità. Il tema dell'impatto della gravidanza sul decorso della malattia nel lungo termine rimane tuttora controverso. Molti studi hanno riscontrato un effetto neutrale della gravidanza nel lungo termine, mentre alcuni studi addirittura individuano un suo ruolo protettivo, nessuno studio ha dimostrato invece un impatto negativo. Rimane tuttavia ipotizzabile che la pianificazione di una o più gravidanze dipenda da un decorso di malattia più favorevole. La letteratura relativa all'influenza dell'allattamento sulle recidive del post-partum è tuttora controversa. Mentre alcuni studi individuano una relazione tra allattamento al seno esclusivo e riduzione delle ricadute nel post-partum (attribuibile all'effetto dell'amenorrea indotta dall'allattamento), altri studi, non solo non hanno riscontrato alcu- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA na correlazione, ma hanno anche proposto come la scelta di allattare fosse la conseguenza e non la causa di un decorso di malattia più favorevole, e che fosse essenzialmente associata ad una minore attività di malattia nell'anno prima del concepimento. Pochi studi hanno valutato il ruolo dell'anestesia epidurale e del parto cesareo sulle ricadute post-partum e sulla progressione di disabilità in un'ampia casistica di pazienti. I dati ad oggi disponibili non ha evidenziato una correlazione tra ricadute post-partum e tali procedure. Per quanto riguarda invece gli effetti della malattia sulla gravidanza, non sono stati segnalati particolari complicazioni o eventi avversi nel corso delle gravidanze nelle pazienti con SM rispetto alla popolazione generale. Un altro aspetto, sicuramente non di secondaria importanza, è l'analisi dell'effetto dei farmaci prescritti nel tentativo di modificare il decorso della SM sui parame-tri della gravidanza e sugli outcomes fetali. Nell'ultimo decennio si sono resi disponibili più farma-ci efficaci nel ridurre l'attività di malattia (disease modifying drugs: DMDs) nella forma recidivante-remittente (RR). Infine, negli ultimi anni un discreto numero di evidenze ha dimostrato l'importanza di un trattamento precoce al fine di aumentare l'efficacia dei farmaci e ridurre la progressione della malattia. Pertanto più frequentemente nella pratica clinica il neurologo si trova di fronte alla gestione di giovani pazienti che vogliono intraprendere un progetto di gravidanza e che assumono DMDs. Lo specialista deve quindi affrontare insieme alla paziente molteplici interrogativi e problemi relativi alla sicurezza dei DMDs ed alle loro possibili interazioni con la gravidanza e con il feto. La FDA e l'EMA classificano i farmaci in base agli eventuali rischi per il feto dimostrati da studi condotti sia su animali che esseri umani . Tutti i DMDs per la SM rientrano nella categoria FDA C (quella in cui gli studi non sono sufficienti a stabilire la sicurezza nell'uomo), salvo il glatiramer, in categoria B, a minor rischio, e la teriflunomide, in categoria X, per la documentata teratogenicità nell'animale. La teletrombolisi nel territorio della Lunigiana
Piazza S.
(UO Neurologia-Ospedale Apuane-Massa Carrara)
La provincia di Massa-Carrara (1156 Km2) conta 199.730 abitanti ed è suddivisa nella Zona Apuane (che fa riferimento al Nuovo Ospedale Apuano) e nella Zona Lunigiana (che fa riferimento agli Ospedali di Pontremoli e di Fivizzano). La Lunigiana è la zona più estesa (925 Km2) con circa un quarto (50.714) degli abitanti del territorio della provincia. Stimando un'incidenza di primo ictus di 2,35/1000 abitanti (2,93/1000 considerando anche le recidive) in Lunigiana sono attesi ogni anno 119 casi di primo ictus che salgono a 148 con le recidive. La trombolisi endovenosa entro 4,5 ore dall'esordio dei sintomi è la terapia indicata in casi selezionati di ictus ischemico e il fattore tempo è l'elemento cruciale sia di efficacia che di sicurezza per cui è fondamentale una organizzazione che permetta di ridurre il più possibile il ritardo evitabile. La struttura di riferimento accreditata per effettuare la trombolisi è l'UO Neurologia dell'Ospedale Apuano (Marina di Massa) che è difficilmente raggiungibile in tempi utili da molti comuni della Lunigiana a causa delle caratteristiche orografiche del territorio e delle lunghe distanze nonostante l'organizzazione del Servizio di Emergenza-Urgenza Territoriale, la favorevole viabilità autostradale e la disponibilità di elisoccorso H24. Dei 108 pazienti sottoposti a trombolisi endovenosa 11 (10.2%) provenivano da comuni della Zona Lunigiana mentre tutti gli altri provenivano dalla Zona Apuane o dal vicino comune di Sarzana (La Spezia). Per favorire maggiore equità di accesso al trattamento è stato proposto di implementare un sistema di teletrombolisi che facendo riferimento all'Ospedale Apuane permetta di trattare i pazienti nell'Ospe-dale di Pontremoli. La riduzione dei tempi di percorrenza stimati per la popolazione di tutti i comuni della Lunigiana risulta in media di 24 min (range 13-42 min) e in particolare è superiore a 30 minuti per i comuni di Pontremoli, Mulazzo,Villafranca, Bagnone, Filattiera e Zeri che di per sé corrispondono a una popola- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA zione di 20.383 abitanti per i quali sono attesi ogni anno circa 60 casi di ictus che possono trarre un maggior vantaggio dalla riduzione del ritardo evitabile dovuto ai tempi di percorrenza.
Time is Brain: ovvero come risparmiare tempo e salvare cervello nei percorsi per la
terapia endovascolare del paziente con ictus ischemico

Rosi A.
(SOD Interventistica Neurovascolare, AOU Careggi Firenze)
L'efficacia del trattamento endovascolare in associazione alla trombolisi endovenosa nell'ictus ische-mico da occlusione di arterie cerebrali prossimali, nonché la sua superiorità rispetto alla sola tromboli-si e.v., sono ormai state riconosciute dopo la pubblicazione di 5 trials randomizzati controllati positivi tra il 2014 ed il 2015, ed ulteriori evidenze si stanno recentemente aggiungendo a queste. L'outcome nei pazienti con ictus ischemico sottoposti a terapia endovascolare dipende da molteplici fattori correlati sia alle caratteristiche del paziente che al trattamento, ma quelli che interessano più strettamente l'interventista neurovascolare sono in particolare i circoli collaterali, la penombra ed il core ischemico, il grado di ricanalizzazione ottenuta con la trombectomia meccanica ed il tempo en-tro il quale si riesce ad ottenere una riperfusione del territorio in ischemia.
Il "time to reperfusion" non è che la punta dell'iceberg dei tempi che scandiscono il percorso del paziente con stroke e può essere scomposto nei tempi che sono necessari a completare ogni tappa del complesso percorso terapeutico: il tempo dall'esordio all'arrivo in ospedale (onset-to-door time), dall'arrivo all'esecuzione dell'imaging (door-to-imaging time), dall'imaging all'esecuzione della trom-bolisi endovenosa se indicata (imaging-to-needle time), dall'arrivo all'inizio del trattamento endova-scolare (door-to-groin punture time) ed infine il tempo di durata della procedura (time to recanaliza-tion).
Ognuno di questi tempi è influenzato da molteplici fattori che possono risultare in perdite di tempo che sommate tra loro possono portare anche a gravi ritardi con conseguenti perdite di chance terapeutiche. Molti di questi pertanto sono stati studiati in letteratura, al fine di ottenere un'ottimizzazione dei per-corsi e delle reti proponendo l'eliminazione di parti "time consuming" del percorso e l'ottimizzazione delle risorse al fine di ottenere l'obiettivo finale della ricanalizzazione nel più breve tempo possibile.
TIA e gestione intraospedaliera dell'ictus nell'area Lucchese
Napolitano A.
(S.C. Neurologia, Dipartimento Medico e delle Specialità Mediche, Ospedale San Luca, Lucca,
Azienda USL Toscana nord-ovest)

La trombolisi endovenosa è sicuramente una terapia efficace nell'ictus ischemico acuto, ma purtroppo, sia per motivi di timing e/o di controindicazioni, è riservata ad una percentuale limitata dei pazienti che giungono al Pronto Soccorso con deficit neurologico acuto a genesi vascolare. Per quanto riguarda i pazienti candidati alla fibrinolisi sistemica esiste una specifica procedura aziendale (ex ASL 2) che comprende anche quei casi in cui è indicato un trasferimento presso una Neuroradiologia Interventi-stica per il trattamento intrarterioso. Per tutti gli altri pazienti è stata redatta una Procedura di Presidio che, sulla base dell'età del paziente, della disabilità pre-esistente, dell'aspettativa di vita e delle comor-bidità, identifica il Reparto di ricovero. Per esemplificare, un paziente con ictus ischemico acuto, di età inferiore a 85 anni, con Rankin pre-esistente < 3, e in assenza di comorbidità internistiche in fase di scompenso, viene ricoverato in Neurologia. I pazienti con emorragia cerebrale intraparenchimale, non di pertinenza neurochirurgica e che non necessitino di supporto per le funzioni vitali, vengono ricoverati in Neurologia indipendentemente dall'età.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA Per quanto rigurda il TIA, già da alcuni anni in collaborazione con il colleghi del P.S., è stata redatta una procedura di presidio che nel caso di pazienti che si presentino entro 72 ore dall'esordio prevede una presa in carico rapida (Fast-Track), indipendentemente dal punteggio ABCD2, che include, oltre ad una valutazione neurologica, una TC encefalo, un'ECO-doppler VCA con eventuale TCD, un monito-raggio ECG di 24 ore con possibilità di eseguire in casi selezionati anche un ECO cuore. Tale work-up viene eseguito di norma in OBI o in Medicina d'Urgenza ed il percorso successivo è guidato sia dai reperti emersi (p.es valutazione chirurgico-vascolare urgente in caso di stenosi carotidea significativa) e dal punteggio ABCD2, per cui pazienti con punteggio < 4 possono essere dimessi con indicazioni terapeutiche, eccetto in quei casi in cui il neurologo ravveda la necessità di approfondimento diagno-stico in Neurologia (p.es pazienti giovani, senza fattori di rischio, TIA in crescendo).
Stimolazione Cerebrale Profonda (DBS). Terapia efficace e sostenibile nel percorso dei
pazienti con Malattia di Parkinson. Casi clinici dalla realtà toscana

Rossi S.
(Brain Investigation & Neuromodulation Lab (Si-BIN Lab), UOC Neurologia e Neurofisiologia Clinica,
Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Neuroscienze, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Po-
liclinico Le Scotte, Siena)

Nei 10 minuti di relazione verranno riassunti i dati disponibili sulle analisi dei costi a lungo termine della stimolazione cerebrale profonda (DBS) nei pazienti con malattia di Parkinson in fase avanzata in confronto a quelli derivanti dal miglior trattamento farmacologico possibile (o "best pharmacological treatment, BST). Verranno analizzati sia i costi diretti a carico del SSN che quelli indiretti a carico del paziente o del nucleo familiare o relativi alle perdite in produttività. In generale, la stima del costo sociale/annuo per il trattamento del singolo paziente con Parkinson avanzata è di circa 17.000 euro (con rilevanti varia-zioni per aree geografiche nord/centro/sud), di cui circa 7300 a carico del SSN, circa 4700 a carico del nucleo familiare del paziente stesso e circa 5200 come perdita di produttività (o costo per la società).
I pochi dati disponibili su casistiche italiane ed internazionali sembrano indicare la migliore sostenibi-lità (costi diretti) della DBS nei confronti del BST dopo circa 28 mesi dall'impianto. Se si considerano anche i costi indiretti, il punto di "break even" si anticipa a 17 mesi post-impianto. La terapia farmacologica non viene comunque interrotta dopo la DBS, ma può essere ridotta fino a circa il 30%, solo nel caso che venga utilizzato il nucleo subtalamico come target chirurgico. Ciò con-tribuisce alla riduzione del costo totale descritto dopo la DBS.
Resta ovviamente imprescindibile la corretta selezione clinica del paziente candidato alla DBS, cioè di colui/lei che otterrà il beneficio maggiore, per il più lungo tempo possibile, dalla procedura inter-ventistica.
Sintomi cognitivi nella depressione: diagnosi e trattamento
Albert U.
(Dipartimento di Neuroscienze Rita Levi Montalcini, Università degli Studi di Torino,
A.O.U. San Luigi Gonzaga di Orbassano, Torino)

Il Disturbo Depressivo Maggiore (DDM) è un disturbo eterogeneo che comprende aree sintomato-logiche diverse con sintomi affettivi, fisici e cognitivi. La ridotta capacità di focalizzare e mantenere l'attenzione, concentrarsi e prendere decisioni, così come il rallentamento psichico sono due sintomi cardini, riconosciuti tra i sintomi/criteri per porre diagnosi di Episodio Depressivo Maggiore sia dal DSM-5 sia dall'ICD-10. Ciononostante poca attenzione è stata riservata dai clinici negli anni scorsi alla IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA rilevazione di tali sintomi, e al significato che essi potessero avere. La mancanza di farmaci efficaci su questa componente sintomatologica del DDM, inoltre, ha portato gli psichiatri a non considerarli utili per una scelta differenziale tra gli antidepressivi.
Una proporzione significativa di pazienti (non tutti) presenta sintomi cognitivi obiettivabili (memoria episodica, funzioni esecutive, velocità di processamento del pensiero, memoria semantica, memoria visuo-spaziale ad esempio) durante l'episodio; alcune di queste alterazioni sono dipendenti dalla com-ponente affettiva (cosiddetti "hot cognitions"), e quindi responsivi ai comuni antidepressivi, mentre al-tre appaiono in parte indipendenti ("cold cognitions") e costituiscono una dimensione sintomatologica indipendente, che spesso persiste come sintomi residui alla risoluzione dell'episodio, e che costituisce un fattore importante di rischio di successive ricadute/ricorrenze.
Alcuni strumenti semplici di valutazione dei sintomi cognitivi sono stati proposti recentemente; tra essi il Digit Symbol Substitution Test (DSST), ad esempio, o il Perceived Deficit Questionnaire (PDQ), che hanno il vantaggio di essere utilizzabili velocemente in setting clinici.
Gli antidepressivi tradizionali manifestano un'azione specifica sui sintomi cognitivi della depressione prevalentemente per effetto indiretto (cioè mediato dall'azione sui sintomi affettivi). Vortioxetina è un nuovo antidepressivo ad azione multimodale (azione attraverso due distinti meccanismi d'azione, at-tività recettoriale e inibizione del reuptake) che ha mostrato, in diversi studi condotti sia in adulti sia in anziani, un'attività antidepressiva pari a quella di venlafaxina e duloxetina, ma con una specifica azione sui sintomi cognitivi della depressione. L'azione avviene prevalentemente per effetto diretto (cioè indipendente dall'azione sui sintomi affettivi) ed è attribuita alla azione di questo farmaco di antagonismo recettoriale 5-HT3 e 5-HT7, accompagnato ad un effetto di modulazione di vari sistemi neurotrasmettitoriali a livello della corteccia prefrontale (incremento di 5-HT, NA, DA, Ach).
Questo farmaco promette di rappresentare un utile strumento per il trattamento dell'intero spettro di sintomi del DDM, e si affianca ad altri interventi proposti, tra cui, ad esempio, interventi psicosociali quali la Cognitive Remediation.
La prevenzione in neurologia
Zolo P.
(Neurologo, Ambulatorio Malattie Neurodegenerative, Istituto di Riabilitazione SMP, Agazzi,
Arezzo)

La prevenzione è il tema più alto della costruzione di un sistema sanitario universalistico pubblico, fondato sul concetto di salute e sulla affermazione di un complesso di diritti irrinunciabili del cittadino, che lo stato deve garantire in via prioritaria. La prevenzione è l'insieme di attività, azioni ed interventi attuati con il fine prioritario di promuovere e conservare lo stato di salute ed evitare l'insorgenza di malattie. Parliamo di Prevenzione Primaria (mantenere le condizioni di benessere ed evitare la com-parsa di malattie) e di Prevenzione Secondaria (intervenire su soggetti già ammalati in fase iniziale: diagnosi precoce, programmi di screening, obiettivo "guarigione o contenimento della progressione"), lasciando a quella terziaria il compito di prevenire le complicanze più disabilitanti delle patologie croniche irreversibili.
Le grandi aree della patologia neurologica presentano condizioni molto diversificate di avanzamento verso un'ottica di sviluppo di strategie di prevenzione. La recente acquisizione della precocità dell'av-vio dei processi patologici neurodegenerativi che conducono solo successivamente a stati manifesti di malattia, ha aperto straordinarie opportunità di ricerca biomedica nel campo della prevenzione: la malattia di Alzheimer, molte demenze primitive, la Malattia di Parkinson, molti parkinsonismi co-minciano a manifestare processi neuropatologici dai 5 ai 20 anni prima della comparsa di sintomi clinicamente evidenti e significativi per la diagnosi. L'obiettivo di individuare marker del processo IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA patologico nella fase preclinica della malattia per una diagnosi "precoce-precocissima" è il tema di massima attualità nella ricerca scientifica: caratteristiche di tali marker sono la loro sicurezza, la soste-nibilità costo-efficacia diagnostica, la facile adottabilità e accessibilità (esempio storico di queste ca-ratteristiche è la "glicemia" per il diabete). La prevenzione primaria nelle neuroscienze è attualmente oggetto di evidenze nell'ambito della patologia cerebrovascolare e, più recentemente, nella malattia di Alzheimer: per queste sono in sviluppo sia approcci di massa per adeguati stili di vita, sia strategie individuali sul rischio elevato attraverso un'azione specifica sui fattori "modificabili", una sorta di pre-venzione di precisione. Nuove letture dell'epidemiologia analitica di queste patologie sono all'origine di programmi preventivi individuali a cominciare dal profilo predittivo personale (strategie per la vita e la prevenzione). Di grande interesse sono le possibilità offerte alla prevenzione dalla ricerca genetica, esplosa nel terzo millennio: malattie rare neurometaboliche prevenibili nelle loro manifestazioni con diete e terapie specifiche; prevenzione genetica e diagnosi preimpianto per malattie neurologiche ge-neticamente determinate e ad esordio tardivo, per le quali non vi sia un trattamento efficacie. Conside-razioni conclusive riguardano la cultura della Prevenzione del Neurologo italiano, la sua formazione in questo senso, la sua disponibilità a condividere e promuovere strategie preventive, a sentirsi parte integrale delle nuove reti cliniche che gestiranno la sanità del futuro. IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 1. Possibile ruolo del corpo calloso nella patogenesi dell'epilessia fotosensibile
Bocci T.
Autori: Bocci T*, Di Rollo A.*, Barloscio D.*, Parenti L.*, Rossi S. , Restani L.°,
Caleo M.°, Sartucci F.*
(*Sezione Dipartimentale Neurologia Cisanello, Dipartimento di medicina Clinica e Sperimenta-
le, Università di Pisa; Sezione di Neurologia e Neurofisiologia Clinica, Dipartimento di Scienze
Neurologiche e Comportamentali, Università di Siena; ° Istituto di Neuroscienze, Istituto Nazio-
nale delle Ricerche, Pisa)

INTRODUZIONE: Ad oggi si ritiene che il corpo calloso espleti una funzione inibitoria sulla riela-borazione degli stimoli neurosensoriali, verosimilmente mediata da un ricco e complesso circuito interneuronale ubicato negli strati basali della corteccia. Il nostro gruppo ha suggerito che nell'uomo le proiezioni transcallosali siano essenziali nel controllo del guadagno di contrasto, un fenomeno tra-dizionalmente ritenuto a genesi corticale che assicura un dinamico adattamento della soglia di eccita-bilità al variare del contrasto di luminanza e cromatico. Si è cercato di riprodurre i medesimi risultati nei soggetti affetti da epilessia fotosensibile, al fine di comprendere se il deficit del meccanismo di guadagno di contrasto, dimostrato in tali pazienti, sia da ascrivere ad un'alterazione funzionale della trasmissione interemisferica. L'identificazione di una tale anomalia non solo consentirebbe di dischiu-dere inaspettati scenari allo studio della patogenesi della risposta fotoparossistica e delle epilessie riflesse in senso lato, ma permetterebbe anche di suggerire nuove strategie terapeutiche, chirurgiche e non, nel trattamento dell'epilessia fotosensibile farmaco-resistente.
MATERIALI E METODI: sono stati arruolati dodici soggetti affetti da Epilessia fotosensibile e dodici pari - età sani. Tutti i pazienti, al momento dell'inclusione nello studio, avevano ricevuto per la prima volta diagnosi di sindrome comiziale e nessuno di loro aveva mai assunto farmaci anti-epilettici. Dieci pazienti sono stati diagnosticati come affetti da epilessia mioclonica giovanile, mentre a due è stata diagnostica una rarissima sindrome epilettica nota come "mioclono corticale autosomico dominante con epilessia" (autosomal dominant cortical myoclonus with epilepsy, ADCME). Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad un protocollo di stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva a bassa frequenza (low-frequency rTMS, 0.5 Hz, 20'), applicata a livello della corteccia occipitale di sinistra, al fine di indurre un'inibizione funzionale e transitoria della stessa; i Potenziali Evocati Visivi (PEV) sono stati poi registrati bilateralmente in sede occipitale laterale (O1, O2) e le risposte (N1, P1) valutate in termini di latenza ed ampiezza. Lo stimolo visivo era costituito da un pattern sinusoidale orizzontale (frequenza spaziale 2c/deg, distanza dallo schermo ≈ 100 cm), presentato sia a tutto campo sia ad emicampo. RISULTATI: la rTMS determina un significativo incremento delle ampiezza dei PEV nella corteccia controlaterale all'applicazione della rTMS inibitoria a bassa frequenza, limitatamente ai medio-alti contrasti di luminanza (K50% e K90%; rispettivamente, p = 0.001; p = 0.00045). Tale variazione risulta più marcata, seppur non significativamente (K90%, N1: p = 0.32; P1: p = 0.34:) nei soggetti affetti da PSE rispetto al gruppo di controllo. Dopo circa un'ora dal termine della rTMS, mentre nel gruppo di controllo la corteccia visiva di sinistra rimane persistentemente inibita, come dimostrato dalla costante riduzione rispetto al basale dei valori di ampiezza, nei pazienti si assiste ad un rapido ritorno a base-line (K90%; N1: p = 0.0007; P1: p = 0.0012); parallelamente, nei pazienti la corteccia omologa con-trolaterale rimane costantemente facilitata, come dimostrato dagli elevati valori di ampiezza rispetto ai pari - età del gruppo di controllo (K90%: N1: p = 0.0071; P1: p = 0.0005).
CONCLUSIONI: i dati del presente studio suggeriscono che il Corpo Calloso sia coinvolto nella re- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI golazione del guadagno di contrasto e che una disfunzione di tale meccanismo sia alla base dell'in-duzione della risposta fotoparossistica, come verosimilmente dimostrato dall'opposto comportamento delle modificazioni di ampiezza dei PEV ad un'ora di distanza dal termine della sessione di rTMS inibitoria.
2. Analysis of nocebo effects of antiepileptic drugs across different conditions
Giovannelli F.
Autori: Giovannelli F. *, Giorgi F.S°, Franco V.§, Gasparini S., **Zaccara G.
( Unit of Neurology, San Giovanni di Dio Hospital, Department of Medicine, Florence Health Au-
thority, Florence, Italy; *Department of Neuroscience, Psychology, Pharmacology and Child He-
alth (NEUROFARBA), University of Florence, Florence, Italy; °Section of Neurology, Department
of Clinical and Experimental Medicine, University of Pisa and Pisa University Hospital, Pisa, Italy;
§C. Mondino National Neurological Institute, Pavia, Italy; **Department of Medical and Surgical
Sciences, Magna Graecia University of Catanzaro, Catanzaro, Italy)

The aim of this study was to assess the nocebo effect in all randomised controlled trials (RCTs) explo-ring the effect of antiepileptic drugs (AEDs) in the clinical conditions in which these compounds have been studied with the exception of epilepsy. We searched for all double-blind, placebo-controlled trials performed in adult patients, testing AEDs in any clinical condition except epilepsy. The following data were extracted from the placebo arms: the number of randomized patients, the number of pa-tients withdrawing because of adverse effects (AEs), and the number of patients with 11 predefined AEs (dizziness, ataxia/coordination abnormal, diplopia, somnolence, fatigue, headache, memory impai-rment, tremor, abnormal thinking, anxiety and depression). Outcome measures were the percentages of patients whithdrawing due to AEs and reporting the selected AEs. RCTs included in the analysis were grouped in six main categories of clinical conditions (pain, movement disorders, psychiatric disorders, substance abuse, obesity and binge eating disorders, and miscellanea). Proportions of pa-tients with 95 % confidence intervals (CIs) have been calculated for all reported outcome measures. Thirteen AEDs were studied and the total number of selected RCTs was 157. Significant percentages of placebo-treated patients withdrawing due to AEs and with specific AEs were observed in several cases. Significant differences emerged across different conditions. Comparisons with results of a previous meta-analysis on all RCTs in patients with drug-resistant epilepsies showed that ataxia, diplopia and fatigue were significantly more frequent, and patients withdrawing were significantly less frequent, in placebo-treated epileptic patients. Significant differences have been identified in the AEDs-induced nocebo effect across different conditions. Placebo-treated epilepsy patients have significantly more frequent neurological AEs.
3. Posterior reversible Encephalopathy Syndrome, sindrome di Tako-Tsubo e crisi epi-
lettiche nel post-partum: un'associazione inusuale

Guida M.
Autori: Guida M. , Giorgi F.S. , Canovetti S.*, De Nittis M.°, Bianchi M.C.*,
Bonanni E. , Cosottini M.*, Bonuccelli U.
( UO Neurologia-Neurofisiopatologia, Università di Pisa/AOU-Pisa; *UO Neuroradiologia, Uni-
versità di Pisa/AOU-Pisa; °UO Malattie Cardiovascolari I, Università di Pisa/AOU-Pisa)

INTRODUZIONE: La Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome (PRES) e la cardiomiopatia da stress, meglio nota come sindrome di Tako-Tsubo, sono due entità nosologiche reversibili recentemen-te descritte apparentemente non correlate ma che potrebbero condividere lo stesso substrato fisiopa- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI tologico.
CASE REPORT: Descriviamo il caso clinico di una giovane donna di 25 anni, che, dopo 4 giorni da parto cesareo alla 41° settimana apparentemente normodecorsa, viene condotta al PS per febbre as-sociata a cefalea, crisi epilettiche e dispnea. La paziente viene intubata e sottoposta, nel sospetto di embolia polmonare, a TC torace, che evidenzia invece un quadro compatibile con edema polmonare acuto. Viene pertanto effettuata visita cardiologica con ecocardiogramma, che evidenzia una severa disfunzione sisto-diastolica con conseguente ipertensione polmonare. Vengono, inoltre, eseguiti RM encefalo, con riscontro di alterazioni di segnale cortico-sottocorticali in sede frontale e temporo-pa-rieto-occipitale e cerebellare bilaterale compatibili con PRES, ed EEG, con riscontro di onde teta-delta di aspetto aguzzo biemisferico. Viene quindi impostata terapia cardiologica con esmololo e levosi-mendan, terapia antiepilettica con fenitoina e, a seguito del riscontro di ipertensione arteriosa, terapia anti-ipertensiva con uradipil. Le condizioni cliniche della paziente migliorano rapidamente e gli esami di neuroimaging e cardiologici mostrano la completa remissione delle alterazioni precedentemente evidenziate. La paziente non ha presentato altre crisi epilettiche.
DISCUSSIONE: L'associazione tra crisi epilettiche, PRES e sindrome di Tako-Tsubo è stata raramente descritta in pazienti con patologie acute, per lo più di sesso femminile e in post-menopausa. I casi de-scritti in donne sottoposte a parto cesareo nell'immediato post-partum sono ancora più rari e in genere associati a eclampsia. Possiamo ipotizzare che, in questo caso, la PRES e la sindrome di Tako-Tsubo possano essere riconducibili ad un substrato fisiopatologico comune. E' stato infatti ipotizzato che entrambe le condizioni possano essere conseguenza di una iperattività catecolaminergica transitoria. Saranno discusse le possibili implicazioni eziopatogenetiche.
4. Stato di male epilettico super refrattario ad evoluzione favorevole
Jensen S.
Autori: Jensen S. , Viviani R.*, Di Coscio E. , Pardini C. , Maritato P. , Piazza S. , Giuntini M. ,
Baratta A.*, Orlandi G.
( UO Neurologia, *UO Terapia Intensiva, Ospedale Apuane, Massa Carrara)
Lo stato di male epilettico super refrattario è definito come uno stato epilettico che si protrae o ricorre per almeno 24 ore nonostante l'utilizzo di anestetici o che si ripresenta durante la riduzione o sospen-sione di anestesia (Shorvon and Trinka, 2011). Si tratta di una condizione con alta mortalità e morbilità presente nel 20% circa dei casi di stato di male ricoverati in terapia intensiva (Kantanen et al., 2015). Fondamentale è la ricerca eziologica (Tan et al., 2010) e i casi criptogenetici risultano avere peggiore prognosi. Descriviamo il caso di una donna di 28 anni giunta in pronto soccorso per stato di agitazione psico-motoria senza precedenti anamnestici di nessun tipo. Durante l'osservazione ha presentato crisi toni-co-clonica e successive crisi subentranti per cui è stata necessaria intubazione oro-tracheale e ricovero in terapia intensiva. Gli esami effettuati durante la degenza (TC e RMN encefalo, PET e TC total body), i prelievi ematici e liquorali per la ricerca sia di agenti virali che batterici e di patologie autoimmuni e neoplastiche sono risultati negativi. Ripetuti monitoraggi EEG hanno evidenziato un quadro di stato di male epilettico generalizzato. E' stata intrapresa terapia con antiepilettici in associazione (Fenitoina, Acido valproico, Levetiracetam, Gardenale), immunoglobuline ev, terapia corticosteroidea, ipotermia moderata. Solo con Tiopentone sodico (TPS) è stata ottenuta una burst suppression soddisfacente. Dopo circa tre mesi dall'esordio del disturbo è stata iniziata graduale riduzione del TPS fino alla sua completa sospensione. Il monitoraggio EEG ha mostrato un progressivo miglioramento dell'attività ce-rebrale di fondo in assenza di grafoelementi parossistici. A distanza di circa quattro mesi dal ricovero la paziente è vigile, in contatto con l'ambiente con eloquio fluente, in grado di comprendere ordini IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI verbali semplici e presenta motilità spontanea ai quattro arti. Il substrato patologico che ha finora so-stenuto lo stato di male non è stato tuttora identificato. La terapia è ad oggi in fase di ottimizzazione al fine di controllare le isolate crisi focali ancora presenti.
BIBLIOGRAFIA:- Shorvon SD, Trinka E. Proceedings of the 3rd London-Innsbruck Colloquium on Status Epilepticus. Epilepsia 2011; 52 (Suppl 5)- Tan RY, Neligan A, Shorvon SD. The uncommon causes of status epilepticus: a systematic review. Epilepsy Res 2010; 91: 111–22. - Kantanen AM, Reinikainen M, Parviainen I, Ruokonen E, Ala-Peijari M, Bäcklund T, Koskenkari J, Laitio R, Kälviäinen R. Incidence and mortality of super-refractory status epilepticus in adults. Epilepsy Behav. 2015 Aug;49:13-4 5. "Hemicrania epileptica" ad insorgenza tardiva: caso clinico
Maluccio M.R.
Autori: Maluccio M.R., Frittelli C., Rossi C., Gambaccini G., Virgili M.P., Galli R.
(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera)
INTRODUZIONE: l'associazione tra emicrania ed epilessia è stata studiata a lungo in quanto rappre-sentano disturbi neurologici episodici caratterizzati da meccanismi fisiopatologici e fenotipo clinico comuni. CASO CLINICO: descriviamo il caso di un uomo di 75 aa, con storia di cefalea con le caratteristiche di un'emicrania senza aura in giovane età e con episodi sempre più rari con l'aumentare dell'età, giunto alla nostra osservazione in seguito alla comparsa da circa 2 anni di 1-3 episodi/mese caratterizzati da disturbo visivo a tipo "spettro di fortificazione" o fotopsie scintillanti che si spostano lateralmente nel campo visivo, della durata di circa 10 minuti, solo raramente seguito da cefalea. In anamnesi familiare sorella con diagnosi di epilessia. Anamnesi patologica positiva per glaucoma, in trattamento specifico. Nel sospetto di episodi di aura emicranica sine emicrania, il paziente è stato sottoposto a Ecocolor-doppler vasi cerebro-afferenti (reperto ai limiti della norma), RM encefalo e AngioRM vasi intracranici (risultate negative) e visita oculistica di controllo (con riscontro di buon controllo della patologia di base). È stata quindi instaurata una terapia di profilassi dapprima con amitriptilina e, in seguito, con nimodipina, senza beneficio. In un secondo momento, in considerazione della frequenza degli episodi visivi, per escludere la natura critica del disturbo, è stato sottoposto ad esame elettroencefalografico che ha rilevato la presenza di brevi sequenze di onde lente a 4-5 Hz, talora a 3-4 Hz e di aspetto ango-lato, della durata massima di 10 sec, sulle regioni occipitali con alterna prevalenza di lato e saltuaria diffusione a tutto l'ambito. Ha, di seguito, eseguito EEG dinamico nelle 24 ore ("presenza di numerosi corti treni e brevi sequenze delle anomalie sopradescritte, in assenza di correlato clinico sul diario fornito al pz").
È stata perciò introdotta terapia antiepilettica con ac. valproico, incrementato gradualmente fino al dosaggio di 1000 mg/die, con conseguente riduzione della frequenza degli episodi a 1 ogni 2 mesi nonostante la persistenza delle anomalie sul tracciato EEG di controllo ma con la comparsa di effetti collaterali. È stato, quindi, effettuato uno shift farmacologico da ac. valproico a levetiracetam (fino al dosaggio di 1000 mg/die) sospeso dopo 4 mesi per scarso beneficio clinico e comparsa di effetti col-laterali, con conseguente incremento della frequenza degli episodi visivi, per cui è stata proposta al pz terapia con gabapentin, attualmente al dosaggio di 900 mg/die. Al controllo il pz ha presentato una riduzione sia degli episodi visivi che delle anomalie EEGgrafiche. DISCUSSIONE: il caso riportato risponderebbe ai criteri diagnostici dell'Hemicrania epileptica in ac-cordo con la versione Beta della III edizione della Classificazione Internazionale delle Cefalee (ICHD- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI III Beta), seppur con alcune atipie presenti nel nostro caso come l'insorgenza tardiva dei sintomi e la rara presenza di cefalea che segue il disturbo visivo. La cortical spreading depression sembra essere il meccanismo fisiopatologico che accomuna l'emicrania e l'epilessia, in quanto in entrambe si possono verificare dei cambiamenti parossistici nell'attività neuronale corticale in termini di ipereccitabilità e ipoeccitabilità dovuti ad alterazione del metabolismo di glutammato, serotonina, dopamina e della funzionalità di alcuni canali ionici. Per tale motivo ed anche in considerazione dei dati anamnestici del caso in oggetto, sarebbe utile procedere nell'iter diagnostico con le indagini genetiche, per accer-tare una possibile "channelopatia".
6. Epitrack® nella valutazione neuropsicologica di primo livello per le funzioni esecu-
tive in epilessia

Pucci B.
Autori: Pucci B., Marino D., Rossi A., Rocchi R., Vatti G.
(U.O.C. Neurologia Neurofisiologia Clinica – AOU Senese)
INTRODUZIONEL'epilessia è spesso associata a deficit cognitivo con un impatto negativo sulla qualità di vita del pa-ziente.
Terapia antiepilettica, frequenza delle crisi, attività intercritica, età di esordio delle crisi, eventuale le-sione cerebrale, fattori psicologici e sociali, sono alcune delle cause del deficit cognitivo. Controllare le crisi e minimizzare gli effetti collaterali (tra cui i deficit cognitivi) è l'obiettivo principale nella terapia antiepilettica. Un farmaco capace di controllare le crisi, può avere effetti benefici sulle funzioni cogni-tive. Tuttavia alcuni farmaci possono interferire negativamente sulla cognitività.
Epitrack® è uno strumento di screening breve, relativamente veloce (la sua applicazione richiede circa 15 minuti) ed stato concepito per riconoscere le disfunzioni nell'attenzione e nelle funzioni esecutive causate dall'epilessia o dai farmaci antiepilettici e per valutare l'evoluzione delle performences cogni-tive legate alle modifiche della terapia. L'obiettivo principale dello studio è quello di rendere Epitrack® maggiormente fruibile, ampliando il suo utilizzo come test di routine nelle batteria di primo livello per la valutazione delle funzioni esecu-tive in epilessia, in quanto strumento veloce e discriminante e particolarmente utile nella valutazione delle Epilessie Frontali.
MATERIALI E METODISono stati analizzati 10 pazienti con epilessia frontale e 10 con epilessia temporale. I pazienti , oltre al test Epitrack®, hanno effettuato una valutazione neuropsicologica di primo livello che comprende almeno due test per ogni funzione cognitiva indagata, associata ad una valutazione psicologica. RISULTATI E CONCLUSIONIDai primi dati ottenuti, su un ridotto campione di pazienti, abbiamo potuto osservare come Epitrack® rilevi i deficit delle funzioni esecutive nei pazienti con epilessia frontale rispetto a quelli con epilessia temporale, dove risultano maggiormente compromesse le funzioni mnesiche. Inoltre abbiamo osser-vato come il test evidenzi maggiormente le disfunzioni esecutive rispetto ai test presenti nella batteria standard. Epitrack® potrebbe rivelarsi particolarmente utile anche per la valutazione pre-chirurgica nell'epilessia farmacoresistente dove risulta di fondamentale importanza delimitare più correttamente possibile gli eventuali deficit cognitivi per la selezione del paziente e l'eventuale prognosi post-chirur-gica. BIBLIOGRAFIA 1. Samarasekera SR, Helmstaedter C, Reuber M. Cognitive impairment in adults with epilepsy: The relationship between subjective and objective assessments of cognition. Epilepsy Behav. 2015 Nov;.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 2. Helmstaedter C, Witt JA. The longer-term cognitive effects of adjunctive antiepileptic treatment with lacosamide in comparison with lamotrigine and topiramate in a naturalistic outpatient setting. Epilepsy Behav. 2013 Feb;26(2):182-7. 3. Lutz MT, Helmstaedter C. EpiTrack: tracking cognitive side effects of medication on attention and executive functions in patients with epilepsy. Epilepsy Behav. 2005 Dec;7(4):708-14. 7. Occhio non vede, cuore non duole: cosa può nascondersi dietro ad una crisi epilet-
tica

Rosati E.
Autori: Rosati E.*, Falcini M.*, Palumbo P.*, Consales G.°, Orlandi I.**
(*UO Neurologia, °UO Rianimazione, **UO Radiologia Ospedale Santo Stefano di Prato)
Presentiamo il caso di una giovane donna che ha presentato una prima crisi generalizzata durante il travaglio, seguita nel post-partum da alterazione dello stato mentale e del visus con cecità. L'EEG mo-strava un rallentamento occipitale bilaterale associato ad onde aguzze. La RM encefalo ha documen-tato alterazioni di segnale nelle sequenze in FLAIR e diffusività protonica in sede occipitale bilaterale. Il riscontro di ipertensione arteriosa importante e proteinuria hanno portato al sospetto di eclampsia peripartum. Le indagini cardiologiche, eseguite per l'occorrenza di dispnea, hanno mostrato un'impor-tante disfunzione ventricolare sinistra (frazione di eiezione 25%) con un'anomalia della contrattilità cardiaca regionale dell'apice e modesto rialzo della troponina. Con il controllo dell'ipertensione ed una tp con antiaggreganti si è assistito ad una risoluzione del quadro clinico e strumentale, sia delle neuroimmagini che dell'ecocardiografia, circa 15 gg dopo. Le alterazioni alla RM sono compatibili con un'encefalopatia posteriore reversibile che può manifestarsi in corso di eclampsia in relazioni ad alterazione della permeabilità capillare e che si manifesta con disturbi del visus, crisi epilettiche e stato confuzionale. Le anomalie cardiache sono suggestive di una disfunzione ventricolare reversibile nota anche come sindrome di Tako-Tsubo o sindrome del cuore infranto, una cardiomiopatia da stress. Il meccanismo fisiopatologico delle due sindromi non è ancora del tutto chiarito ma la loro concomitan-za, descritta in pochissimi casi, fa supporre che vi sia un substrato comune che vede coinvolti trigger emozionali, cardiotossicità catecolaminergica, ipertensione arteriosa e suscettibilità cerebrale, presu-mibilmente sottesi da un'iperattività simpatica transitoria.
8. Epilessia e MELAS: semeiologia di crisi/stato epilettico ed aspetti EEG
Vergallo A.
Autori: Vergallo A., Pizzanelli C., Mancuso M., Logerfo A., Bonanni E., Moretti P., Siciliano G., Bo-
nuccelli U.
(Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, UO Neurologia Universitaria, Università di
Pisa)

Le malattie mitocondriali (MD) rappresentano un fattore di rischio per crisi epilettiche, compreso lo stato epilettico (SE), sia convulsivo (CSE) che non (NCSE). L'encefalomiopatia mitocondriale con acidosi lattica ed episodi stroke-like (MELAS), comunemente associata alla mutazione mitocondriale A3243G, è una delle MD con più elevata prevalenza di epilessia. In letteratura sono riportati molteplici fenotipi clinici di crisi epilettiche, soprattutto parziali motorie (PM) con secondaria generalizzazione tonico-clonica (GTC), e un'ampia varietà di anomalie elettroencefalografiche (EEG). Riportiamo le caratteristi-che epilettiche ed EEG di 3 pazienti MELAS seguiti presso la U.O. Neurologia Universitaria di Pisa.
Caso (1) Maschio di 45 anni con storia di lieve ritardo mentale e sordità neurosensoriale; nel novembre 2014 stroke-like (SLE) bitemporale manifestatosi con cefalea seguita da CSE (crisi GTC subentranti) e IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI insufficienza respiratoria. In terapia con propofol e midazolam e.v. ha presentato un EEG con burst supprension; successivamente è stato efficacemente trattato con fenitoina e.v. Diagnosticato come ME-LAS con mutazione A3243G, è stato inoltre trattato con arginina e levocarnitina e.v., riboflavina, coen-zima Q. L'EEG 2 settimane dopo il CSE mostrava modesto rallentamento del ritmo di fondo e modeste anomalie diffuse. Dopo un periodo libero di circa 6 mesi, ha avuto SLE temporo-parieto-occipitale a sinistra, esordito con cefalea e seguito da iporesponsività e confusione. Posta diagnosi di NCSE, l'EEG mostrava anomalie lente posteriori con prevalenza sinistra, è stato trattato con levetiracetam e feni-toina, riportando un graduale miglioramento. Nell'ottobre 2015, ha avuto un ultimo CSE, con buona risposta a BDZ.
Caso (2) Femmina di 20 anni con storia di lieve ritardo mentale e isolate crisi epilettiche apparente-mente GTC all'età di 13 e 14 anni; all'epoca un EEG mostrava punte diffuse e punte-onde lente pre-valenti sulle regioni centro-posteriori, in terapia con acido valproico e fenobarbital è stata seizure-free per 4 anni riportando, occasionalmente, mioclonie agli arti superiori talora in cluster o mioclono mas-sivo. Nel dicembre 2010 esteso SLE temporo-parieto-occipitale sinistro complicato da erniazione ce-rebrale trattata con craniectomia decompressiva. Nel post-operatorio CSE ad esordio parziale motorio trattato con propofol e midazolam, poi lamotrigina, levetiracetam, fenitoina, clonazepam. Successivi SLE a sede occipitale destra (cecità corticale) quindi frontale sinistro (afasia); in assenza di nuovi SLE ha avuto comunque episodi di CSE parziale motorio. Un'analisi genetica approfondita ha identificato una nuova mutazione mitocondriale (m.15092G>S/p.G116S). Il pattern istologico cerebrale è risultato compatibile con MELAS per cui è stata impostata terapia con arginina e levocarnitina e.v., riboflavina, coenzima Q. Da 3 anni non riferite GTC né SE, ma solo occasionali mioclonie, in quadro di grave disabilità da sequele.
Caso 3) Femmina di 58 anni con storia precedente di sordità, diabete, cardiomiopatia e idrocefalonor-moteso recentemente trattato con derivazione ventricoloperitoneale. Nel febbraio 2015 comparsa di afasia sensori-motoria con evidenza di SLE a sede fronto-temporo-parietale sinistra.
Diagnosticata come MELAS con mutazione A3243G, è stata inoltre trattata con arginina e.v., levocar-nitina e.v., riboflavina, coenzima Q. Nel corso della degenza ha mostrato due brevi PM destre trattate con clonazepam e levetiracetam. All'EEG, normale ritmo di fondo e sporadica attività di punte e punte onde lente sulle regioni fronto-temporali di sinistra. Nel corso del follow up, finora breve, non ha avuto ulteriori crisi.
-L'epilessia e lo SE sono ben descritti nella MELAS ed in altre MD.
La casistica MELAS riportata conferma la nota variabilità nei fenotipi clinici di crisi prevalentemente GTC e PM, ma anche, più raramente, mioclono. In questo ristretto numero di pazienti si è osservata un'elevata prevalenza di SE con andamento ricorrente. Nei pazienti MELAS, crisi e SE concomitano con SLE ma talora possono insorgere indipendentemente (Caso2). Il meccanismo MELAS epilessia po-trebbe rappresentare un interessante modello di epilettogenesi.
9. Analisi di Connettività Funzionale in un Paziente Epilettico con Doppia Corteccia
Sprugnoli G.
Autori: Sprugnoli G., Santarnecchi E., Marino D., Pucci B., Vatti G.
(Dipartimento di Scienze Neurologiche e Sensoriali, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese)
INTRODUZIONEL'eterotopia a banda (DC) è una rara malformazione congenita dello sviluppo corticale, che consiste nella presenza di uno strato di corteccia aggiuntiva localizzata al di sotto di quella correttamente migrata in maniera corretta, dalla quale è separata dade uno strato di sostanza bianca. La maggior parte dei casi sono dovuti a mutazione del gene "Double Cortin" (DCX) che si esprime nei neuroni IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI in maniera transitoria durante periodi ben definiti della gestazione. Abbiamo condotto uno studio di connettività tramite Resting State (RS-fMRI) in una paziente con epilessia frontale al fine di analizzare il pattern di connettività sia della corteccia normale sia di quella non propriamente migrata DC. METODILe regioni di doppia corteccia sono state manualmente individuate usando il software MRICro. Succes-sivamente è stata estratto il valore medio delle serie temporali del segnale BOLD dalle ROI individuate ed è stata calcolata la matrice di connettività normalizzata utilizzando il coefficiente di correlazione di Pearson. Le matrici di connettività ROI-to-ROI sono state inserite nel "general linear model" con un p< .05 FDR (False Discovery Rate) corretto per confronti multipli. RISULTATILe aree di doppia corteccia sono risultate strettamente correlate a livello funzionale con le soprastanti aree di corteccia correttamente migrate, oltre che con il network corticale funzionalmente correlato. Si è evidenziata, inoltre, anche una forte connessione funzionale, sia omo che controlaterale, tra le aree di doppia corteccia. Le eterotopie, infine, rispetto alla corteccia normalmente migrata ed ai controlli sani, mostrano una netta riduzione della comunicazione con la corteccia dell'emisfero controlaterale, evidente in particolar modo per le DC a livello prefrontale ed occipitale. Le aree DC del lobo tempo-rale mantengono invece un pattern di connettività con l'emisfero controlaterale pressoché normale. CONCLUSIONIIl pattern di connettività documentato con l'analisi del RS può rappresentare il substrato biologico che sottende l'epilessia in questa paziente. Come è noto infatti, la zona eterotopica può essere sede sia di attività critica che intercritica e l'elevato grado di connessioni tra le aree migrate in maniera anomala e la corteccia in sede può spiegare la tendenza alla generalizzazione sia della crisi che delle anomalie intercritiche registrate. Infine, considerato il timing dell'espressione temporale del gene DCX durante la gestazione (settimane 20-29) e lo sviluppo delle connessioni interemisferiche rilevato in studi fMRI su feti (picco alla 26 settimana), sembra plausibile ipotizzare un ruolo di tale gene mutato nel mancato sviluppo della connettività funzionale interemisferica di tale paziente. SESSIONE II: DISTURBI DEL SONNO
1. Ruolo della microstruttura del sonno nel guadagno diagnostico dell'EEG dopo de-
privazione di sonno rispetto al sonno fisiologico in pazienti con epilessia del lobo
temporale

Carnicelli L.
Autori: Carnicelli L. , Giorgi F.S. , Guida M. , Maestri M. , Caciagli L.*, Pizzanelli C. , Bonuccelli
U. , Bonanni E.
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa / Dipartimento di Neuro-
scienze, UO Neurologia, AOU-Pisa; *Department of Clinical and Experimental Epilepsy, Univer-
sity College London (UCL) Institute of Neurology, London, UK; National Hospital for Neurology
and Neurosurgery, Queen Square, Regno Unito)

INTRODUZIONE: La deprivazione di sonno (SD) aumenta il potere diagnostico dell'EEG nell'epiles-sia. I meccanismi alla base di tale fenomeno non sono ancora stati del tutto elucidati ed instabilità del sonno ed alterazioni della sua microstruttura dopo SD potrebbero giocare un ruolo fondamentale. Metodi: Sono stati confrontati i parametri macro e microstrutturali (cyclic alternating pattern-CAP), lo spike index (SI) e la distribuzione delle anomalie in 13 pazienti con epilessia del lobo temporale (TLE) IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI nel corso del primo ciclo NREM/REM del sonno notturno e del sonno mattutino dopo deprivazione parziale di sonno.
RISULTATI: Non sono state evidenziate differenze statisticamente significative per quanto riguarda i parametri macrostrutturali, mentre è stato osservato un incremento dell'instabilità del sonno (CAP rate) dopo deprivazione di sonno, prevalentemente correlato ad un incremento delle A1. Lo SI è risultato aumentato e, in particolare, le anomalie in sonno apparivano associate alle fasi A1 ed A2 del CAP. Conclusioni: La deprivazione di sonno incrementa l'instabilità del sonno ed in particolare le fasi A1 del CAP. Ciò sembra giocare un ruolo fondamentale nell'attivazione EEG da SD nella TLE, essendo le anomalie particolarmente frequenti nelle fasi A1 e A2.
2. Percorso diagnostico-terapeutico della narcolessia
Testani E.
Autori: Testani E., Rocchi R., Pucci B., Marino D., Del Testa M., Rossi A., Vatti G.
(U.O.C. Neurologia Neurofisiologia Clinica – AOU Senese)
INTRODUZIONELa Narcolessia è una patologia neurologica caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna e da ricor-renti ed incoercibili attacchi di sonno. La Narcolessia colpisce circa 1 persona su 2000 (0.05% della popolazione) con distribuzione simile nei due sessi. L'età più frequente di esordio è l'adolescenza, tuttavia i sintomi possono iniziare già nell'età infantile (2-3 anni) o più tardi tra i 25-40 anni. I sintomi cardine della narcolessia sono rappresentati da: eccessiva sonnolenza diurna, cataplessia, paralisi del sonno, allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche. Sintomi meno specifici, ma comunque frequentemente presenti, sono: frammentazione del sonno notturno, cefalea, depressione e problema-tiche psicosociali. CLASSIFICAZIONESecondo la terza versione dell'International Classification of Sleep Disorders, la Narcolessia può essere distinta in:- Narcolessia di tipo 1, o Narcolessia con cataplessia: disturbo caratterizzato dalla presenza di ecces-siva sonnolenza diurna e da segni di "dissociazione" del sonno REM, il più specifico dei quali è rap-presentato dalla cataplessia. La Narcolessia di tipo 1 è causata da un deficit dell'ipocretina (o orexina) ipotalamica. - Narcolessia di tipo 2, o Narcolessia senza cataplessia: disturbo caratterizzato dalla presenza di ec-cessiva sonnolenza diurna e dai reperti tipici all' Multiple Sleep Latency Test (MSLT) o alla polisonno-grafia.
DIAGNOSIPer effettuare una corretta diagnosi ci si avvale di metodiche che valutano l'eventuale presenza di ec-cessiva sonnolenza diurna, come il MSLT. Può essere utile inoltre la polisonnografia notturna, che può evidenziare una comparsa precoce di sonno REM dopo l'addormentamento e la frammentazione del sonno, ed il dosaggio dell'ipocretina liquorale.
TERAPIALa terapia si basa prima di tutto su un approccio comportamentale e farmacologico. Il modafinil è efficace nel trattamento dell'EDS; la maggior parte dei pazienti richiede il massimo dosaggio approvato. Altra valida alternativa è il sodio oxibato, approvato dalla FDA per il trattamento della sonnolenza e della cataplessia negli adulti, unico farmaco efficace su tutti i sintomi della nar-colessia. La cataplessia può essere efficacemente trattata inoltre con gli antidepressivi triciclici (es. cloripramina), SSRI (es. fluoxetina, sertralina) o alla venlafaxina. I neuroni istaminergici sono cruciali IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI per il mantenimento della veglia. Ci sono studi che hanno dimostrato l'efficacia del pitolisant, un ago-nista inverso selettivo per il recettore H3 dell'istamina, in grado di attivare questi neuroni nei pazienti affetti da narcolessia. Il pitolisant (fino alla dose di 40 mg) si è dimostrato efficace nel controllare l'EDS rispetto al placebo. Se questi risultati verranno confermati da studi ulteriori, potrebbe rappresentare un'altra valida alternativa terapeutica per l'EDS nei pazienti affetti da narcolessia. Inoltre, alla luce dell'ipotesi che la narcolessia abbia una causa autoimmune, è stata inoltre tentata la terapie con come immunoglobuline, plasmaferesi e cortisone ad alte dosi, i risultati sono tuttavia ancora controversi.
3. Percorso diagnostico-terapeutico dell'OSAS
Toscani L.
Autori: Toscani L., Rosso V., Miola M., Dinghi L., Zaccara G.
(UO Neurologia USL Centro Firenze)
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome, OSAS) è un distur-bo respiratorio del sonno caratterizzato da episodi ripetuti di completa (apnea) o parziale (ipopnea) ostruzione delle vie aeree superiori, con riduzione dei valori della saturazione d'ossigeno arteriosa. Durante tali episodi si osservano alterazioni fasiche della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e frammentazione del sonno. La sindrome delle apnee morfeiche mostra clinicamente un' eccessiva sonnolenza diurna, aumentato rischio di incidenti stradali e sul lavoro, deficit cognitivi (in particolare disturbi di memoria, concentrazione ed attenzione) ;è riconosciuta come fattore di rischio cardiova-scolare indipendente. La frequenza dell'OSAS è almeno del 4% della popolazione totale , con preva-lenza maschile di età superiore ai 65 anni. La complessità della patologia rende necessario un percorso strutturato di diagnosi e cura che comporta la collaborazione tra vari specialisti. Il percorso clinico assistenziale prevede tre fasi: diagnosi, terapia e follow up. Nella fase diagnostica il paziente viene sot-toposto ad anamnesi dettagliata per la valutazione della sintomatologia clinica e delle patologie corre-late e a successivo monitoraggio cardiorespiratorio completo. In fase terapeutica si valuta la necessità di effettuare accertamenti complementari, in relazione al quadro clinico (valutazione neurologica, pneumologica, dietologica, ORL, odontoiatrica, maxillo-faciale, cardiologica, internistica). A seconda del quadro clinico e strumentale vengono proposti diversi tipi di trattamento: terapia comportamen-tale, posizionale, chirurgica e/o ventilatoria. Gold standard rimane il supporto ventilario a pressione positiva in modalità CPAP-Bilevel. Segue all'adattamento e alla prescrizione il follow up (ogni 6-12 mesi) per l'aggiornamento clinico e la valutazione dell'aderenza alla terapia.
4. OSAS e patente di guida: le novità del legislatore
Fabbrini M.
Autori: Fabbrini M., M. Maestri, Carnicelli L., Bonanni E.
(Centro Medicina del Sonno, U.O. Neurologia, Pisa)
La sindrome delle apnee ostruttive in sonno (OSAS) è caratterizzata da russa mento, transitorie ma ripetute pause respiratorie durante il sonno, con conseguente alterazione qualitativa del sonno not-turno fino alla comparsa di sintomi durante la veglia come eccessiva sonnolenza diurna, sensazione di sonno non ristoratore, difficoltà di concentrazione, compromissione della memoria e altri disturbi cognitivi. Una delle più gravi conseguenze della sonnolenza è la compromissione della capacità di guida, per cui è stato stimato che sia stata causa e/o concausa del 21.9% degli incidenti occorsi nel quinquennio 1993-1997 sulla rete autostradale nazionale, con un rischio stimato nei soggetti OSAS 5-7 volte mag-giore rispetto alla popolazione sana (Garbarino et al 2008). IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Nel 2010 la collaborazione tra società scientifica COMLAS (Coordinamento dei Medici Legali delle Aziende Sanitarie), Commissione nazionale AIMS "Sonnolenza, Sicurezza e Trasporti" e Società Ita-liana di Alcologia (SIA) ha consentito la stesura delle nuove linee guida nazionali per la valutazione dell'idoneità alla guida in soggetti affetti da OSAS in ambito Commissione Medica Locale, che fino ad allora non aveva strumenti per la valutazione del rischio, avvalendosi principalmente sulle evidenza dell'efficacia della CPAP utilizzata almeno 4 ore/notte nel ridurre il rischio di incidenti stradali.
La direttiva del 2 luglio 2014, n. 2014/85/UE della Commissione , pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea modifica la direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio con-cernente la patente di guida. Tale direttiva definisce l'inquadramento nosografico dell'OSAS, i criteri per riconoscere l'idoneità alla guida e al periodo di validità della patente. Il richiedente o il condu-cente in cui si sospetti una sindrome da apnea ostruttiva notturna moderata o grave deve essere sotto-posto a un consulto medico approfondito prima dell'emissione o del rinnovo della patente di guida, con particolare attenzione ai guidatori professionisti, come pubblicato anche sulla Gazzetta Ufficiale (Decreto 22 Dicembre 2015).
5. Vivere con la narcolessia
Ceretelli I.
Autore: Ceretelli I.
(Associazione Italiana narcolettici e ipersonni)
Affrontare la nostra società con una disabilità è molto difficile, lo è molto di più quando tale disabilità non è visibile, come nel caso della narcolessia.
Non è facile capire che la persona che si ha davanti nonostante si presenti bene e non mostri segni visibili di malattia, in realtà sia portatrice di una disabilità paragonabile a quella dovuta a malattie neurologiche come il parkinson o la sclerosi multipla.
Non conoscendo a fondo la narcolessia, viene da pensare che la persona in questione trovi delle scu-se per giustificare la propria svogliatezza, o nascondere altre problematiche (tossicodipendenze ad esempio).
Niente di tutto questo: la Narcolessia è una malattia cronica che determina un'importante compromis-sione in tutti i domini della qualità della vita.
Numerosi studi (*), hanno dimostrato come tale compromissione sia:- simile in campioni di pazienti statunitensi, inglesi, italiani, tedeschi - grave quanto quella determinata da altre malattie neurologiche, quali quelle sopraccitate.
Hanno inoltre evidenziato come i Narcolettici abbiano limitazioni e difficoltà nell'ambito delle attività scolastiche e lavorative, nei rapporti familiari ed interpersonali, ed in particolare difficoltà:1. a concentrarsi a scuola ed a raggiungere gli obiettivi formativi desiderati;2. a trovare una collocazione lavorativa adeguata alla propria qualifica, con ridotta possibilità di fare carriera.
3. a mantenere i ritmi lavorativi:- dal 36% al 52% dei Narcolettici, infatti, afferma di aver lasciato o perso il lavoro a causa della ma-lattia;- a percentuale di pazienti disoccupati raggiunge il 59%;- negli alti costi sociali della malattia sono inclusi quelli del pensionamento anticipato. Per questo i Narcolettici vivono nella paura di perdere il lavoro.
Le difficoltà legate alla Narcolessia si riflettono sulla vita coniugale, con problematiche che possono condurre anche alla separazione; vi sono, inoltre, grandi limitazioni nella gestione del tempo libero (viaggi, cinema, teatro, uscite con gli amici, sport).
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI La situazione è complicata dal fatto che la diagnosi di Narcolessia è spesso tardiva ed è preceduta da diagnosi errate (di solito di malattia psichiatrica). In relazione agli studi condotti dalla nostra Associazione, abbiamo verificato che la Narcolessia è fre-quentemente misconosciuta ed i sintomi sono spesso sottovalutati da familiari, insegnanti e medici.
Il ritardo diagnostico, nel nostro campione di pazienti, è risultato mediamente di 7/8 anni.
Le diagnosi errate e più frequentemente attribuite ai soggetti affetti da Narcolessia sono quelle di de-pressione, disturbo della personalità ed epilessia. Alcuni pazienti possono essere perfino considerati per anni alcolisti, tossicodipendenti o mistificatori.
Per quanto riguarda il problema della Patente di guida, dopo molti anni di lavoro che ci hanno vi-sto partecipi a dibattiti, confronti fra esperti di medicina del sonno e medici legali, nel 2010 Società Scientifica COMLAS (Coordinamento del Medici Legali delle Aziende Sanitarie) ha realizzato delle linee guida (che non sono legge ma danno delle valide indicazioni) secondo le quali una persona con narcolessia, con un buon controllo dei sintomi, può essere giudicata idonea alla guida.
L'Associazione Italiana Narcolettici promuove da anni campagne di informazione nella scuola, nella società e presso le istituzioni, per tutelare le persone con narcolessia ed aiutarle ad ottenere i diritti che spettano loro. (*) Beusterien et al, 1999; Daniels et al, 2001; Teixeira et al, 2004; Vignatelli et al, 2004; Dodel et al, 2004; Dodel et al, 2007.
SESSIONE III: NEURORADIOLOGIA
1. Confronto fra imaging a 3T e a 1,5T in pazienti affetti da epilessia focale
Canovetti S.
Autori: Canovetti S. , Pesaresi I. , Sabato M.*, Desideri I.*, Guida M.°, Pizzanelli, C.°, Giorgi F.°,
Puglioli M. , Cosottini M.*
( U.O. Neuroradiologia, Ospedale Cisanello, Via Paradisa 2, Pisa; *Dip. di Ricerca Traslazionale
e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgica, Radiodiagnostica, Ospedale Cisanello, Pisa;
°Dip. Neuroscienze, Ospedale Cisanello, Via Paradisa 2, Pisa)

SCOPO DEL LAVOROIn una popolazione selezionata di pazienti affetti da epilessia focale, viene indagato il ruolo dell'ima-ging a 3T rispetto a quello a 1,5T, nella ricerca di lesioni epilettogene.
MATERIALI E METODIE' stato effettuato uno studio retrospettivo su 107 pazienti affetti da epilessia focale, di cui 77 con una diagnosi di epilessia criptogenetica e 30 con una diagnosi di epilessia focale secondaria basata su acquisizioni effettuate a 1.5T. Il protocollo di studio con magnete 3T prevedeva sequenze 3DFLAIR CUBE, 3DFSPGR T1, FSE T2 sul piano assiale e coronale,,FIR sul piano coronale. RISULTATIAllo studio con magnete 3T dei 107 pazienti studiati 45 pazienti si sono dimostrati affetti da epilessia lesionale mentre 62 pazienti hanno mantenuto una diagnosi di epilessia criptogenetica. Quindici pa-zienti (14,9%) criptogenetici con imaging negativo allo studio effettuato con magnete ad 1,5T si sono dimostrati affetti da epilessia lesionale se studiati con magnete a 3T. CONCLUSIONILo studio routinario effettuato con magnete a 3T permette di identificare una maggiore numero di lesioni epilettogene rispetto agli studi effettuati con magnete a 1,5T. Tra i fattori che contribuiscono al guadagno diagnostico, va annoverato il maggiore rapporto segnale/rumore delle immagini acquisite IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI con magnete a 3T, da cui deriva una aumentata sensibilità nel rilevare le lesioni e una maggiore con-fidenza diagnostica.
2. Ischemia acuta del cono midollare, diagnosi differenziale radiologica: presentazione
di un case report

Canovetti S.
Autori: Canovetti S. , Palermo G.*, Desideri I.°, Pizzanelli*, Cosottini M.
( U.O. Neuroradiologia, Ospedale Cisanello, Via Paradisa 2, Pisa; *Dip. Neuroscienze, Ospedale
Cisanello, Via Paradisa 2, Pisa; °Dip. di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina
e Chirurgica, Radiodiagnostica, Ospedale Cisanello, Pisa)

La maggiore consapevolezza e la maggiore disponibilità di indagini sia clinico-strumentali che radio-logiche, hanno reso possibile nel tempo un icremento della possibilità di corretta diagnosi nei pazien-ti affetti da mielopatia ad insorgenza acuta/subacuta, riducendo il numero delle cosiddette "mieliti idiopatiche". La RM gioca un ruolo fondamentale, insieme all'inquadramento clinico-neurologico e laboratoristico-strumentale, nella diagnosi dei pazienti che si presentano con una sintomatologia mi-dollare acuta/subacuta.
L'ischemia midollare rappresenta una delle cause di mielopatia che entra in diagnosi differenziale con altre possibili cause di danno acuto/subacuto della corda midollare: essa è caratterizzata allo studio RM da segni radiologici tipici che presentano una peculiare evoluzione temporale. Presentiamo un case report di ischemia acuta del cono midollare, soffermandoci sulla diagnosi dif-ferenziale radiologica e sui segni radiologici tipici, che devono essere conosciuti dal radiologo, che viene chiamato in causa a risolvere tale problematica.
3. Meningioma intracranico emorragico: diagnosi neuroradiologica del raro tipo di
esordio di un'entità frequente

Grazzini I.
Autori: Grazzini I. , del Pilar Cortes M.*, Khader L. , Melançon D.*, Servillo R. ,
Ferrara M.°, Bellini M.°, Cerase A.°, Tampieri D.*
( Sezione di Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuro-
scienze, Università di Siena; *Department of Neuroradiology, Montreal Neurological Institute
and Hospital, McGill University, Montreal, Canada; °UOC Neuroimmagini e Neurointerventistica,
Dipartimento Scienze Neurologiche e Neurosensoriali, Azienda Ospedaliera Universitaria Sene-
se, Policlinico "Santa Maria alle Scotte", Siena)

OBIETTIVOI meningiomi intracranici raramente possono presentarsi con emorragia ed esordire con deficit neuro-logici improvvisi, anche con sintomi "simil-stroke". Una corretta diagnosi è cruciale per instaurare un appropriato percorso terapeutico. Abbiamo condotto uno studio retrospettivo su due database, della UOC Neuroimmagini e Neurointerventistica del Policlinico "Santa Maria alle Scotte" di Siena, Italia e del Department of Neuroradiology del Montreal Neurological Hospital di Montreal, Canada.
MATERIALI E METODIDa Gennaio 2002 a Giugno 2015, in 1304 pazienti è stata eseguita diagnosi istologica di meningioma (896 femmine, 408 maschi; range di età 11-95 anni, età media 62 anni); di questi, 24 pazienti hanno avuto una presentazione emorragica. Abbiamo esaminato tipo di emorragia, sede del meningioma e suo grading istologico IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI RISULTATIIl tipo di emorragia più frequente è risultato essere intralesionale (n: 18 casi, due dei quali associati con emorragia intraventricolare e uno con emorragia subaracnoidea), seguito dall'ematoma subdurale (n: 4) e parenchimale (n: 2, uno associato a emorragia subaracnoidea); i sanguinamenti subaracnoidei ed intraventricolari sono stati sempre associati con altri siti di emorragia. All'istologia 16 meningiomi erano di grado 1 e 8 di grado 2. Le caratteristiche TC, RM e angiografiche sono state analizzate per fornire gli strumenti per una corretta diagnosi.
CONCLUSIONINei pazienti con emorragia intracranica non traumatica, senza fattori di rischio per sanguinamento (in particolare, storia di terapia anticoagulante o antiaggregante), la presenza di un meningioma deve essere considerata nella diagnosi differenziale, sebbene rara. La RM, rappresenta l'approfondimento diagnostico elettivo da integrare con la TC, per individuare il meningioma sottostante. Il ruolo diagno-stico dell'Angiografia è occasionale.
4. Alterazione di segnale della corteccia adiacente ed impregnazione marginale dopo
MDC paramagnetivo ("Peripheral RIM SIGN"): segni utili per la diagnosi differenziale
tra metastasi cerebrali e gliomi di alto grado nello studio RM convenzionale?

Khader L.
Autori: Khader L. , Iorio G.*, Scala F.°, Grazzini I. , Servillo R. , Galluzzi P.§,
Monti L.§, Cerase A.§, Muccio C.F.**
( Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze, Uni-
versità di Siena; *UOC Neurochirurgia, Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliera di
Rilievo Nazionale "G. Rummo", Benevento; °Biologo, Libero Professionista, §UOC Neuroimma-
gini e Neurointerventistica, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Neurosensoriali, Azienda
Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico "Santa Maria alle Scotte", Siena, **UOC Neurora-
diologia, Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale "G. Rummo",
Benevento)

OBIETTIVOMetastasi cerebrali (CMs) e gliomi di alto grado (HGGs) possono apparire come lesioni uniche, solide e con impregnazione dopo mezzo di contrasto paramagnetico (mdc) alla Risonanza Magnetica (RM). La diagnosi differenziale è difficile e richiede comunque l'approccio neurochirurgico per la diagnosi istologica. Lo scopo dello studio è stato valutare l'utilità del "segno del margine periferico" ("peripheral rim sign" - PRS) di impregnazione dopo mdc alla RM e dell'alterazione di segnale senza impregnazio-ne dopo mdc della corteccia perilesionale nelle immagini FLAIR T2-dipendenti.
MATERIALI E METODI E' stato condotto uno studio retrospettivo su 33 CMs e 28 HGGs per valutare la frequenza del PRS tra i due gruppi, confrontata mediante Test esatto di Fisher.
La presenza del PRS è stata confrontata con la presenza nelle immagini FLAIR T2-dipendenti nelle con-dizioni di base di alterazione di segnale della corticale adiacente alla lesione ma senza impregnazione dopo mdc.
RISULTATIIl PRS è stato osservato in 26 su 33 CMs (78,8%) ed in 9 su 28 (32,1%) HGGs con differenza signifi-cativa (p <0,05) tra gruppi. Sensibilità e specificità del PRS nel gruppo CMs sono state del 78,7% e del 70%, rispettivamente.
Il gruppo HGGs ha mostrato con frequenza superiore (p <0,05) l'alterazione FLAIR T2 che, associata IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI al PRS, ha presentato specificità del 97% e sensibilità del 21%.
CONCLUSIONIIl PRS è risultato più frequentemente associato alle CMs. Tuttavia, l'associazione del PRS con un'alte-razione di segnale della corteccia perilesionale nelle immagini FLAIR T2-dipendenti è stata più spesso e specificamente osservata nei HGGs.
Questa evidenza sembra incrementare le possibilità diagnostiche dello studio RM standard dell'ence-falo e andrà confrontata con le opportunità offerte dalle sequenze RM cosiddette "funzionali" (diffu-sione con misura del coefficiente di diffusione apparente, spettroscopia e perfusione).
5. "Pictorial essay": diagnosi neuroradiologica delle vasculiti del sistema nervoso centrale
Khader L.
Autori: Khader L. , Grazzini I. , Servillo R. , Di Giacomo L. , Arrigucci U.*,
Zandonella A.*, Ferrara M.*, Bellini M.*, Galluzzi P.*, Monti L.*, Cerase A.*
( Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze mediche, chirurgiche e neuroscienze, Uni-
versità di Siena, *UOC Neuroimmagini e Neurointerventistica, Dipartimento di Scienze Neurolo-
giche e Neurosensoriali, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico "Santa Maria alle
Scotte", Siena)

OBIETTIVOLe vasculiti del Sistema Nervoso Centrale (SNC) sono un gruppo eterogeneo di patologie infiammatorie che colpiscono le pareti dei vasi sanguigni, con o senza necrosi, e che possono portare a ostruzione del lume, alterazione del tono vascolare e alterata coagulazione. Tale infiammazione vascolare può essere parte di una malattia sistemica, essere limitata al SNC, oppure secondaria a infezioni, neoplasie, farmaci o terapia radiante. Nella maggior parte delle vasculiti l'eziopatogenesi è sconosciuta e queste possono manifestarsi con un ampio spettro di sintomi neurologici e sistemici. Solo il corretto inquadra-mento clinico e neuroradiologico consente la diagnosi e la relativa pianificazione terapeutica.
MATERIALI E METODIPresentare una rassegna iconografica di Neuroradiologia di pazienti affetti da vasculiti cerebrali (vascu-lite primitiva, arterite tubercolare, granulomatosi di Wegener, malattia di Beçhet, abuso di droga, etc.) e le principali diagnosi differenziali. Sono discusse le caratteristiche neuroradiologiche (Tomografia Computerizzata-TC, Risonanza Magnetica-RM ed Angiografia) tipiche e meno tipiche, per identificare un work-up diagnostico.
"TAKE HOME MESSAGES"La TC, spesso metodica di prima istanza, soprattutto nelle condizioni di urgenza, permette di identi-ficare lesioni emorragiche acute e le più franche lesioni ischemiche; grazie all'impiego di mezzo di contrasto (mdc) iodato, lo studio Angio-TC e quello Perfusione-TC sono in grado di dare informazioni aggiuntive sull'anatomia e sulla dinamica vascolare. La RM è la metodica di scelta nella valutazione di aree ischemiche, emorragiche (anche grazie all'au-silio di sequenze T2* e SWI) e gliotiche della sostanza bianca e grigia e consente lo studio vascolare e della perfusione cerebrale tramite Angio-RM e tecniche di Perfusione-RM sia senza che con mdc paramagnetico ev. L'Angiografia resta il "gold standard" per le più fini alterazioni dei vasi cerebrali.
La biopsia cerebrale / leptomeningea mantiene il fondamentale ruolo di conferma e definizione della diagnosi, soprattutto se sono coinvolti i piccoli vasi al di sotto del potere diagnostico di TC, RM ed Angiografia.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 6. Alterata connettività nel circuito Cerebello-Talamo-Corticale nel Tremore Essenziale:
evidenze da uno studio di Risonanza Magnetica funzionale a riposo

Nicoletti V.
Autori: Nicoletti V. , Pesaresi I.°, Fabbri S.°, Bonuccelli U. , Cosottini M.*,
Ceravolo R.
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale-Dipartimento Neuroscienze, Università di
Pisa; *Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie Chirurgiche e Mediche, Univer-
sità di Pisa, °U.O. Neuroradiologia, Ospedale S. Chiara)

INTRODUZIONE. Il Tremore Essenziale (TE) è uno dei disturbi neurologici più frequenti ed è carat-terizzato dalla presenza di tremore posturale e cinetico a livello degli arti superiori. Evidenze elet-trofisiologiche prima e di imaging funzionale dopo hanno consolidato l'ipotesi del ruolo del circuito Cerebello-Talamo-Corticale nella patogenesi di questo disturbo. La sorgente dell'attività oscillatoria, tuttavia, rimane ancora non nota ed esistono evidenze a supporto della centralità di ciascuna delle strutture componenti il "circuito del tremore". L'uso della Risonanza Magnetica (RM) funzionale a riposo consente di studiare questo sistema motorio senza l'azione confondente delle modificazioni dell'effetto BOLD legate all'esecuzione di un task.
OBIETTIVO. Valutare il "circuito del tremore" nei pazienti con TE rispetto ai controlli sani in condizio-ni di riposo.
METODI. 23 pazienti con diagnosi di TE definito o probabile e 23 controlli sani sono stati sottoposti ad un esame di RM ad alto campo (3T) con acquisizione di una sequenza funzionale di resting state durante la quale i soggetti sono stati invitati a mantenere gli occhi chiusi. La connettività è stata investi-gata con metodo seed-region. Le Regioni di Interesse (ROI) sono state disegnate sulla base della mappa di attivazione ottenuta dal confronto tra controlli sani e pazienti con TE in un precedente studio di RM funzionale task-related (Controlli >TE). Queste erano localizzate nella corteccia motoria primaria (M1), nell'area supplementare motoria (SMA), nella corteccia somatosensitiva e nel talamo di sinistra e nell'emisfero cerebellare di destra. Le mappe di correlazione statistica ottenute per ogni ROI e per ogni soggetto sono state registrate all'atlante MNI (Montreal National Institute) prima dell'analisi di gruppo; quindi con l'applicazione Fixed Effect del software FSL (FMRIB Software Library) con correzione per confronti multipli sono state ottenute le mappe di differenza tra gruppi. Risultati. Rispetto ai controlli sani, i pazienti con TE hanno mostrato:- ridotta connettività della corteccia motoria primaria di sinistra con le aree premotorie, la SMA, l'area somatosensitiva e le aree parietali bilateralmente (più a sinistra) e con il cervelletto (lobuli IV/V e V) di destra;- aumentata connettività dell'area somatosensitiva con le aree parietali posteriori così come con M1, la corteccia premotoria e la SMA bilateralmente (più a sinistra);• aumentata connettività della SMA con le aree premotorie e ridotta connettività di questa stessa ROI con M1, aree parietali, nuclei putamen e globus pallido di sinistra• ridotta connettività degli emisferi cerebellari tra loro;• ridotta connettività tra cervelletto (lobuli IV/V e VI) di destra e M1, SMA, aree premotorie, aree so-matosensitive;• aumentata connettività del talamo con cervelletto.
DISCUSSIONE. I dati emersi da questo studio confermano che non è possibile individuare un attore principale nella generazione dell'attività oscillatoria patologica all'interno del circuito del tremore. E' possibile che il tremore sia la conseguenza di un'alterazione nell'interazione tra le varie strutture del network, di una compromissione dell'integrità funzionale del circuito. I pazienti con TE presentano IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI anzitutto una ridotta connettività bidirezionale tra corteccia motoria e cervelletto. Questo dato è in accordo con recenti studi di RM funzionale task-guidati che hanno messo in evidenza una riduzione della connettività funzionale tra le aree motorie del cervelletto e la corteccia motoria cerebrale. L'al-terata connettività tra le aree corticali sensitive e motorie potrebbe essere espressione di un alterato processo di integrazione corticale. L'aumentata connettività tra talamo e cervelletto e la ridotta con-nettività all'interno del cervelletto stesso sono in accordo con il ruolo cruciale di queste strutture nella generazione del tremore.
7. Esistono shunt arterovenosi nell'arterite di Takayasu?
Descrizione di una rara associazione tra arterite di Takayasu, retto colite ulcerosa e fistola
artero-venosa del plesso cervicale

Servillo R.
Autori: Servillo R. , Khader L. , Grassini I. , Acampa M.°, Galluzzi P.*, Ferrara
M.*, Bellini M.*, Cerase A.*, Monti L.*
( Sezione di Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuro-
scienze, Università di Siena; *UOC Neuroimmagini e Neurointerventistica, Dipartimento Scien-
ze Neurologiche e Neurosensoriali, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico "Santa
Maria alle Scotte", Siena;°UOC Stroke Unit, dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliera
Universitaria Senese, Policlinico "santa Maria alle Scotte" Siena)

OBIETTIVO:L'arterite di Takayasu è una panarterite granulomatosa infiammatoria cronica ad orgine sconosciuta che coinvolge le arterie di medio e grande calibro; colpisce principalmente le giovani donne Asiatiche mentre l'incidenza in Europa e negli USA è molto bassa. L'associazione con la retto colite ulcerosa è stata riportata solo in 50 casi, la metà dei quali nelle donne Asiatiche.
L'integrazione dei dati anamnestici e dei reperti neuroradiologici può guidare una corretta diagnosi e un management terapeutico ottimale del paziente.
MATERIALE E METODI:Donna di 29 anni, caucasica con storia progressiva, da 9 mesi, di dolore al collo in regione laterale de-stra, inquadrata inizialmente come sospetta dissezione. In anamnesi presentava diagnosi di rettocolite ulcerosa (RCU) dall'età di 14 anni, trattata con mesalazina e corticosteroidi. Prima dell'insorgenza dei sintomi la paziente aveva intrapreso terapia con infliximab, poi sospesa. Clinicamente si rilevava caro-tidodinia, claudicatio degli arti superiori con assenza del polso a sinistra; l'esame obiettivo neurologi-co era nei limiti della norma. L'ecocolordoppler ha permesso di evidenziare ispessimento concentrico ipoecogeno della parete della carotide comune ed interna destra, con scomparsa delle interfacce tra intima e lume ed avventizia e tessuti perivascolari, e la presenza di stenosi severa con assenza di flusso (stump-flow); la valutazione del circolo posteriore ha evidenziato la presenza di flusso anomalo, artero-venoso a livello di un plesso venoso cervicale a destra, reperto sospetto per fistola artero-venosa. Posta l'ipotesi diagnostica di arterite dei grandi e medi vasi, l'iter diagnostico è stato completato mediante angiografia e nuova valutazione RM. L'RM ha permesso di evidenziare l'aspetto ad anelli concentrici dei vari strati della parete vasale e del lume, con iperintensità in T2 sia del complesso medio-intimale che dei tessuti perivascolari e, grazie all' Angio-RM con mezzo di contrasto, multifasica, la presenza di flusso precoce a livello del plesso venoso cervicale e l'interessamento delle arterie succlavie, maggiore a sinistra. L'angiografia ha confermato la diagnosi.
CONCLUSIONI:La positività dell'HLA B44, B52, DR15(2) e DR16(2), riscontrata nel nostro caso, ha confermato e convalidato l'associazione tra RCU con l'arterite di Takayasu. Dalla attenta analisi anamnestica e della IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI letteratura è emersa anche la possibilità dell'associazione tra Infliximab ed arterite, come possibile co-fattore scatenante. L'ecocolordoppler si è rilevato esame fondamentale nello studio della parete vasale e del flusso che ha permesso di orientare la diagnosi verso una patologia infiammatoria vasale anziché disseccativa e di porre l'ipotesi di una fistola arterovenosa. L'RM e l'Angio-RM con mezzo di contrasto ha dimostrato, grazie alle acquisizioni multifasiche, la fistola arterovenosa a carico del plesso venoso cervicale così come il dettaglio della alterazione parietale con individuazione sia dell'ispessimento medio intimale che dell'infiltrato avventiziale.
La corretta diagnosi ha permesso di impedire, a fronte di un quadro subocclusivo dell'a. carotide in-terna destra, sia la progressione in occlusione dell'a.carotide interna stessa sia deficits neurologici. La scelta, infatti, di una terapia mirata e calibrata sui reperti neuroradiologici ha permesso:1) il recupero di circa il 40% del calibro dell'a.carotide interna;2) la scomparsa del dolore e 3) la prevenzione di deficit neurologici in una giovane donna di 29 anni.
8. Case report di aneurisma dell'arteria basilare emorragico trattato con WEB
Rosi A.
Autori: Rosi A., Consoli A., Renieri L., Limbucci N, Nappini S., Mangiafico S.
(SOD Interventistica Neurovascolare, AOU Careggi Firenze)
Il trattamento degli aneurismi cerebrali emorragici, anche in considerazione dei risultati di letteratura (ISAT trial), è ormai in prima istanza endovascolare nella maggior parte dei centri, laddove non sussi-stano comorbidità che necessitano un intervento neurochirurgico "open" oppure condizioni anatomo-cliniche che rendano l'intervento endovascolare più rischioso di quello neurochirurgico.
Quanto detto vale in particolare per gli aneurismi del circolo posteriore per molteplici motivi, quali ad esempio la posizione, la difficoltà di accesso e la posizione rispetto alle strutture nervose della fossa cranica posteriore. Tra gli aneurismi emorragici, quelli che presentano una larga base di impianto sull'arteria dalla qua-le originano pongono dei fattori di difficoltà addizionali per il trattamento endovascolare in quanto necessitano dell'utilizzo di tecniche di embolizzazione assistita (da palloncini o da stent) per il con-tenimento delle spirali nella sacca aneurismatica; tuttavia l'impianto di uno stent in un paziente emor-ragico deve essere sempre considerato con attenzione in quanto ne consegue la necessità di instaurare una terapia con doppia antiaggregazione, che potrebbe aggravare ulteriori sanguinamenti.
Da alcuni anni è in commercio il device intrasacculare WEB, che permette di ottenere una "flow di-sruption" all'interno dell'aneurisma inducendo il rallentamento del flusso intraneurismale con conse-guente trombosi ed esclusione della sacca dal circolo. Uno dei vantaggi di questo device è che non necessita di una terapia antiaggregante dopo l'impianto. Le serie di trattamenti con WEB pubblicate in letteratura hanno compreso anche casi di aneurismi rotti riportando un buon profilo di sicurezza. Presentiamo il primo caso di un aneurisma rotto trattato con WEB dalla SOD Interventistica Neurova-scolare dell'AOU Careggi. Una donna di 66 anni con emorragia subaracnoidea da aneurisma di bifor-cazione dell'apice dell'arteria basilare di circa 9.5 x 7 x 8.5 mm, a larga base d'impianto (circa 7 mm), con le arterie cerebrali posteriori ad origine dal colletto ed un bleb sul fondo della sacca. L'aneurisma è stato trattato in data 20/02/16 con l'impianto di un WEB, che ha permesso di evitare l'unica alternativa che sarebbe stata l'embolizzazione con 2 stent Y e spirali. Il decorso successivo è stato regolare e senza complicanze. Verranno discusse le indicazioni ed i risultati del controllo programmato angiografico ad 1 mese dall'intervento.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 1. Rituximab in polyneuropathy with anti MAG and anti sulphatide antibodies. The Floren-
ce experience

Barilaro A.
Autori: Barilaro A. , Matà S. , Pradella S.* , Massacesi L. *, Sorbi S. *
( Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Neurologia1 e 2.; *Università degli Studi di Firenze,
Dipartimento Neuroscienze)

From many years, the anti-CD20 monoclonal antibody rituximab has been widely used in inpatient clinics for the treatment of autoimmune central and peripheral neuronal diseases.
In many cases the treatment was prescribed off-label, i.e. in MGUS related paraproteinemic IgG neu-ropathy, multifocal motor neuropathy, antiAChR+ and antiMuSK+ myasthenia gravis . Here we report our the local experience of rituximab treatment in polyneuropathy with anti MAG and anti sulphatide antibodies. In the last 6 years, according to the regional law 836/2008, 13 patients with peripheral neuropathy , 12 affected by MGUS IgM and 1 by MGUS IgG, were treated with rituximab. In 12 out of 13 a clinically stable course or improvement was observed. One serious adverse event, requiring hospitalization, characterized by serum sickness-like reaction was registered. However after failure of alternative tre-atments, rituximab treatment was restarted with proper risk minimization strategies.
Overall rituximab treatment resulted safe and effective in controlling disease progression in most pa-tients. Rituximab in patients with chronic inflammatory demyelinating polyradiculoneuropathy: a report of 13 cases and review of the literature. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2011 Mar;82(3):306-8BIBLIOGRAPHYLéger JM1, Viala K, Nicolas G, Créange A, Vallat JM, Pouget J, Clavelou P, Vial C, Steck A, Musset L, Marin B; RIMAG Study Group (France and Switzerland). Placebo-controlled trial of rituximab in IgM anti-myelin-associated glycoprotein neuropathy.Neurology. 2013 Jun 11;80(24):2217-25.
Gruson B, Ghomari K, Beaumont M, Garidi R, Just A, Merle P, Merlusca L, Marolleau JP, Royer B.Long-term response to rituximab and fludarabine combination in IgM anti-myelin-associated glycoprotein neuropathy.
J Peripher Nerv Syst. 2011 Sep;16(3):180-5. Iancu Ferfoglia R, Guimarães-Costa R, Viala K, Musset L, Neil J, Marin B, Léger JM.
Long-term efficacy of rituximab in IgM anti-myelin-associated glycoprotein neuropathy: RIMAG fol-low-up study.
J Peripher Nerv Syst. 2016 Mar;21(1):10-4. doi: 10.1111/jns.12156.
Benedetti L1, Briani C, Franciotta D, Fazio R, Paolasso I, Comi C, Luigetti M, Sabatelli M, Giannini F, Mancardi GL, Schenone A, Nobile-Orazio E, Cocito D.
2. Le miotonie non distrofiche
Ricci G.
Autori: Ricci G., Simoncini C., Montano V., Chico L., Siciliano G.
(Clinica Neurologica, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa, Pisa)
Le miotonie non distrofiche, definite anche canalopatie muscolari, sono malattie genetiche in cui il IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI difetto, che interessa un canale ionico della membrana della fibrocellula cellulare, determina un'al-terazione dell'eccitabilità e della conduzione delle correnti ioniche a cavallo della membrana, con conseguente irregolarità della contrazione muscolare volontaria e caratteristici fenomeni di rigidità (miotonia) o paralisi. Le canalopatie muscolari vengono classificate in Miotonia di Thomsen, Miotonia di Becker, Miotonia aggravata dal potassio, Paramiotonia congenita. Esistono poi forme il cui difetto causa una paralisi muscolare, quali la Paralisi periodica iperkaliemica, ipokaliemica o normokaliemi-ca. Lo spettro di manifestazioni cliniche varia dalla miotonia pura, a miotonia con episodi di debolez-za, a paralisi e presenza di qualche piccolo segno miotonico, alla paralisi pura. Esistono alcune terapie che agiscono sui sintomi in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti. Nella pratica clinica si è riscontrato un beneficio sulla miotonia con la terapia con Mexiletina. E' necessario che il paziente sia seguito nel tempo con controlli periodici per valutare di volta in volta l'evoluzione della malattia e l'eventuale aggiustamento terapeutico.
3. Next-generation sequencing nella diagnostica delle CMT
Capocitti G.
Autori: Capoccitti G. , Fallerini C.*, Mencarelli M.A.*, Rufa A.°, Malandrini A.°,
Federico A.°, Rossi A. , Giannini F. , Renieri A.*
( UOC Neurologia e Neurofisiologia Clinica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena;
*UOC Genetica Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena; °UOC Neurologia e
Malattie Neurometaboliche, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena)

La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) rappresenta la più comune neuropatia ereditaria, con una prevalenza di 1 ogni 1216 abitanti. Il fenotipo clinico più comune è caratterizzato da atrofia ed ipo-stenia distali, ma numerosi e diversamente associati possono essere i tipi di presentazione, il grado di invalidità e la progressione di malattia.
Attualmente sono stati individuati più di 80 geni associati e tale numero è destinato ad aumentare gra-zie alle nuove metodiche di diagnostica molecolare. In particolare, il panorama genetico delle CMT è completamente cambiato, grazie soprattutto all'avvento di nuove tecnologie quali la Next Generation Sequencing (NGS). Questa tecnica permette il sequenziamento di ampie porzioni di DNA, consen-tendo di analizzare molti geni causativi la CMT in più pazienti contemporaneamente. Tali metodiche stanno progressivamente sostituendo i più indaginosi e costosi test genetici convenzionali.
La U.O.C. Genetica Medica, in collaborazione con gli specialisti neurologi dell'AOUS, ha approntato un pannello NGS personalizzato, contenente 28 dei geni più comunemente associati a diverse forme di neuropatie ereditarie e spesso responsabili di quadri clinici complessi. La lista dei geni analizzati comprende MPZ, MFN2, PMP22, GJB1, GARS, NEFL, GDAP1, NDRG1, LITAF, MTMR2, EGR2, FGD4, PRX, FIG4, DYNC1H1, PLEKHG5, TRPV4, SETX, DNM2, YARS, PRPS1, SH3TC2, BSCL2, HSPB1, HSPB3, HSPB8, DCTN1, IGHMBP2. L'innovazione apportata da queste tecnologie non è però priva di problematiche, per il riscontro di un grande numero di varianti comuni o rare o mutazioni non precedentemente descritte. Il significato patogenetico di queste varianti può presentare difficoltà di interpretazione, nonostante il crescente utilizzo ed il continuo aggiornamento di database genetici internazionali. Fra tutti i 43 pazienti fino ad oggi esaminati con questo NGS panel, presentiamo i dati relativi a 3 pazienti sporadici (due di difficile inquadramento fenotipico).
Il primo caso è relativo ad una donna di 57 anni, con insorgenza dall'età di 40 anni di ipostenia distale agli arti inferiori a lenta progressione. In altre sedi veniva dapprima diagnosticata come Atrofia Mu-scolare Spinale e successivamente, dopo la comparsa di diplopia transitoria, come Miastenia Gravis. All'EMG si evidenziavano reperti compatibili con neuropatia assonale motoria pura agli arti inferiori (lunghezza-dipendente). L'analisi NGS ha rivelato la presenza di una mutazione missenso nel gene IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI MFN2 (CMT2A), molto raramente associato a fenotipo motorio puro.
Il secondo caso è relativo ad una donna di 39 anni con insorgenza dall'età di 34 anni di ipostenia distale diffusa, ipoestesia e parestesie, altrove diagnosticata come CIDP e trattata con IVIg. All'EMG si confermava un fenotipo mielinico sensitivo-motorio ai quattro arti, e l'analisi NGS mostrava una mu-tazione missenso nel gene MPZ (CMT1B).
Il terzo caso è relativo ad una donna di 53 anni, con insorgenza dall'età di 21 anni di ipostenia distale e parestesie agli arti inferiori, con coinvolgimento asimmetrico degli arti superiori. In seguito al riscontro di lesioni MRI della sostanza bianca periventricolare era stata ipotizzata una Sclerosi Multipla asso-ciata. L'EMG mostrava reperti di incerta interpretazione fra assonopatia e forma intermedia e l'analisi NGS evidenziava una delezione non frameshift nel gene DNM2 (DI-B CMT).
Tutte e 3 le mutazioni sono riportate come patogenetiche e pertanto la diagnosi molecolare ha con-fermato il sospetto clinico con tempi e costi nettamente inferiori rispetto a quelli che sarebbero stati necessari con le tradizionali metodiche di analisi. 4. Miastenia Gravis AchR-e Musk+ associato a massa mediastinica. Case report
Casagrande S.
Autori: Casagrande S. , Barilaro A.*, Carlucci G. *, Sodero A. , Galmozzi F. , Massacesi L. *
( Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Neurofarba, Azienda Ospedaliero Universita-
ria Careggi; *Azienda Ospedaliero Universitaria, Clinica Neurologia II)

La miastenia gravis associata ad anticorpi anti-MuSK rappresenta circa un terzo dei casi delle forme con assenza di anticorpi anti recettore dell'acetilcolina (AchR).
Riportiamo il caso di una giovane donna di 23 anni che ha presentato disfagia e disfonia ingravescenti associate a fluttuante ipostenia della muscolatura prossimale dell'arto superiore destro, in assenza di segni clinici oculari. Lo studio elettromiografico mostrava un decremento al test di Desmedt suggesti-vo per un'alterazione della conduzione post-sinaptica. In attesa del dosaggio degli anticorpi anti AchR veniva iniziato trattamento con anticolinesterasici e corticosteroidi solo con modesto miglioramento del quadro strumentale e stabilizzazione del quadro clinico. La TC torace documentava impregna-zione del mediastino anteriore compatibile con iperplasia timica/timoma. Il dosaggio dei marcatori tumorali evidenziava un lieve incremento dei livelli di alfafetoproteina. Il dosaggio degli anticorpi anti Ach-R è risultato negativo. Successivamente è comparso peggioramento della funzione respiratoria. Per tale motivo nonostante l'atipicità della presentazione clinica, la scarsa risposta alla terapia corticosteroidea e la presenza di alterazione timica, la paziente è stata trattata con ciclo di plasmaferesi ed immunoglobuline endovena con netto miglioramento clinico. Dopo tale trattamento è giunto il risultato del dosaggio degli anticorpi anti-MuSK, risultato positivo. In considerazione della stabilità del quadro clinico e, come riportato in letteratura, della scarsa rispo-sta delle forme anti MuSK-positive alla timectomica è stato deciso di non sottoporre la paziente a tale procedura e di monitorare il quadro con stretto follow-up clinico radiologico.
BibliografiaGilhus NE, Verschuuren JJ. Miastenia gravis: subgroup classification and therapeutic strategies. Lancet Neurol. 2015; 14:1023-1036Marx A, Pfister F, Schalke B et al. The different roles of the thymus in the pathogenesis of the various myasthenia gravis subtypes. Autoimmun Rev. 2013; 12:875-884Guptill JT1, Sanders DB, Evoli A. Anti-MuSK antibody myasthenia gravis: clinical findings and response to treatment in two large cohorts. Muscle Nerve. 2011; 44:36-40. IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 5. Associazione tra diverse forme di miastenia gravis e altre malattie autoimmuni
De Rosa A.
Autori: De Rosa A. , Maestri M.*, Bonuccelli U. *, Ricciardi R.*°
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Neurologia, Università di Pisa;
*UO Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana; °Di-
partimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica, Università di Pisa)

INTRODUZIONELa miastenia gravis (MG) dovrebbe essere considerata una malattia eterogenea; allo stato attuale pos-siamo infatti identificare diverse forme immunologiche e cliniche di malattia in base al profilo an-ticorpale, all' età di esordio e alla presenza o all'assenza di patologie del timo. I pazienti con MG possono essere suddivisi in soggetti con anticorpi anti- recettore dell'acetilcolina (AChRAb+), pazienti con anticorpi specifici contro la tirosina chinasi muscolare (MuSK+) e pazienti con doppia negatività anticorpale. Tra i pazienti AChRAb+ e timoma, possiamo identificare una MG ad insorgenza precoce (EO-MG, prima dei 40 anni di età) ed una MG ad insorgenza tardiva.
La poliautoimmunità è definita come la presenza di più di una malattia autoimmune (AD) in un pa-ziente. L'associazione tra MG e altre malattie autoimmuni (AD) è ben nota, ma i dati sulla prevalenza di questa associazione nei diversi sottotipi di MG, in particolare nei pazienti MuSK+, sono scarsi. Scopo di questo studio è stato quello di valutare la prevalenza di questo fenomeno in un gruppo di pazienti miastenici.
MATERIALI E METODINella nostra popolazione di circa 5000 pazienti con MG, abbiamo preso in considerazione un cam-pione di 500 soggetti consecutivi. Tutti i pazienti sono stati classificati secondo la classificazione MGFA. Sono stati inoltre considerati lo stato clinico e la terapia. La presenza di altre malattie autoim-muni è stata valutata anamnesticamente in base alla storia medica del singolo paziente.
RISULTATIAbbiamo rilevato una minore prevalenza di altre malattie autoimmuni nei pazienti MuSK+ rispetto ai pazienti AChrAb+ . Tra i pazienti AChRAb+ non è stata inoltre evidenziata alcuna differenza significa-tiva tra i sottogruppi anche se si rileva una prevalenza maggiore nelle MG ad esordio precoce rispetto a quelle ad esordio tardivo e nei pazienti con MG e timoma. Le poliautoimmunità erano prevalenti nel sesso femminile. Non abbiamo visto invece alcuna correlazione tra poliautoimmunità e stato clinico del paziente. Tra le malattie associate, le patologie della tiroide sono le più frequenti.
CONCLUSIONILa miastenia con anticorpi anti-MuSK+ sembra essere associata a una minore incidenza di poliau-toimmunità rispetto alla forma AChRAb+. Inoltre, la presenza di altre malattie autoimmuni non appare correlata ad una prognosi peggiore, anche se sono necessari studi longitudinali.
6. L'ultrasonografia muscolare come ulteriore strumento nella valutazione della funzione
diaframmatica nella sclerosi laterale amiotrofica

Del Gamba C.
Autori: Del Gamba C. *, Bocci T. *, Giorli E. *, Di Rollo A.*, Barloscio D. *, Parenti L. *, Santin
M.*, Rossi B.°, Dolciotti C.°, Cavalli L.°, Pelagatti A.°, Bongioanni P.°, Sartucci F. *°§.
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Unità di Neurofisiopatologia, Università di
Pisa, Pisa; *DAI di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP), Pisa; °U.O.
Neuroriabilitazione, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP), Pisa; §Istituto di Neuro-
scienze, CNR, Pisa)

INTRODUZIONE E BACKGROUND: L'insufficienza respiratoria è una tappa evolutiva costante nei IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI pz. con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e causa comune di morte. Tradizionalmente la funzione diaframmatica nelle malattie neuromuscolari viene indagata mediante esame elettromiografico del m. diaframma (MD) ed elettroneurografico del n. frenico. Nel nostro lavoro scientifico è stata studiata l'utilità dell'ultrasonografia muscolare (USM), per la valutazione morfologica (spessore ed ecogenicità) e funzionale (modificazioni durante la dinamica respiratoria) del MD, ed i reperti sono stati correlati con i test di funzione respiratoria ed i punteggi di gravità della malattia, per vedere se tale approccio strumentale possa sostituire l'elettrodiagnostica classica ed evitare disagi ai pz. con SLA.
MATERIALI E METODI. Sono stati indagati 11 pz. con SLA (9 m e 2 f, età media: 63.9 + 9.5 aa), seguiti presso l'U.O. di Neuroriabilitazione dell'AOUP e giunti consecutivamente a visita periodica ambu-latoriale. Come controllo è stato usato un gruppo di soggetti sani volontari, omogenei per età e sesso con i pz. Le indagini sono state effettuate su ecografo Telemed Echo-wave II, con pz. distesi su lettino o seduti in carrozzina.
RISULTATI. Lo spessore medio del diaframma a riposo è risultato ridotto in tutti i pz. indagati (2.18 vs 3.45 mm); le variazioni di spessore durante la dinamica respiratoria ugualmente ridotte (0.4 vs 1.16 mm), e nei casi più gravi abolite (pattern osservato in 3 casi). Talora è stato possibile rilevare potenziali di fascicolazione; difficilmente fibrillazioni. La valutazione dello spessore del diaframma nei pz affetti da SLA non correlava con la capacità vitale forzata (FCV), la ventilazione massimale, la massima pres-sione inspiratoria ed espiratoria.
CONCLUSIONI. L'USM del diaframma si è rivelata metodica di facile e rapida esecuzione, priva di discomfort ed assolutamente scevra da rischi, al contrario dell'elettromiografia, talora dolorosa e disagevole ed a rischio di pneumotorace, in grado di fornire ulteriori informazioni sia strutturali sia funzionali, utili per comprendere il ruolo del MD ed il grado di insufficienza respiratoria nei pz con SLA, nonché di predire l'avvento o la presenza dell'insufficienza respiratoria, consentendo così di pre-disporre tempestivamente adeguate misure terapeutiche.
7. L'ultrasonografia dei tronchi nervosi (USN) nelle neuropatie ereditarie sensitivo-motorie
(HMSN tipo I)

Giorli E.
Autori: Giorli E. *, Bocci T. *, Di Rollo A.*, Del Gamba C. *, Bartolotta
M. *, Barloscio D. *, Parenti L. *, Santin M.*, Sartucci F. *°
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Unità di Neurofisiopatologia, Università di
Pisa, Pisa; *DAI di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP), Pisa; °U.O.
Neuroriabilitazione, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP), Pisa; §Istituto di Neuro-
scienze, CNR, Pisa)

INTRODUZIONE E BACKGROUND: le neuropatie ereditarie sensitivo-motorie (HMSN) presentano spesso un insieme di ardue problematiche all'elettrodiagnosi (EDx). Sebbene siano disponibili test genetici per la maggior parte dei sottotipi, l'EDx svolge ancora un ruolo insostituibile nell'indirizzare verso i più appropriati test diagnostici, soprattutto nelle forme ancora prive di test genetici disponibili in commercio. Nonostante la classica suddivisione in demielinizzanti ed assonali, molte forme di Charcot-Marie-Tooth (CMT) non sono di facile diagnosi, e l'USN può rendere tale distinzione un po' più facile. In aggiunta, la presenza di una neuropatia sottostante può complicare la diagnosi di sovrap-poste s. da intrappolamento. Pertanto con l'USN, può aiutare nella diagnosi differenziale di queste patologie.
MATERIALI E METODI. Sono stati indagati 4 pz. con HMSN tipo I (2 M e 2 F, età media: 53 + 7,4 aa), pervenuti ambulatorialmente o seguiti presso la SD Neurofisiopatologia dell'AOUP. Come valori di controllo sono stati usati quelli propri del laboratorio, ottenuti in soggetti sani volontari, omogenei per IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI età e sesso con i pz. Le indagini sono state eseguite con ecografo Telemed Echo-wave II, con pz. distesi su lettino o seduti in carrozzina; in particolare è stata valutata l' area dei tronchi nervosi in sezione trasversale (CSA, crossed section area).
RISULTATI. Le dimensioni medie dei tronchi nervosi sono risultate diffusamente aumentate in tutti i tronchi indagati agli arti superiori ( x mm2 vs mm2); anche il n. vago è risultato aumentato. Agli arti inferiori spesso i tronchi nervosi erano dimensionalmente ridotti.
CONCLUSIONI. L'US dei tronchi nervosi fornisce informazioni sul tipo di neuropatia (demielinizzante o assonale). I dati in letteratura concernenti l'USN sono ancora limitati, anche se vi è un comune ac-cordo su un diffuso aumento volumetrico.
INTRODUZIONE E BACKGROUND: le neuropatie ereditarie sensitivo-motorie (HMSN) presentano spesso un insieme di ardue problematiche all'elettrodiagnosi (EDx). Sebbene siano disponibili test genetici per la maggior parte dei sottotipi, l'EDx svolge ancora un ruolo insostituibile nell'indirizzare verso i più appropriati test diagnostici, soprattutto nelle forme ancora prive di test genetici disponibili in commercio. Nonostante la classica suddivisione in demielinizzanti ed assonali, molte forme di Charcot-Marie-Tooth (CMT) non sono di facile diagnosi, e l'USN può rendere tale distinzione un po' più facile. In aggiunta, la presenza di una neuropatia sottostante può complicare la diagnosi di sovrap-poste s. da intrappolamento. Pertanto con l'USN, può aiutare nella diagnosi differenziale di queste patologie.
MATERIALI E METODI. Sono stati indagati 4 pz. con HMSN tipo I (2 M e 2 F, età media: 53 + 7,4 aa), pervenuti ambulatorialmente o seguiti presso la SD Neurofisiopatologia dell'AOUP. Come valori di controllo sono stati usati quelli propri del laboratorio, ottenuti in soggetti sani volontari, omogenei per età e sesso con i pz. Le indagini sono state eseguite con ecografo Telemed Echo-wave II, con pz. distesi su lettino o seduti in carrozzina; in particolare è stata valutata l' area dei tronchi nervosi in sezione trasversale (CSA, crossed section area).
RISULTATI. Le dimensioni medie dei tronchi nervosi sono risultate diffusamente aumentate in tutti i tronchi indagati agli arti superiori ( x mm2 vs mm2); anche il n. vago è risultato aumentato. Agli arti inferiori spesso i tronchi nervosi erano dimensionalmente ridotti.
CONCLUSIONI. L'US dei tronchi nervosi fornisce informazioni sul tipo di neuropatia (demielinizzante o assonale). I dati in letteratura concernenti l'USN sono ancora limitati, anche se vi è un comune ac-cordo su un diffuso aumento volumetrico.
Mentre le modificazioni delle HMSN sono diffuse, le eventuali s. da intrappolamento sovrapposte si manifestano con un'area di focale aumento dimensionale permettendo una corretta diagnosi anche a fini terapeutici. È pertanto auspicabile nel futuro un uso routinario dell'USN come metodica di scree-ning per indirizzare ulteriori test EDx e genetici e nella valutazione delle sovrapposte s. da intrappo-lamento.
8. Tecniche neurofisiologiche integrate (ENG-EMG-ultrasonografia di nervo) nel percorso
diagnostico e di follow-up della neuropatia associata a granulomatosi eosinofila con po-
liangite

Molesti E.
Autori: Molesti E. , Scarpini C. , Innocenti E. , Gallerini S. , Marsili L. , Rossi F. , Marconi R.
( U.O.C. Neurologia, Azienda USL Toscana sud est, P.O. Misericordia, Grosseto)
La granulomatosi eosinofila con poliangite, meglio nota come Sindrome di Churg-Strauss (CSS), è una rara vasculite necrotizzante dei piccoli e medi vasi con interessamento sistemico associata a eosinofi-lia, asma bronchiale e da positività, nel 30-38% dei casi, di anticorpi anti citoplasma dei granulociti IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI neutrofili (ANCA) di sottotipo anti-mieloperossidasi.
Nel 50-78% dei casi si associa a coinvolgimento del sistema nervoso periferico manifestandosi con disestesia, dolore e debolezza muscolare a esordio improvviso.
Lo studio elettroneurofisiologico (ENG-EMG) risulta spesso determinante nell'orientamento diagnosti-co e utile nel monitoraggio strumentale della stabilizzazione o della progressione di malattia.
Negli ultimi anni si è andato sempre più consolidando il ruolo dell'ecografia di nervo periferico come esame strumentale integrativo allo studio neurofisiologico ENG-EMG.
Nonostante a oggi la letteratura scientifica sia relativamente ricca di contributi circa le caratteristiche ecografiche peculiari del nervo periferico nell'ambito delle varie neuropatie sia acquisite che eredita-rie, sono numericamente esigui i contributi che trattino il corrispettivo ultrasonografico nell'ambito della neuropatia associata a CSS.
Descriviamo i reperti strumentali ENG-EMG di 3 casi di CSS giunti alla nostra osservazione (di cui uno associato a fusione genica FIP1L1-PDGFR, fino a oggi mai descritta nella CSS) riportando, ove effettuato, i reperti ecografici ottenuti dallo studio ultrasonografico di nervo.
BIBLIOGRAFIAEmmi G, Silvestri E, Marconi R, Carrai V, Fanelli T, Zucchini P, Marasca R, Vannucchi A.M, Emmi L, Prisco D, Vaglio A. First report of FIP1L1-PDGFRa-positive eosinophilic granulomatosis with polyangi-itis. Rheumatology 2015; 54 (9):1751-3.
Greco A, Rizzo MI, De Virgilio A, Gallo A, Fusconi M, Ruoppolo G, Altissimi G, De Vincentiis M. Churg-Strauss syndrome. Autoimmun Rev. 2015;14 (4): 341-8.
Mouthon L, Dunogue B, Guillevin L. Diagnosis and classification of eosinophilic granulomatosis with polyangiitis (formerly named Churg Strauss syndrome). J Autoimmun 2014;48-49:99-103. 9. Sindromi neurologiche acute ad esordio insidioso: un caso di crisi miastenica
Piazza S.B.

Autori: Piazza S.B., Maremmani C., Petri M., Milanta S., Giuntini M., Orlandi G.
(UO Neurologia- Ospedale Apuane – Massa Carrara)
La miastenia è una patologia autoimmune, solitamente ad andamento cronico, non necessariamente progressivo, talora di difficile inquadramento diagnostico, in quanto caratterizzata da un corteo sin-tomatologico presente in altre condizioni morbose non tutte di interesse neurologico, raramente ad esordio acuto o con riacutizzazioni che mettono in pericolo di vita i pazienti che ne sono affetti.
Descriviamo il caso di un uomo di 67 anni affetto da cardiopatia ischemica con segni di scompenso cronico, ipertensione arteriosa, diabete mellito e dislipidemia, giunto al pronto soccorso per episodi di difficoltà nella deambulazione con ingravescente affaticabilità inquadrato inizialmente nel contesto della nota cardiopatia. Dimesso a domicilio il giorno stesso mentre pranzava ha presentato disfagia ad esordio acuto seguita da episodio di tipo lipotimico. Condotto nuovamente in pronto soccorso, da una raccolta più dettagliata dei dati anamnestici, è emerso che da alcuni mesi lamentava durante i pasti sensazione di difficoltoso transito oro-faringeo. Su specifica domanda riferiva anche che talora aveva avvertito anche un senso di debolezza a livello dei muscoli estensori del collo. In base a ciò, nel sospetto di una patologia della giunzione neuromuscolare, sono stati effettuati i dosaggi ematici per anticorpi anti recettore dell'acetilcolina e anti-musk, il test di Desmedt e la TC torace con mdc. Duran-te l'esecuzione della TC torace, dopo somministrazione di mdc, il paziente ha presentato insufficienza respiratoria, per cui si è resa necessaria l'intubazione orotracheale e il trasferimento in rianimazione. E' stata immediatamente iniziata terapia con immunoglobuline e prostigmina. Nei giorni seguenti le condizioni cliniche sono progressivamente migliorate ed è stata intrapresa terapia specifica a lungo termine. Nel frattempo il dosaggio anticorpale ha dato esito altamente positivo e la Tc Torace ha do- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI cumentato la presenza di timoma per cui è stata programmata timectomia. Il caso clinico sottolinea l'importanza di una raccolta anamnestica accurata già in pronto soccorso per il corretto e tempestivo inquadramento diagnostico di alcune sindromi neurologiche come la miastenia, specie in pazienti con comorbidità che possono in prima ipotesi giustificare la sintomatologia riferita. 10. Trattamento tempo dipendente nella paralisi bulbare acuta variante della sindrome di
Guillan Barre'

Piazza S.B.
Autori: S.B. Piazza, C. Maremmani, C. Pardini, S. Jensen, P. Maritato, E. Di Coscio E. , Orlandi G.
(UO Neurologia - Ospedale Apuane - Massa Carrara)
Nell'ambito delle sindromi neurologiche acute la paralisi bulbare può creare difficoltà di inquadra-mento diagnostico in condizioni di urgenza. Un uomo di 51 anni con ipertensione arteriosa in terapia è giunto in pronto soccorso per disartria e disfagia insorte acutamente da circa 5 ore. Riferiva inoltre lieve sensazione parestesica ai quattro arti, presente dalla mattina al risveglio, di cui aveva già sofferto in passato e che era stata attribuita a discopatie cervicali e lombo-sacrali note. L'esame neurologico evidenziava solo disartria intelligibile e disfagia per solidi e liquidi senza alterazione dei riflessi super-ficiali e profondi né segni di compromissione respiratoria. Nell'iniziale sospetto di una patologia ische-mica del circolo posteriore, il paziente è stato sottoposto in urgenza a TC cranio e angio-TC dei vasi del collo e intracranici che sono risultate nella norma così come una RM encefalo basale con sequenze FLAIR e DWI. E'stata quindi eseguita rachicentesi che ha evidenziato dissociazione albumino-citolo-gica per cui è stato iniziato ciclo di terapia con immunoglobuline ev. Il paziente però ha presentato improvviso peggioramento del quadro respiratorio che ha reso necessaria l' intubazione orotracheale ed è stato trasferito in terapia intensiva dove ha proseguito la terapia con immunoglobuline. Dopo cin-que giorni è iniziato un progressivo miglioramento clinico fino a completa risoluzione della disfagia e persistenza di lieve rinolalia per cui è stato trasferito in degenza ordinaria e poi dimesso a domicilio. La variante bulbare acuta della sindrome di Guillan Barrè è un'entità nosologica che può avere esito infausto se non diagnostica e trattata in modo corretto e precoce [Koga et al, 1999]. La revisione dei pochi casi descritti in letteratura ha documentato infatti che il trattamento con immunoglobuline o con plasmaferesi è tanto più efficace quanto più viene iniziato precocemente rispetto all'esordio dei sintomi.
Koga M, Yuki N, Hirata K. Antiganglioside antibody in patients with Guillain-Barré syndrome who show bulbar palsy as an initial symptom. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 1999 Apr;66(4):513-6.
1. Into the groove: basi neurologiche per una musicoterapia nella malattia di Parkinson
Grassi E.
Autori: Grassi E., Piersanti P., Scotto di Luzio A. Torre E., Palumbo P.
(U.O. Neurologia - Ospedale Santo Stefano di Prato)
E' ormai un dato certo che la Malattia di Parkinson sia caratterizzata da un deficit nella processazione temporale e che il timing interno ritmico sia più compromesso nei pazienti con deficit della marcia rispetto a quelli con minor difficoltà nell'elaborazione del passo.
La percezione del ritmo trova le sue basi neurobiologiche nel network costituito da i gangli della base IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI - corteccia premotoria – area supplementaria motoria , network con innervazione dopaminergica. Grazie all'automatico reclutamento delle aree motorie durante la percezione ritmica, la musicoterapia si offre come un'opzione terapeutica compensando in parte il deficit dopaminergico alla base della malattia di Parkinson.
2. Disordini del movimento dismetabolici reversibili: due casi clinici
Marotti C.
Autori: Marotti C., Gallerini S., Marsili L., Bartalucci M., Plewnia K., Innocenti E., Molesti E., Mar-
coni R.
(U.O.C. Neurologia, Azienda USL Toscana sud est, P.O. Misericordia, Grosseto)
La maggior parte dei disordini del movimento sono di tipo degenerativo e a lenta evoluzione. Tuttavia un'eziologia differente, talvolta, si può associare a quadri aitipici con esordio acuto o subacuto e a rapida evoluzione (iatrogeni, lesionali, autoimmuni, dismetabolici).
I disordini del movimento su base dismetabolica possono essere reversibili se prontamente riconosciuti e trattati. Il nostro scopo è quello di descrivere due casi insoliti di disordini del movimento reversibili su base dismetabolica e di discutere l'approccio clinico a queste condizioni.
CASO 1. Un uomo di 46 aa è stato ricoverato presso la U.O.C Neurologia di Grosseto per insorgenza acuta di crisi distoniche generalizzate subentranti. Non vi era storia personale e familiare di malattie extrapiramidali nè assunzione di farmaci. Non presentava storia di diabete ma la glicemia all'ingresso era >400 mg/dl. La pronta correzione della glicemia ha determinato la rapida risoluzione del disturbo. La RMN encefalo ha mostrato una lesione centro-pontina suggestiva di mielinolisi. CASO 2. Una donna di 74 aa è stata ricoverata presso la U.O.C Neurologia di Grosseto per una sindrome acinetico-rigida bilaterale ad esordio subacuto con atassia e tremore. La RM encefalo e la scintigrafia cerebrale con DATSCAN sono risultate negative. In anamensi era riferita una assunzione prolungata di inibitori di pompa protonica (pantoprazolo). Gli esami ematici hanno documentato una severa ipomagnesemia (0,3 mg/dl). La sua correzione ha determinato un progressivo completo recu-pero clinico.
La diagnosi proposta è stata di distonia acuta da iperglicemia severa non-chetoacidosica con mielino-lisi centropontina nel primo caso e di parkinsonismo da severa ipomagnesemia nel secondo caso.
L'approccio clinico a un paziente con disordini del movimento ad esordio acuto o subacuto dovrebbe includere un'attenta valutazione di tutte le possibili forme secondarie in quanto, alcune di esse, pos-sono essere prontamente trattate.
Bibliografia1) Dressler D1, Benecke R. Diagnosis and management of acute 2) movement disorders. J Neurol. 2005;252:1299-306. 3. Terapia con agopuntura mediante tecnica integrata con la Yamamoto new scalp acupun-
cture (YNSA) di un caso di tremore misto isolato

Paterni G.
Autori: Paterni G. , Rossi C.*, Cracolici F. , Rinaldi M. , Baldesi M.°, Gambaccini, G.*, Virgili M.P.*,
Carnesecchi P°, Galli R.*
( Scuola di Agopuntura Tradizionale della Città di Firenze; *(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL
Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera, °Terapia Antalgica – UO Anestesia e Rianimazione,
USL Toscana Nord-Ovest, Ospedale "F. Lotti", Pontedera)

INTRODUZIONE: Il tremore misto isolato è una entità nosologica eterogenea che, se associato ad una IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI significativa compromissione dopaminergica striatale, può rappresentare un fenotipo della Malattia di Parkinson. Scopo dello studio è stato quello di verificare i possibili benefici di una terapia con agopuntura nel trat-tamento di un caso di tremore misto isolato intollerante alla terapia farmacologica dopaminergica.
METODI: è stata reclutata una donna di 47 anni affetta da 2 anni da Malattia di Parkinson tremori-geno con evidenza alla SPECT cerebrale di una riduzione della captazione di dopamina a carico del putamen sinistro. La paziente presenta una sintomatologia caratterizzata da tremore all'arto superiore destro refrattario alla terapia dopaminergica con caratteristiche atipiche (tremore intenzionale e tre-more della scrittura con alterazione del test della spirale) associato a lievissima bradicinesia. È stata sottoposta a numerosi tentativi farmacologici con dopaminoagonisti (ropinirolo, rotigotina) e inibitori delle monoamino-ossidasi (selegilina, rasagilina) sospesi per effetti collaterali o inefficacia.
La paziente è stata trattata con sedute settimanali di agopuntura secondo un protocollo che prevedeva l'integrazione della somatoagopuntura con i punti encefalici (M-1,M-2,M-3) secondo la tecnica di YNSA. La paziente è stata valutata attraverso un punteggio "Tremor score" ricavato dalla scala UPDRS (subitems 16+20+21) ed attraverso il test delle spirali e della scrittura (relativamente al tremore inten-zionale). Le scale cliniche sono state somministrate prima della seduta di agopuntura, subito dopo la seduta ed a distanza di 10 giorni.
RISULTATI: Già dalla prima seduta si è osservato una significativa riduzione del tremore, sia a riposo che intenzionale. Tale beneficio, di durata temporanea, si riproponeva in tutte le successive sedute con un progressivo prolungamento del miglioramento a distanza. DISCUSSIONE: Il caso clinico descritto suggerisce una evidente efficacia dell'associazione somatoa-gopuntura con la YNSA nel controllo del Tremore Misto Isolato, anche quando la positività alla SPECT indirizza verso un ipotetico fenotipo della Malattia di Parkinson. Auspicabile quindi il disegno di uno studio clinico di adeguate dimensioni a conferma di questa suggestiva ipotesi terapeutica.
4. Terapia chelante nel trattamento della aceruloplasmina: follow up di due anni
Rossi C.
Autori: Rossi C., Maluccio M.R., Frittelli C., Gambaccini G., Virgili M.P., Galli R.
(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera)
Introduzione: La aceruloplasminemia (acp) è una malattia ereditaria autosomica recessiva molto rara caratterizzata da accumulo di ferro multi organo responsabile di neurodegenerazione. Tale malat-tia è determinata dalla assenza di ceruloplasmina, glicoproteina indispensabile all'organismo per il trasporto del rame e per la rimozione del ferro dai tessuti tramite l'attività dell'enzima ferrossidasi. Clinicamente si caratterizza per sintomi sistemici (anemia sideropenica, diabete mellito) e da disturbi neurologici (atassia, deterioramento cognitivo, degenerazione retinica). Caso clinico: Descriviamo il caso di un paziente con diagnosi di acp associato a mutazione anche a carico delle catene alfa e beta globuliniche (tratto beta talassemico/triplo gene alfa) confermata gene-ticamente diagnosticata a 50 anni per la presenza di diabete mellito dalla giovane età, anemia sidero-penica, lieve parkinsonismo e disturbo del linguaggio. Alla RM encefalo eseguita alla diagnosi, è stata evidenziata una anintensità, nelle sequenze T2 e FLAIR, a carico dei nuclei dentati, del nucleo rosso e della sostanza nera ed a carico dei caudati e dei putamen. I test neuropsicologici mostravano un di-sturbo della memoria visuo-spaziale, della memoria verbale ed una compromissione alla batteria FAB per i disturbi frontali. Il paziente è stato trattato con terapia chelante (Deferiprone 500 mg x3/die per pochi mesi e successivamente con deferasirox 500 mg per 5 giorni alla settimana) con netta riduzione dei valori di ferritina plasmatica e scomparsa della microalbuminuria. La sintomatologia neurologica è rimasta stabile nei due anni di osservazione tranne che per un lieve peggioramento del disturbo del IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI linguaggio. Il quadro RM non ha mostrato modificazioni rispetto al baseline.
Conclusioni: La acp è una malattia molto rara il cui riconoscimento è indispensabile per una corretta gestione terapeutica che permetta di ritardare o impedire la comparsa di sintomi sistemici e neurolo-gici irreversibili.
SESSIONE VI
SCLEROSI MULTIPLA

1. Effect of natural THD/CBD cannabinoids on muscle spasticity and urinary dysfuction in
multiple sclerosis patients: interim results

Calabrese I.
Autori: Calabrese I.1, Bracchitta D.2, Petrucci L.1, Amidei A.1, Pasquali L.1, Pistolesi D.2, Iudice A.1
(1 Department of Clinical and Experimental Medicine, Neurology Unit, University of Pisa 2 De-
partment of Surgical, Medical, Molecular Pathology and of the Critical Area, Urology Unit, Uni-
versity of Pisa)

Urinary disorders are observed in 50-80% of MS patients and represent a significant cause of disability, as they adversely affect QoL, social relationships and daily activities. Sativex® is an oromucosal spray for moderate to severe spasticity in MS, containing a combination of THD/CBD, that modulates the release of neurotransmitters that control muscle spasticity, including that one of the detrusor and the urethral sphincter. The aim of this study was to assess the drug effects on both muscle spasticity and urinary symptoms in a cohort of MS patients.
22 patients (13 M and 9 F), aged 51±10 years, with a diagnosis of MS and associated urinary disorders underwent a treatment with Sativex® as add-on therapy to another concomitant antispasticity drug. EDSS score was used to assess the level of disability caused by MS, while NRS score quantified the individual muscle spasticity at T0 (before starting treatment with Sativex), T1 (after 4 weeks), T2 (after 12 weeks) and T3 (after 24 weeks). Urinary dysfunctions were evaluated before and after the drug treat-ment by voiding diary, post voiding residual, and by urodynamic examination in 10 cases. All patients were periodically interviewed on subjective changes of their urological conditions and the assessments provided an individual scoring of symptoms improvement as (1) none, (2) mild, (3) moderate, and (4) excellent.
Patients had a disease duration of 15±7 years, an EDSS score of 6,5±0,8, a NRS score of 7,8±1 at T0. Number of Sativex daily sprays ranged from 3 to 11 (mean 6,4±2,1daily sprays) and was slowly titrated to avoid adverse reactions. Mean NRS was 5,3±0,9 at T1 (n=14), 4,6±0,8 at T2 (n=12) and 4,5±0,7 at T3 (n=12). 10 patients discontinued Sativex after a mean treatment duration of 1,4±0,8 months, due to inefficacy (n=6) or adverse effects (n=4). Urinary dysfunction was represented by overactive bladder in 21 patients (associated to an elevated post-voiding residual in 10) and significant urinary retention in 1 patient. Urodynamic examination confirmed a detrusor overactivity in 7 of 10 patients, associated to an external urethral sphincter hypertonicity. Following Sativex therapy, 7 (31,8%) patients had their urgency and particularly urinary retention improved, while in 15 (68,2%) patients the drug failed. Uro-dynamic examination showed a decrease of detrusor overactivity in 2 cases and an excellent response to Sativex therapy in 1 patient. Subjective improvement of urinary incontinence and urgency was rated as mild by 4 patients, moderate by 2, while only 1 patient referred an excellent therapeutic response. 15 patients did not reported any changes in urinary disturbances following a mean treatment duration of 46,5±47,8 weeks (range 4-112).
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI These interim results show that, despite their high EDSS score and long disease duration, the patients rated, right from the start, a reduction in the NRS score, with enduring benefits as the treatment con-tinued. Treatment discontinuations took places quite early, mostly due to inefficacy, while adverse ef-fects as dizziness, psychotropic effects, excessive weakness and paradoxical increase of spasticity were mild and transient at dose tapering. Benefits in urological disturbances were more limited, but depicted a potential effect of Sativex on urinary incontinence, urgency and voiding symptoms.
2. Un caso di PML-IRIS dopo interruzione di Natalizumab
Forci B.
Autori: Forci B.*, Repice A.*, Magnani E.*, Mechi C.*, Massacesi L.*
(*SOD Neurologia II, Neurofarba, Università di Firenze, Careggi)
La Leucoecefalopatia Multifocale Progressiva (PML) è un'infezione opportunistica del SNC dovuta a ri-attivazione del virus JC; ampiamente descritta nei pazienti affetti da HIV, è attualmente una pericolosa complicazione della terapia con Natalizumab nei pazienti con sclerosi multipla. Descriviamo il caso di una probabile PML-IRIS in una paziente di 32 anni, affetta da Sclerosi Multipla recidivante remittente, afferente al Centro di riferimento regionale per la terapia della Sclerosi Multipla del prof. Massacesi. La paziente ha effettuato 24 somministrazioni di Natalizumab e successivamente interrotto la terapia, essendo elevato il titolo di anticorpi anti-JCV (Index 2,37); è stato dunque concordato di intraprendere terapia con Alemtuzumab. Durante il periodo di wash-out del farmaco, a distanza di 4 mesi dall'ultima infusione, la paziente ha lamentato un disturbo sensitivo all'arto inferiore destro, per cui, nell'ipotesi di ricaduta di malattia, è stata trattata con corticosteroidi ad alte dosi per 5 giorni, con parziale beneficio.
È stata successivamente effettuata una RM encefalo con mdc che, rispetto alla RM effettuata 5 mesi prima, ha individuato la presenza di una nuova ampia area di alterato segnale, di aspetto disomoge-neo, a sede frontale superiore, rolandica, e temporo-parietale sub e iuxtacorticale destra, con enhance-ment contrastografico intenso e irregolare, per lo più punteggiato; una RM del rachide cervico dorsale ha mostrato nuove lesioni midollari a livello dorsale. Nel sospetto di PML, è stata effettuato l'esame del liquor che non ha mostrato la presenza del virus JC (pcr negativa).
In letteratura sono stati descritti casi di PML asintomatici e casi che si sono verificati a distanza di alcu-ni mesi dalla sospensione del monoclonale, ma, nonostante il quadro neuroradiologico sia altamente suggestivo per PML, l'esame del liquor non ha confermato questo sospetto. L'ipotesi più probabile è che, successivamente all'interruzione del farmaco, si sia verificata una PML, e che la sospensione stessa del monoclonale abbia permesso al sistema immunitario della paziente di arginare l'infezione, configurandosi dunque un quadro di Sindrome Infiammatoria da Ricostituzione Immunitaria (IRIS). 3. Sclerosi multipla: correlazioni tra tempo di circolo TCC "whole brain" e parametri di
atrofia cerebrale

Servillo R.
Autori: Servillo R. , Grazzini I. , Khader L. , Galluzzi P.*, Ferrara M.*, Arrigucci
U.*, Bellini M.*, Cerase A.* Monti L.*
( Sezione di Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuro-
scienze, Università di Siena; *UOC Neuroimmagini e Neurointerventistica, Dipartimento Scien-
ze Neurologiche e Neurosensoriali, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico "Santa
Maria alle Scotte", Siena)

IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI OBIETTIVO: I parametri della perfusione cerebrale acquisiti con tecnica RM, TC, SPECT forniscono valori che permettono la costruzione di mappe parametriche con valori non assoluti ma estrapolati matematicamente. Tali valori consentono uno studio longitudinale ed intra-individuale dello stesso paziente ma non permettono un confronto ottimale ed affidabile inter-individuale. Un numero con-siderevole di evidenze scientifiche dimostrano l'alterazione dei parametri di perfusione all'indagine MRI perfusion nei pazienti con Sclerosi Multipla. L'indagine angiografica (DSA) permette di calcolare in modo diretto, e non estrapolato, il tempo di circolo cerebrale (TCC). Scopo del nostro studio è stato quello di dimostrare: 1)differenze del TCC tra pazienti con sclerosi multipla e soggetti di controllo; 2) differenze tra le forme cliniche di SM (RR e SP) e 3) correlazioni del TCC con il carico lesionale, volu-me cerebrale, frazione ventricolare, EDSS.
MATERIALI E METODI: Dal novembre 2010 al giugno 2013, è stata effettuata valutazione mediante DSA su 80 pazienti con SM, (30 maschi e 50 femmine, età media 47,48 anni) e su un gruppo di con-trolli di 44 pazienti sani della stessa età. Del gruppo con SM 35 pazienti presentavano forma prima-riamente o secondariamente progressiva (P-SM) e 45 forma remittente-recidivante (RR-SM). Il TCC in entrambi i gruppi è stato calcolato tramite l'analisi delle immagini angiografiche. E' stata valutata la correlazione statistica tra TCC, durata della malattia e EDSS tra i gruppi e all'interno dei gruppi.
RISULTATI: Differenza staticamente significativa è stata riscontrata nel TCC tra pazienti con SM (media: 4,87s ; DS: 1,27 s) e pazienti sani (mean=2.78 s; sd = 0.51s). Nessuna correlazione staticamente signi-ficativa è stato trovata tra TCC e durata di malattia o EDSS all'interno dei pazienti con SM.
CONCLUSIONI: Il TCC prolungato nei pazienti con SM rispetto alla popolazione di controllo sugge-risce la presenza di disfunzioni microvascolari che non dipendono né dalla progressione dell'atrofia cerebrale né dal grado di EDSS suggerendo così che le alterazioni emodinamiche potrebbero insorgere precocemente ed indipendentemente dai fenomeni neurodegenerativi.
4. Gestione dei disturbi urinari in un ambulatorio SM
Tucci T.
Autori: Tucci T., Ancona A.L., Nerozzi S., Biagini S., Peri C., Dasco A., Bracciali I., Volpi G.

I disturbi urinari nei pazienti affetti da sclerosi multipla rappresentano un grave problema sia in rela-zione alla loro elevata frequenza e incidenza negativa sulla qualità di vita sia per la difficoltà della loro gestione. E' stato valutato che circa il 75-80 % dei pazienti affetti da SM prima o poi nel corso della loro vita manifesta qualche sintomo relativo alla disfunzione delle basse vie urinarie. Diversi contributi sono stati pubblicati al fine di suggerire delle linee guida o raccomandazioni sulla gestione delle vescica neurologica in corso di SM.
Opinione comune è che il management dei disturbi urinari debba prevedere una prima linea di com-portamento gestibile mediante pochi strumenti diagnostici di base e l'applicazione di atteggiamenti terapeutici facilmente identificabili, proposti e affidati al neurologo di riferimento e un secondo livello di intervento, che prevede la collaborazione di un team multidisciplinare costituito da un urologo de-dicato e un infermiere.
I dati che sono stati raccolti presso il Centro delle Malattie Demielinizzanti di Pistoia hanno permesso di rivalutare incidenza e prevalenza dei disturbi urinari nella nostra popolazione e impatto sulla qua-lità della vita, confrontandoli con i dati della letteratura. Per una migliore gestione di tali pazienti va ribadita, anche in base alla nostra esperienza proposta, la necessità di una collaborazione attiva con un team multidisciplinare esperto.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 5. Evaluation by MRI of central veins in inflammatory micro-angiopathic lesions of the
brain white matter and comparison with multiple sclerosis

Vuolo L.
Autori: Vuolo L. , Emmi G.*, Carlucci G.°§, Repice A.M.§, Magnani E.°, Spagni G.§, Prisco D.*, Silve-
stri E.*, Barilaro A.°, Sati P.**, Reich D.**, Emmi L.*, Massacesi L.°§.
( Department of Experimental and Clinical Biomedical Sciences- University of Florence; *De-
partment of Experimental and Clinical Medicine - University of Florence; °Division Neurology 2,
Careggi University Hospital; §Department of Neurosciences, University of Florence; **Translatio-
nal Neuroradiology Unit, NINDS; NIH, Behtesda, Md, USA)

BACKGROUNDBrain white matter lesions are often observed in young patients associated to MS–like clinical syndromes,not fulfilling the diagnostic criteria of "no better explanation". However the usually mild severity and the chronic clinical course of these syndromes do not allow to further define the diagnosis by invasive methods as brain biopsy that could evaluate presence of the hallmark of multiple sclerosis (MS) pathology: demyelination surrounding perivenular cuffs in the Central Nervous System (CNS) white matter (WM). Nonetheless new MRI sequences can now detect this hallmark, allowing in vivo differentiation of demyelinating from ischemic lesions associated to arteriolar chronic micro-angiopa-thy or to migraine (Mistry et al.; Solomon et al.; 2015). However presence of a central vein have never been analyzed in WM lesions due to inflammatory/autoimmune micro-angiopathies, conditions often associated to MS-like clinical courses. Therefore in this study frequency of perivenular lesions (PVL) was evaluated in the brain white matter of patientes with systemic autoimmune diseases with brain lesions (SAD) and compared with MS. METHODSInclusion criteria: definite MS or SADs. Each patient received one brain MRI including volumetric T2*-EPI and FLAIR sequences after gadolinium injection. White matter lesions were considered perivenular if intralesional hypointense signal was completely surrounded by hyperintense signal in at least 2 per-pendicular planes.
RESULTSThirty-eight patients (24 MS and 14 SAD) were enrolled. The SADs included 5 Behcet syndrome (BS), 4 systemic lupus erythematosus (SLE) and 5 antiphospholipid syndrome (APS). Most of the SADs (12/14), fulfilled MS MRI criteria for dissemination in space. The median PVL frequency/patient was 89% (ran-ge= 68-100%) in the MS patients and 15% (range= 0-50%) and in the SAD patients (p<0.0001; Mann-Whitney test). Among the SADs, BS showed the highest frequency of PVL (median frequency/ patient: 40%, range= 16-50). PVL frequency/patient < 68% significantly segregated with SADs (p < 0.001, Fisher exact test), resulting in 100% accuracy for this cohort.
CONCLUSIONThe frequency of PVL is remarkably higher in MS than in SAD patientss, including those fulfilling the MRI criteria for dissemination in space. These data uggest that this marker can be reliably used for im-proving the specificity of the diagnosis in these two CNS disorders.
A dìsimilar study is ongoing in patients fulfilling the diagnostic criteria of MS a part from that of "no better explanation".
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 1. La riabilitazione psico-sociale del "metodo tartaruga" nei percorsi di cura e assistenza
alla persona con malattia neurodegenerativa nella SdS zona Pisana

Marchionni M.
Autori: M. Marchionni M.§, Gambaccini G.*, Donati L.§, Di Beo R. , Cecchi G. , Frittelli C*, Maluc-
cio M.R.*, Rossi C*, Virgili M.P.*, Galli R.*
(§Associazione a promozione sociale "La tartaruga"; Società della Salute Zona Pisana AUSL
Toscana Nordovest; *(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pon-
tedera)

Le demenze in fase intermedia e avanzata rappresentano una grossa percentuale dei pazienti non autosufficienti che sviluppano cosiddetti bisogni complessi, vale a dire non solo sanitari ma anche sociali, proprio in considerazione dell'elevato impegno familiare e sociale che questa malattia com-porta. La Legge Regionale 18 Dicembre 2008, N. 66 istituisce il fondo regionale per la non autosuf-ficienza i cui destinatari sono "i residenti nel territorio regionale, che si trovino in condizioni di non autosufficienza e con un alto indice di gravità accertato sulla base della valutazione della Unità di Valutazione Multidisciplinare (UVM) o i soggetti riconosciuti disabili in condizione di gravità ai sensi dell'art.3, comma3 della Legge 5 Febbraio 1992 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)".
Nell'ambito della UVM della Zona Pisana e della Zona Valdera della AUSL5 partecipa settimanal-mente uno specialista neurologo della U.O.C. di Neurofisiopatologia del PO "F. Lotti" di Pontedera.
Dal 2009 nella Zona Pisana AUSL5 è attivo un servizio di assistenza domiciliare specifica di riabili-tazione cognitiva rivolto a pazienti con demenza di grado lieve e medio con l'obiettivo di mantenere il più a lungo possibile il paziente presso il domicilio, attuando tecniche e strategie comportamentali in grado di stimolare correttamente il paziente e di sostenere, ascoltare, informare i familiari sulle pro-blematiche inerenti tale patologia. Tale servizio è caratterizzato da un trattamento riabilitativo cogni-tivo al domicilio seguito dall'inserimento in un centro di mantenimento, ove partecipa tutto il gruppo dei pazienti trattati. Nell'ambito dello stesso progetto è stato istituito con l'aiuto di un counselor un gruppo di mutuo-auto-aiuto per i familiari.
Dal 2013 al gennaio 2016 nell'ambito di tale progetto sono stati trattati 110 pazienti affetti da demen-za e altre patologie neurodegenerative Dell'intera casistica trattata al domicilio un gruppo ha successivamente usufruito del trattamento nel centro di mantenimento mentre i familiari che hanno aderito al gruppo di mutuo-auto-aiuto sono stati il 48% dei familiari dei pazienti trattati. I casi sono stati rivalutati in UVM al termine del periodo di trattamento nel progetto di continuità as-sistenziale (12 mesi) e a distanza di 4 anni: oltre il 50% pazienti hanno successivamente usufruito di servizi domiciliari ma nessuno è stato inserito in residenze sanitarie assistenziali (RSA).
Nell'ottica del mantenimento del paziente con demenza il più a lungo possibile al domicilio il pro-getto di continuità assistenziale risulta uno degli strumenti più efficaci, in considerazione del fatto che nel periodo osservato nessuno dei pazienti trattati è stato inserito in RSA 2. Terapia fisica e step nel trattamento dei disturbi dell'equilibrio nei pazienti affetti da
malattia di Parkinson: studio pilota

Menichetti C.
Autori: Menichetti C. , Rossi I.*, Agresti M.*, Bonacchi S.*, Rossi C.°, Volpi G.

IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI ( U.O. Neurologia Ospedale S. Jacopo Pistoia; *Servizio Fisioterapia Ospedale S. Jacopo Pistoia; °U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera) L'evoluzione della Malattia di Parkinson comporta la comparsa di sintomi motorie poco responsivi alla terapia medica che possono aggravare il rischio di caduta.
Studi hanno dimostrato l'efficacia dell'intervento riabilitativo nel migliorare le capacità funzionali dei pazienti nelle A.D.L. e l'abilità del cammino. E stato inoltre dimostrato che l'uso di stimoli visivi o uditivi (i cosiddetti "cues") possono migliorare la lunghezza del passo, il freezing della marcia e il mantenimento dell'equilibrio.
Per valutare l'efficacia di tale trattamento nel tempo, abbiamo confrontato un gruppo di pazienti sot-toposto a step nell'ambito dell'attività fisica adattata (n.10) con un gruppo di controllo, omogeneo per età, sesso e caratteristiche cliniche, sottopostoa trattamento con treadmill (n. 10). La valutazione clinica è stata eseguita dopo sei mesi attraverso le scale UPDRS II e III, punteggio dei sintomi assiali (UPDRS II items 13-15 + UPDRS III items 27-31), scala di Tinetti, scala Time Up and Go. Venivano infine registrati il numero di accessi alla struttura (Ambulatorio dedicato o PS) aggiuntivi a quelli programmati per aggiustamento terapeutico urgente o per episodi di caduta. I pazienti sottoposti a step e terapia fisica hanno mostrato una riduzione significativa dei punteggi di UPDRS II, della scala per i sintomi assiali , migliore rispetto ai pazienti trattati con treadmill e terapia fisica. È stato infine registrato un numero inferiore di accessi straordinari alla struttura.
In conclusione i nostri risultati dimostrano l'efficacia dell'approccio mediante step integrato alla terapia fisica adattata nella MP, e suggeriscono un ipotetico miglioramento dei sintomi motori scarsamente responsivi a terapia medica. La scarsa nu-merosità del campione e il breve periodo di osservazione richiedono tuttavia una conferma con trial clinici randomizzati.
3. Trattamento riabilitativo precoce del paziente con ictus: la fase ospedaliera
Canova S.
Autori: Canova S., Mancuso M.
(Struttura Centro Riabilitazione Terranuova CRT spa)
L'ictus è la seconda più grave causa di morte e disabilità negli adulti. Più del 75% delle persone che sopravvive necessita di una riabilitazione specifica. La riabilitazione dopo l'ictus mira a riportare l'au-tonomia nello svolgimento delle attività della vita quotidiana e partecipazione alla vita sociale. L'estrema variabilità nel grado di disabilità, di handicap e di qualità della vita che si può verificare dopo un ictus, rende necessario definire per ogni singolo paziente uno specifico progetto riabilitativo e organizzare i servizi delle aziende USL in modo da offrire risposte diversificate ai bisogni dei pazienti. Tali bisogni sono a loro volta determinati non solo dalle condizioni cliniche, ma anche dal contesto familiare,da quello sociale, nonché dalle capacità e aspettative del paziente prima della malattia.
La possibilità di prevedere i tempi di recupero è fondamentale per il progetto riabilitativo e per il cor-retto percorso terapeutico. La difficoltà di individuare i fattori che agiscono in modo indipendente sul recupero ne ha reso difficile la sicura definizione 4. La presa in carico del territorio nel percorso di riabilitazione dell'ictus
Lanzisera R.
Autori: Laddaga C., Lanzisera R.

(Dipartimento di Riabilitazione, USL Nord Ovest Toscana)
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI L'ictus rappresenta - per le dimensioni epidemiologiche e per l'impatto socioeconomico - una delle più importanti problematiche sanitarie dei paesi industrializzati (in Occidente è la seconda causa di mor-te, la prima causa di invalidità permanente e laseconda causa di demenza, con un'incidenza media annuale in Italia, corretta per età, di 220 casi/100.000/anno).
I dati della letteratura evidenziano la correlazione fra continuità della presa in carico nella fase post-acuta e miglioramento degli esiti, con riduzione dei costi diretti e indiretti, questi ultimi generalmente a carico dei pazienti e delle famiglie: perciò è emersa la necessità di un percorso dedicato, di continuità Ospedale – Territorio, centrato sui bisogni riabilitativi ed assistenziali di questi pazienti.
A partire dal 2009, è stato attivato presso l'Ospedale"Lotti" di Pontedera il Percorso Ictus col coinvol-gimento della UO di Rianimazione, della UO di Neurofisiopatologia, delle UO di Medicina 1 e 2 del suddetto Presidio, che segnalano tutti i pazienti ricoverati con diagnosi di Ictus al Dipartimento di Riabilitazione, che effettua una consulenza fisiatrica entro 48 h.
Lo scopo era quello di costruire una Rete Riabilitativa integrata, fatta di interventi coordinati finalizzati a garantire la continuità del recupero e dell'adattamento, fino al reinserimento del paziente nel proprio contesto di vita.
In questo modo è stata resa possibile la presa in carico precoce (entro 48 h dalla segnalazione) da parte dell'équipe riabilitativa, che ha attuato il monitoraggio dei pazienti e il contatto coi loro familia-ri, ma ha anche permesso il governo della Rete attraverso l'appropriatezza del percorso riabilitativo e dell'utilizzo delle risorse. Basandoci sull'Accreditamento Istituzionale (L.R. 51/2009) e sullo specifico percorso,a partire da gennaio 2014 il Dipartimento di Riabilitazione dell'Asl 5 di Pisa ha promosso l'integrazione anche fra l'Azienda Asl 5 ed AOUP, ed Auxilium Vitae, Struttura di Riabilitazione privata accreditata presente nel territorio, considerata uno dei nodi della rete riabilitativa.
Per favorire l'attivazione uniforme del Percorso Ictus in tutti i Reparti di degenza dovvengono ricoverati i pazienti con Ictus, è stata affidata all'UO di Neurologia la valutazione della stabilità neurologica, condizione fondamentale per il loro inserimento nel percorso riabilitativo.
Il Neurologo deve stabilire se il paziente ha necessità di una sorveglianza medica nelle 24h (cod. 56): in tal caso viene consultata la specifica struttura interna all'AOUP (UO Neuroriabilitazione) per la presa in carico del pz. ed il suo trasferimento in tempi appropriati e dichiarati.
Nel caso di impossibilità di accoglienza da parte della UO di Neuroriabilitazione dell'AOUP in tempi compatibili con la dimissione dal reparto per acuti o nei casi in cui non sia necessaria la tutela medica nelle 24h (non cod. 56), il Neurologo attiva il percorso di continuità assistenziale riabilitativa ASL5 - AOUP ed invia una Scheda di Segnalazione al PUA dell'Asl 5 che provvede ad inviarne copia al Di-partimento di Riabilitazione dell'Asl 5.
Nei casi non accolti dalla UO di Neuroriabilitazione, in cui è comunque necessaria un'ulteriore stabi-lizzazione clinica ed il ripristino di condizioni di gestibilità in ambito extra-ospedaliero, il Dipartimen-to di Riabilitazione dell'Asl 5 richiederà il ricovero presso il Cod. 56 di Auxilium Vitae a Volterra.
Nelle rimanenti situazioni, sarà il Dipartimento a stabilire, in base alla documentazione fornita e a contatti con gli operatori dell'AOUP e del PUA, il setting più appropriato perciascun paziente. A due anni di distanza dall'attivazione del percorso interaziendale abbiamo notato una riduzione del tempo di latenza tra evento ictale e presa in carico riabilitativa, ci auspichiamo tuttavia una sempre maggior comunicazione tra i diversi nodi della rete riabilitativa.
5. Assessment cognitivo e riabilitazione nel paziente con ictus
Ferroni L.
Autori: Ferroni L.
(Az USL Toscana Nord Ovest - SS Riabilitazione Ospedaliera – Barga)
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI I disturbi cognitivi che più frequentemente si riscontrano in pazienti con ictus cerebrale sono l'afasia, nelle cerebrolesioni sinistre, e il neglect, nelle cerebrolesioni destre. Talora si possono presentare de-ficit di memoria, attenzione e capacità astrattive.
A differenza di quanto avviene per i deficit motori, la precocità di inizio del trattamento è meno crucia-le, talora risulta addirittura impossibile a causa di una insufficiente collaborazione da parte del pazien-te; sono peraltro presenti studi che dimostrano l'efficacia del trattamento riabilitativo neuropsicologico anche in fase cronica, oltre l'anno dall'esordio (vedi ad esempio Basso e Macis, 2011).
Tuttavia, anche se per le funzioni cognitive in sé un inizio precoce non è necessario, la riabilitazione neuropsicologica diventa importante in quanto i disturbi neuropsicologici interferisocono con il recu-pero del deficit motorio, per il quale invece sono meno evidenti le possibilità di recupero anche in fase cronica (vedi ad esempio Nijboer et al, 2014). In realtà recentemente alcuni lavori hanno dimostrato addirittura la possibilità di una neurogenesi correlata al recupero motorio in soggetti con esiti cronici sottoposti ad intervento riabilitativo con diverse tecniche (vedi ad esempio Gauthier et al., 2008).
I test neuropsicologici sono un elemento cruciale per la riabilitazione del linguaggio, del neglect e delle altre funzioni corticali superiori, in quanto (1) consentono di delineare un profilo di prestazione sulla base del quale viene pianificato il tipo di intervento riabilitativo e (2) consentono di monitorare l'efficacia del trattamento riabilitativo stesso. Il test viene eseguito periodicamente, di solito ogni 6 mesi per l'afasia e ogni 3 mesi per il neglect. Il trattamento riabilitativo viene sospeso quando le prestazioni risultano invariate a due test successivi (vedi atti della Consensus Conference su "La Riabilitazione Neuropsicologica nell'adulto", Siena, 2010).
Peraltro, in fase acuta non sempre è opportuno eseguire i test, in quanto si sottopone il paziente ad una prova impegnativa e stressante che, a causa delle importanti variazione di quadro clinico determinate in fase inziale dall'evoluzione spontanea, risulta poco utile sia per impostare il trattamento (il quadro cambia rapidamente), sia per valutare l'efficacia (troppo in questa fase dipende dall'evoluzione spon-tanea). In relazione ai diversi disturbi cognitivi si può osservare che: per il neglect e per i disturbi di attenzio-ne è sempre indicato un test anche in fase sub-acuta, purché il paziente sia collaborante, in quanto si tratta di test rapidi e poco impegnativi; per il linguaggio l'opportunità di eseguire test in fase sub-acuta va definita in relazione al singolo caso; per i deficit di memoria in genere è meglio non utilizzare i test in fase immediatamente post-acuta.
In questa comunicazione (1) verrà descritto come i deficit neuropsicologici possono interferire con il recupero motorio; (2) verranno presentati i test utilizzati in forma di esempio per evidenziarne le pos-sibilità di definizione del trattamento e di valutazione del recupero; (3) verrà discussa l'opportunità di utilizzo in fase acuta dei test neuropsicologici e (4) verrà mostrato in pratica, un caso in cui sono stati eseguiti i test a breve distanza dall'esordio e questo ha determinato difficoltà nel proseguimento del progetto riabilitativo individuale.
NOTE BIBLIOGRAFICHE- Basso A & Macis M (2011) Therapy efficacy in chronic aphasia. Behavioural Neurology, 24- Gauthier LV, Taub E, Perkins C, Ortmann M, Mark VW & Uswatte G (2008) Remodeling the brain: plastic strutural brain changes produced by different motor therapies after stroke. Stroke, 39 (5)- Nijboer TC, Kollen BJ & Kwakkel G (2014) The impact of recovery of visuo-spatial englect on motor recovery of the upper paretic limb after stroke. PLoS One, 9 (6) IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI SESSIONE VIII
NEUROCHIRURGIA 1

1. Glioblastoma e glioblastoma "recurrent": approccio multimodale, trattamento ed indi-
cazione a "second surgery"

Amoroso R.
Autori: Amoroso R., Santonocito O.
(U.O. Neurochirurgia - Azienda Usl Toscana Nordovest – Livorno)
Il glioblastoma rappresenta circa il 15-20% di tutti i tumori intracranici. La chirurgia è indubbiamente il primo atto terapeutico per ottenere una corretta diagnosi istologica, migliorare le condizioni neuro-logiche del paziente, ottenere una citoriduzione per favorire le terapie adiuvanti successive. Lo scopo è quello di una rimozione quanto più radicale possibile, cercando di preservare integra la funzione. La rimozione chirurgica radicale (gross total removal) è legata ad una sopravvivenza mediana più lun-ga. Vi è anche la possibilità di una "seconda chirurgia" in casi selezionati, sia nella recidiva che nella progressione di malattia.
Tutti i nostri pazienti sono valutati con approccio multidisciplinare, insieme agli specialisti oncologo e radioterapista, neurologo, neurofisiologo, neuroradiologo, anatomo-patologo, per garantire la comple-tezza delle cure, partendo dalla diagnosi, al trattamento chirurgico sino alle cure successive. I casi cli-nici vengono discussi a cadenza settimanale, pianificando la migliore strategia terapeutica per ciascun paziente. I pazienti, dopo l'intervento chirurgico e durante i trattamenti successivi, vengono seguiti nel follow-up presso il nostro ambulatorio dedicato alle patologie oncologiche del SNC.
2. "Di nuovo?" - Se il glioblastoma ricorre in famiglia: la nostra esperienza ed i progressi
della comunità scientifica

Lippa L.
Autori: Lippa L. , Lavalle L. , Branco D. , Cavandoli C. , Mileo E. , Batani B. , Oliveri G. , Di Gia-
como A.M.*, Cerase A.°
( U.O. Neurochirurgia, A.O.U.S. Policlinico ‘Santa Maria alle Scotte', Siena; *Medical Oncology
and Immunotherapy, A.O.U.S. Policlinico ‘Santa Maria alle Scotte', Siena; °U.O. NINT - Neuroim-
magini e Neurointerventistica, A.O.U.S. Policlinico ‘Santa Maria alle Scotte', Siena)
Nonostante i progressi fatti finora la diagnosi di glioblastoma (GBM) è a prognosi infausta e comporta
generalmente un breve survival.
A differenza di altre neoplasie, per i gliomi la ricorrenza di casi in famiglia non è nè attesa nè indagata
di prassi; tuttavia circa il 5% dei gliomi presenta un pattern familiare. Solo recentemente il Gliogene
Consortium ha dimostrato il coinvolgimento del gene POT1 nella predisposizione allo sviluppo di
glioma.
Come esperienza di singolo centro riportiamo due set di fratelli affetti da GBM con anamnesi negativa
per sindromi a carattere eredo-familiare note.
Scopo di questa comunicazione è esporre i quesiti che questo evento ci ha portato ad affrontare, in
primis quelli dei familiari che rimane nostro dovere orientare allo stato dell'arte confrontandoci con la
letteratura disponibile ed i trials arruolanti, anche in assenza di risposte definitive riguardo a specifici
target terapeutici.
3. Malattia di Moya Moya una serie di 26 casi trattati con by-pass indiretto
Peri G.
Autori: Peri G. , Grandoni M.*, Mura R. , Arcovio E. , Branco D.°, Donati P. , Mussa F. , Sanso M. ,

IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Scagnet M. , Spacca B. , Giordano F. , Genitori L.
( Neurochirurgia AOU Meyer, Firenze, *Neurochirurgia Policlinico Tor Vergata, Roma, °Neurochi-
rurgia AOU Senese)

INTRODUZIONE:La malattia di Moyamoya (MMD) è una patologia cerebrovascolare occlusiva cronica, nella quale le porzioni terminali intracraniche delle arterie carotidi interne e/o i segmenti iniziali delle arterie cere-brali anteriori e medie progressivamente vanno incontro a restringimenti e a chiusura, con conseguen-te sviluppo di circoli collaterali cerebrali compensatori formati da piccoli vasi di sottile diametro. MMD mostra due picchi di insorgenza: uno a circa cinque anni di età, che si manifesta principal-mente con lesioni ischemiche e uno a circa 40 anni, che si manifesta prevalentemente con lesioni emorragiche.
MATERIALI E METODI:Abbiamo considerato 26 pazienti affetti da malattia di Moyamoya, studiati tra il 1995 e il 2015. 14 femmine e 12 maschi con una età media di 18,5 aa (6 mesi – 55 anni).
In 13 pazienti era presente una localizzazione sinistra, in 5 pazienti una localizzazione destra e bila-terale in 8 pazienti.
Tra le diverse tecniche chirurgiche di vascolarizzazione indiretta, la più frequentemente usata è stata la EDAMS (Encephalo Duro Arterio Myo Synangiosis) in 19 casi, la tecnica EDAS (Encephalo Duro Arterio Synangiosis) in 6 casi, ed infine MCBH (Multiple Cranial burr holes) con 1 caso. RISULTATI:La tecnica chirurgica si è dimostrata efficace e migliorativa in 24 casi dimostrati con risonanza ma-gnetica cerebrale in cui non si sono avute ulteriori ischemie; in 9 casi in cui è stata eseguita anche angiografia cerebrale è stata dimostrata una nuova angiogenesi cerebrale in 8 pazienti. Per quanto concerne la morbilità, 2 casi di ischemia precoce post-operatoria transitoria (1 caso EDAS ed 1 caso EDAMS), 2 casi di fistola liquorale (1 caso risolto con rachicentesi depletiva e 1 caso risolto con plastica durale), ed infine 1 caso di afasia transitoria.
Non sono stati evidenziati casi di mortatilità.
4. La chirurgia Trans Rino-sfenoidale Endoscopica Pura: vantaggi nella gestione di Adenomi
ipofisari e di altre lesioni sellari-parasellari

Pieri F.
Autori: Pieri F., Santonocito O.
(Unità Operativa Complessa Neurochirurgia, Ospedale di Livorno, Azienda USL Toscana Nord
Ovest)

Gli Autori descrivono la loro esperienza nell'utilizzo della tecnica trans rino-sfenoidale endoscopica per la gestione di 77 pazienti consecutivi affetti da lesioni sellari e parasellari. Vengono in particolare descritti i vantaggi di tale tecnica rispetto alla classica tecnica trans sfenoidale microchirurgica tra cui la maggiore radicalità e selettività nella resezione e la minore invasività con conseguente minor disagio per il paziente che è in grado di garantire. 5. Dural AVM intracraniche (fistole artero venose durali): presentazione clinica, diagnosi e
trattamento – esperienze ed esempi clinici dell'UO di Neurochirugia di Livorno

Rizzi P.A.
Autori: Rizzi P.A.*, Capozza M.*, Santonocito O.*
(*Neurochirurgia di Livorno – Azienda Usl Nordovest –Toscana)
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Le malformazioni artero-venose durali intracraniche sono un gruppo distinto di anomalie vascolari caratterizzate da shunt artero-venosi che si realizzano nei foglietti della dura madre. propriamente dette (< 3%). Si ritrovano frequentemente in adiacenza dei seni venosi, in particolare del trasverso-sigmoide. L'eziologia può essere secondaria a traumi cranici, trombosi venose spontanee o infettive, chirurgia. I vasi di rifornimento provengono sia da carotide interna che esterna, sia frequentemente da arteria occipitale. L'esordio clinico è eterogeneo: tinniti, cefalea, fruscio occipitale, emorragia cerebra-le. Constano del 10 – 15 % di tutte le AVM ed hanno un tasso di sanguinamento più basso delle AVM propriamente dette I L'aggressività delle DAVM intra-craniche è dipesa dal tipo di drenaggio: in seno durale; nei seni con flusso retrogrado in vene corticali o direttamente in vene corticali; gli ultimi due sono più aggressivi e collegati ad emorragie cerebrali e danni neurologici. Nella nostra esperienza clinica abbiamo trattato numerose DAVM intra-craniche aggressive con esor-dio clinico differente. La sfida di questo tipo di malformazioni è sia diagnostica che terapeutica. Tc cranio, Angio TC/RM encefalo e angiografie sono indispensabili e complementari nel corretto inqua-dramento. Il trattamento, oggetto di discussione, può essere radioterapico, embolizzante, chirurgico. Il nostro approccio prevede un accurato studio e comprensione della fistola AV, per la pianificazione dell'intervento chirurgico. Presentiamo alcuni casi trattati nella nostra U.O. Con breve contributo vi-deo 6. Lussazione Atlo-Occipitale associata a distonia cervicale
Barbagli G.
Autori: *Wembagher G.C. , *Barbagli G. , *Barni I. , **Prestipino E. , *Romoli S., *Ammannati F.
(*Neurochirurgia I AOU Careggi, **Clinica neurologica 1 AOU Careggi)
La distonia è un disordine involontario del movimento caratterizzato da contrazioni muscolari improv-vise che possono essere estremamente violente e dolorose; può contribuire allo sviluppo di spondilosi cervicale; tuttavia associata a sublussazione Atlo-Occipitale è una condizione rara. Presentiamo il caso di un paziente di di 59 anni, affetto da distonia dall'età pediatrica su base menin-gitica, con tetraparesi ingravescente nell'arco di due mesi e rilievo di lussazione Atlo-Occipitale alla risonanza magnetica cervicale, sottoposto a stabilizzazione C0-C2 per via posteriore.
Secondo la nostra esperienza e la revisione della letteratura a riguardo, la stabilizzazione posteriore C0-C2 e C1-C2 risulta essere un'ottima soluzione terapeutica per quanto riguarda le lussazioni pro-gressive Atlo-Occipitali nei pazienti affetti da Distonia, quando vi è una diagnosi adeguata.
7. Artrodesi C1-C2 nel trattamento dell'instabilità C1-C2 post-traumatica: indicazioni,
esperienza clinica, follow-up

Capozza M.
Autori: Capozza M. , Giorgetti J. , Pieracci N. , Rizzi P. , Pieri F. ,Caprio A. , Santonocito O.
( Unità Operativa di Neurochirurgia, Azienda USL Toscana Nordovest Livorno)
L'instabilità post-traumatica del segmento C1-C2 è una patologia che può portare a severe conseguen-ze in termini di mortalità e disabilità, pertanto richiede un trattamento chirurgico sicuro ed efficace. Per la complessità delle strutture anatomiche presenti nell'area cranio-cervicale, la mancata o ritardata diagnosi può portare rapidamente il paziente incontro a morte per insufficienza respiratoria acuta o a grave disabilità che di solito si esprime con insorgenza di tetraparesi o tetraplegia. Una diagnosi efficace prevede l'esecuzione di TC mirata C0-C3 a strato sottile con ricostruzioni mul-tiplanari con studio del decorso delle arterie vertebrali e, a completamento imaging, una RM della IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI regione cranio-cervicale, indispensabile per valutare eventuali danni ligamentosi e midollari. Questo consente una corretta selezione del paziente che, nel nostro centro, aderisce ai criteri AO.
Sebbene sia argomento noto in Letteratura, il trattamento chirurgico dell'instabilità C1-C2 post-trau-matica è ancora oggetto di discussione, in termini di capacità di fusione, risultati clinici e rischi chi-rurgici.
L'artrodesi C1-C2 strumentata per via posteriore secondo Harms è un intervento che ripristina il nor-male allineamento del rachide cervicale alto e consente di preservare oltre il 50% di capacità di ro-tazione della testa sul collo.
Tale tecnica chirurgica, in mani esperte, garantisce a nostro avviso il massimo in termini di fusione, di ripristino della biomeccanica del rachide e, confrontata con altre opzioni terapeutiche, può essere considerata mini-invasiva. Nella nostra esperienza, gli ottimi risultati clinici e radiografici e le rare complicanze, rendono questo tipo di intervento l'opzione di prima scelta nel trattamento dell'instabilità C1-C2 post-traumatica. Presentiamo pertanto i risultati della nostra esperienza clinica evidenziando i criteri per la diagnosi e la selezione del paziente, la tecnica chirurgica step by step, le possibili complicanze ed il follow-up a medio/lungo termine. 8. Valore predittivo di [123I]FP-CIt-SPECt sull'outcome chirurgico nell'idrocefalo cronico
dell'adulto: studio pilota
Del Gamba C.

Autori: Del Gamba C. , Minafra B.*, Zangaglia R.*, Di Carlo D.°, Benedetto N.°, Perrini P.°, Bonuccelli
U.°, Pacchetti C.*, Ceravolo R .
( U.O. Neurologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, A.O.U.P, Università di Pisa; * U.O.
Parkinson e Disordini del Movimento, Istituto Neurologico Nazionale Fondazione "C Mondino", IRCCS,
Pavia; °U.O. Neurochirurgia, Dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in Medicina e
Chirurgia, A.O.U.P, Università di Pisa)

Introduzione e background: L'idrocefalo cronico dell'adulto (IACH) è una sindrome caratterizzata da dilata-zione ventricolare variabilmente associata ad una triade clinica costituita da disturbo della marcia, demen-za, incontinenza urinaria. IACH può inoltre essere associato a segni extrapiramidali. L'obiettivo del nostro studio è stato valutare se un'eventuale disfunzione nigro-striatale sottostante possa condizionare l'outcome chirurgico.
Materiali e metodi: Sono stati inlcusi venti pazienti con diagnosi di IACH (secondo le linee guida cliniche e radiologiche internazionali di IACH) e parkinsonismo, definito da ≥ 1 segno tra tremore di riposo, bra- dicinesia e rigidità (valutati con Unified Parkinson's disease rating scale, UPDRS-III). Tutti i pazienti hanno effettuato una [123I]FP-CIT SPECT e un trattamento farmacologico con levodopa per 6 settimane. Diciotto pazienti sono stati sottoposti ad intervento di derivazione ventricolo-peritoneale, i restanti due sono stati sottoposti a terzo-ventricolostomia. Prima e dopo (3 e 6 mesi) l'intervento sono state valutate le funzioni motorie, urinarie e cognitive attraverso la Japanese normal pressure hydrocephalus grading scale – revised (JNPHGSR) e il Mini-Mental State Examination (MMSE).
Risultati: In 10 pazienti è stato evidenziato un ridotto uptake striatale (IACH-p), in 10 pazienti è stata invece constatata una normale captazione dopaminergica (IACH-n). I due gruppi di pazienti non differivano sta-tisticamente per età, durata di malattia, presentazione clinica e UPDRS. I pazienti IACH-p hanno mostrato una risposta alla terapia cronica con levodopa più frequentemente rispetto a IACH-n. Il gruppo IACH-n ha mostrato, a 3 e 6 mesi dopo l'intervento, un significativo miglioramento rispetto al gruppo IACH-p alla valutazione con JNPHGSR e MMSE.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Conclusioni: I nostri risultati, sebbene su una casistica limitata, suggeriscono che l'evidenza di una dener-vazione nigro-striatale nei pazienti con IACH e parkinsonismo, dovuto ad un concomitante processo dege-nerativo o ad un danno meccanico da compressione, possa predire un outcome negativo dopo intervento chirurgico.
9. Management trattamento invasivo del dolore facciale, esperienza del singolo centro
Di Carlo D.
Autore: Di Carlo D.
(UO di Neurochirurgia, AOUP Pisa)
INTRODUZIONELa sindorme da dolore facciale è stata accuratamente descritta e classificata da Burchiel nel 2003 in base alla sintomatologia ed alla storia clinica del paziente. Questo autore ha individuato sette diffe-renti classi: Nevralgia trigeminale Tipo 1; Tipo 2; Dolore trigeminale neuropatico (post trauma, post chirurgico) ; Dolore trigeminale da deafferentazione; Nevralgia trigeminale Sintomatica (da Sclerosi Multipla); Nevralgia post-erpetica e Dolore Facciale Atipico. In ogni caso la caratterizzazione e l'in-clusione in classi delle forme storicamente nominate "atipiche", presenta tutt'oggi numerose difficoltà. I trattamenti invasivi proposti dal nostro gruppo per tale popolazione di pazienti sono: la decompres-sione microvascolare per via retrosigmoidea, l'alcolizzazione del Ganglio Sfeno Palatino (SPG) per via percutanea neuronavigata e la microcompressione del Ganglio di Gasser per via percutaneaMATERIALI E METODIAbbiamo considerato un totale di 51 pazienti con storia positiva per dolore facciale (secondo L'Inter-national Headeache society), trattati tra il Marzo 2013 e Febbraio 2016.
La popolazione, 29 donne e 22 uomini, è di età compresa tra i 21 e gli 80 anni (media di 60,43 anni)25 pazienti sono stati trattati mediante decompressione microvascolare per via retrosigmoidea: 16 pa-zienti presentavano una nevralgia trigeminale Tipo 1, 9 pazienti una nevralgia trigeminale tipo 2.
10 pazienti sono stati trattati mediante alcolizzazione del ganglio sfeno-palatino per via percutanea neuronavigata: 2 pazienti presentava nevralgia trigeminale sintomatica, 2 pazienti una nevralgia tri-geminale Tipo1; 2 pazienti una nevralgia trigeminale Tipo2; 4 pazienti presentavano Dolore Facciale Atipico16 pazienti sono stati trattati mediante microcompressione percutanea del Ganglio di Gasser: 8 pre-sentavano nevralgia di Tipo 2 persistente dopo altro trattamento invasivo, 4 nevralgia trigeminale sinto-matica, 4 nevralgia Trigeminale di Tipo 1 non sottoponibili per altra causa a procedura di decompres-sione microvascolareTutti i pazienti sono stati valutati nel pre e nel post operatorio mediante VAS scale con follow up varia-bile da 2 mesi a 3 anniRISULTATIDei 25 pazienti trattati con decompressione microvascolare il 24% (6 pazienti) continua ad assumere terapia farmacologica dopo la procedura chirurgica per il controllo del dolore residuo, di questi pa-zienti 3 presentavano una nevralgia trigeminale Tipo 1 di lunga durata (dai 5 ai 10 anni), 3 pazienti una nevralgia Tipo 2. Il 74% dei pazienti (19) non assume attualmente terapia farmacologica per il controllo del dolore.
Dei 10 pazienti trattati con Alcolizzazione del Ganglio Sfeno Palatino per via percutanea neuronavi-gata. 5 pazienti hanno avuto completa remissione del dolore a 4 mesi dalla procedura, 2 di essi non hanno riscontrato nessun miglioramento e 3 di essi hanno presentato remissione della sintomatologia a 2 mesi dalla procedura.
Dei 16 pazienti trattati con microcompressione percutanea del Ganglio di Gasser 8 (50%) di questi IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI presentano remissione della sintomatologia completa, 7 (43,75%) continuano ad assumere terapia farmacologica per il controllo del dolore residuo, 1(6,25%) non ha riscontrato nessun miglioramentoCONCLUSIONIIl management invasivo del dolore facciale richiede un team dedicato che abbia l'esperienza necessaria ad interpretare un accurata flowchart volta a selezionare il trattamento più adeguato al singolo caso.
SESSIONE IX
NEUROCHIRURGIA 2

1. La Biopsia stereotassica nella diagnostica delle lesioni sovratentoriali: confronto tra la
metodica classica TC guidata con casco stereotassico e la metodica frameless con neuro-
navigatore

Marchese G.
Autori: Marchese G., Barbagli G., Pansini L., Morone F., Bono P., Ammannati F.
(SOD Neurochirurgia 1 e 2 AOU Careggi)
La biopsia stereotassica nella diagnostica delle lesioni intracraniche sovratentoriali rappresenta un va-lido ed efficiente strumento diagnostico, gravato da un basso tasso di complicanze peri e post operato-rie, vista la sua scarsa invasività, e da un'alta accuratezza diagnostica, con dati che la letteratura inter-nazionale attesta sopra il 90% in riferimento a diagnosi istologiche ottenute mediante la procedura.
Le complicanze più frequenti sono date da infezioni e sanguinamenti del punto in cui si è effettuato il prelievo, che, a seconda dell'area cerebrale in cui è situato, può dar luogo a manifestazioni cliniche come la comparsa di nuovi deficit neurologici o l'aggravamento di deficit preesistenti.
La metodica tradizionale si avvale del montaggio del casco stereotassico, fissato poi alla testa del pa-ziente tramite 4 viti.
Successivamente il paziente effettuerà una TC con il casco addosso che consentirà la localizzazione sui tre piani dello spazio (x,y,z) del punto preciso che si vuole raggiungere.
Una volta eseguiti i calcoli e scelto il punto in cui andare ad effettuare il prelievo, il paziente viene portato in sala operatoria dove, in anestesia generale o in locoregionale (a seconda di fattori come le condizioni cliniche del paziente), viene montato sul casco l'arco che determinerà il punto di accesso e la traiettoria dell'ago da biopsia (ago di Sedan), attraverso una piccola incisione della cute ed un foro di trapano del diametro di circa 12-15 mm.
La metodica frameless, sviluppata molto più recentemente grazie anche al miglioramento della preci-sione delle tecniche di neuronavigazione, ha, come dice la parola stessa frameless, il grosso vantag-gio di non necessitare del montaggio del casco stereotassico e quindi risultare più confortevole per il paziente, ma soprattutto di consentire al chirurgo di scegliere la traiettoria che ritiene più sicura per raggiungere il punto stabilito, andando ad evitare per quanto possibile il passaggio attraverso aree elo-quenti, riducendo così il rischio di complicanze per il paziente.
Per essere effettuata, la procedura frameless necessita di un software dedicato sul neuronavigatore e di una RMN a strato sottile (con scansioni di 1 mm o inferiori).
Una volta importata la RMN sul neuronavigatore, il chirurgo sceglierà il punto che ritiene migliore per andare ad effettuare il prelievo bioptico andandolo a marcare e potendolo verificare sui tre piani dello spazio (assiale, sagittale e coronale), andando poi a scegliere il punto di ingresso e la traiettoria dell'ago, avendo così la possibilità di scegliere la traiettoria più breve, o comunque la più sicura per raggiungere il punto in cui prelevare il tessuto.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI A questo punto il paziente viene portato in sala operatoria, e tramite l'ausilio di specifici markers (ottici o magnetici), la RMN caricata sul navigatore verrà co-registrata con la testa stessa del paziente.
Successivamente viene praticata un'incisione simile per dimensioni a quella praticata nella metodica classica, un foro di trapano, e l'ago con cui andare ad effettuare il prelievo fornirà in tempo reale, gra-zie alla presenza di un localizzatore specifico, informazioni sulla direzione, l'inclinazione e la profon-dità che consentono di raggiungere in maniera sicura il punto precedentemente scelto.
L'obiettivo di questo lavoro è l'illustrazione delle due tecniche, dei rispettivi vantaggi e svantaggi, ed il racconto dell'esperienza della SOD Neurochirurgia 1 dell'AOU Careggi, che ha a disposizione gli strumenti per eseguire la procedura secondo la metodica tradizionale e frameless.
2. Il ruolo della Gamma-Knife nel melanoma uveale. La nostra esperienza: caso trattato
con centramento TC

Pansini L.
Autori: Pansini L. , Bordi L. , Laiso A. , Bono P. , Ammannati F. , Mazzini C. *, Miele A.*, °Scoccian-
ti S., °Greto D., °Desideri I.
( Neurochirurgia AOU Careggi Firenze; *Oculistica AOU Careggi, Firenze; °Radioterapia AOU
Careggi, Firenze)

Il melanoma della coroide è un tumore maligno a partenza melanocitaria che si sviluppa all'interno della tunica vasculare dell'occhio: l'uvea o coroide. Esordisce con un ipovisus causato dal distacco retinico sovrastante. La diagnosi si effettua con una ecografia dell'occhio e una fluorangiografia. Il trattamento chirurgico di pertinenza oculistica comprende l'enucleazione del bulbo oculare; alcu-ne lesioni, in particolar modo quelle più posteriori, possono prestarsi a trattamento radiochirurgico Gamma-Knife. Previo montaggio di casco stereotassico Leksell, si esegue RMN con mdc a strato sottile per effettuare il trattamento gamma-knife programmato della lesione. Nell'ultimo caso trattato il paziente era stato sottoposto ad intervento cardiochirurgico negli anni '90, con conseguente fissaggio dello sterno con materiale non RM-compatibile. Abbiamo quindi verificato la qualità delle immagini con TC con mdc a strato sottile e abbiamo di conseguenza effettuato il tratta-mento su TC, senza impedimenti di sorta, nonostante in letteratura non vi siano dati a riguardo.
Attendendo il follow-up, al momento sembra comunque possibile ed altrettanto efficace trattare questo tipo di lesioni con la TC, nei pazienti che non possono essere sottoposti a RMN (es. portatori di Pace-maker), aumentando lo spettro d'azione di questa efficace terapia, risparmiando il bulbo oculare da una eventuale enucleazione.
3. Schwannoma della fossa pterigo-palatina: case report
Pieri F.
Autori: Pieri F., Marconi F., Lenzi R.*, Muscatello L*., Santonocito O.
(Unità Operativa Complessa Neurochirurgia, Ospedale di Livorno, *Unità Operativa Otorinola-
ringoiatria, Ospedale di Massa, Azienda USL Toscana Nord Ovest)

Descriviamo il raro caso di una giovane paziente affetta da nevralgia trigeminale cui è stato diagnosti-cato uno schwannoma della fossa pterigo-palatina sinistra.
La paziente è stata sottoposta ad intervento chirurgico di exeresi del neurinoma con tecnica trans rino-mascellare endoscopica.
Il decorso post-operatorio è stato regolare, privo di complicanze, la resezione totale, la nevralgia in progressivo miglioramento.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 4. Meningiomi en plaque sfeno-temporo-orbitari
Pieri F.
Autori: Pieri F., Santonocito O.
(Unità Operativa Complessa Neurochirurgia, Ospedale di Livorno, Azienda USL Toscana Nord
Ovest)

Gli Autori descrivono la loro esperienza nella gestione dei meningiomi en plaque sfeno-temporo-orbitari, lesioni invasive ed infiltranti benchè spesso non atipiche dal punto di vista istologico. Vengono in particolare descritte la presentazione clinica, il quadro neuroradiologico, la tecnica chirurgica di exeresi e di ricostruzione utilizzata per la gestione di tre pazienti affetti da meningiomi sfeno-temporo-orbitari a sviluppo infratemporale/endosfenoidale 5. Terapia mini-invasiva mediante tecnica di decompressione e coagulazione discale termi-
ca con luce pulsata al plasma (PDCT: percutaneous disc coagulation therapic): un nuovo
metodo di trattamento delle ernie discali lombari e cervicali. Esperienza preliminare in 44
pazienti

Grazzini I.
Autori: Servillo R. , Khader L. , Grazzini I. , Ferrara M.*, Galluzzi P.*, Cerase
A.*, Monti L.*, Bellini M.*.
( Sezione di Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuro-
scienze, Università di Siena; *UOC Neuroimmagini e Neurointerventistica, Dipartimento Scien-
ze Neurologiche e Neurosensoriali, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Policlinico "Santa
Maria alle Scotte", Siena)

OBIETTIVO:In questo studio presentiamo i risultati preliminari, ed i vantaggi, di una cohorte di 44 pazienti sotto-posti a coagulazione discale intervertebrale percutanea al plasma (PDCT).
MATERIALI E METODI:Sono stati trattati 44 pazienti (età media 52,7) affetti da ernia discale sintomatica, lombare (48 casi) o cervicale (6 casi). Come criteri di inclusione al trattamento sono state considerate ernie del disco lombari o cervicali, contenute o estruse, in assenza di frammenti discali liberi, responsabili di radi-colopatie non responsive a trattamento conservativo (riposo e fisioterpia) per almeno 6 settimane. L'esame TC o RM ha confermato patologia discale congrua con i sintomi. I pazienti sono stati valutati clinicamente con test Neurodinamici, punteggio Visual Analog Scale (VAS) e Oswestry Disability Index (ODI) prima e a distanza di 3 mesi dalla procedura. Il trattamento mediante sistema PDCT (PLASMA D30, Jeisys Corporation, Seoul, South Korea) è stato eseguito con generatore dotato di laser al diodo (980 nm di lunghezza d'onda) e fibra ottica di 0,4 cm. Tutti i trattamenti sono state eseguiti sotto guida fluoscopica digitale (Innova 3131 iq, General Electric Healthcare, CT, USA) previa anestesia locale e terapia antibiotica "short term". La fibra al plasma viene impiegata su 2 punti all'interno del nucleo polposo e 1in prossimità dell' anulus.
RISULTATI:Non si è verificata nessuna complicanza maggiore; 16 pazienti hanno presentato moderato dolore e senso di calore durante l'applicazione del plasma in prossimità dell'anulus fibroso, immediatamente scomparso alla fine del trattamento. Non ci sono stati casi di infezioni, danni radicolari o sanguina-menti; la maggior parte dei pazienti (36) ha dimostrato sensibile miglioramento della sintomatologia con riduzione significativa della scala VAS (p< 0,001).
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI CONCLUSIONI:Rispetto a tecniche analoghe(es. decompressione discale con laser PLDD), la PDCT non ha direziona-lità, crea decompressioni focali controllate e induce organizzazione proteica consentendo di lavorare con temperature più basse poichè concentra tutta l'energia in un solo punto all'estremità della fibra. Sebbene l'energia sia molto elevata, i tessuti circostanti, inclusi i gangli radicolari, non vengono lesi. Il risultato finale è sia dovuto ad effetto indiretto della decompressione che alla retrazione diretta della componente erniata. La PDCT è un metodo di decompressione mini-invasiva, che può avere effetti sicuri in pazienti correttamente selezionati.
6. Efficacia del trattamento percutaneo mediante impianto di "device" "Spi- neJack" nel
ripristino anatomico controllato dei cedimenti e delle fratture vertebrali traumatiche di
tipo Margel A2 e A3, del rachide dorso-lombare: studio preliminare in 10 pazienti

Servillo L.
Autori: Servillo R., Khader L., Grazzini I., Ferrara M., Galluzzi P., Cerase A., Monti L., Bellini M.
(Sezione di Diagnostica per Immagini, Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuro-
scienze, Università di Siena)

OBIETTIVO:E' stata valutato la sicurezza e l'efficacia dell'apposizione di impianti al titanio nel trattamento dei cedimenti e delle fratture vertebrali dorso-lombari (VCFs) traumatiche.
MATERIALI E METODI:E' stato condotto uno studio retrospettivo su 10 pazienti (età media 57 anni) con diagnosi di frattura traumatica VCFs del rachide dorsale (n.7) e lombare (n.4) trattati con cemento plastica percutanea pre-vio impianto di "Spinejack" device (VEXIM SA Balma-France). In un paziente sono stati impiantati due device contemporaneamente, per un totale di 11 fratture trattate. Una volta posizionati gli impianti si è proceduto all'iniezione di cemento biologico ad alta viscosità (Interface TM, VEXIM SA Balma-France) composto per il 50% da particelle di idrossiapatite. I criteri di inclusione sono rappresentati da fratture e/o cedimenti vertebrali, VSC, traumatiche di tipo A2.2 (n.1), A2.3 (n.7) e A3.1 (n.3), in accordo con la classificazione di Magerl. I criteri di esclusioni sono invece rappresentati da fratture spontanee su osteoporosi e fratture neoplastiche, così come la presenza di dislocamento del muro posteriore con occupazione di più di un terzo del canale spinale.
RISULTATI:Tutti i pazienti sono stati sottoposti a tale procedura entro 3 settimane dall'evento traumatico; non ci sono state complicanze. Piccoli, asintomatici, leankage del cement, lungo la linea di frattura, si sono verificati in 3 pazienti. In 7 pazienti è stato ottenuto un incremento dell'altezza vertebrale di circa 5 mm. Tutti i casi hanno mostrato notevole sollievo sintomatologico con significativa riduzione del VAS-scale; la misurazione del dolore riscontrata con la scala VAS, varia dal punteggio di 7.0 pre-intervento a 0 a 48 ore dall'intervento, ed è rimasto a 0 anche nei successivi follow-up. CONCLUSIONI:La valutazione pre-operatioria comprende scale VAS (Visual Analogue Scale) per la misurazione del dolore, imaging diagnostico mediante TC e RM con misurazione dell'altezza della vertebra coinvolta e classificazione di Margel. Tutte le fratture sono state trattate, previa anestesia locale, con inserzione di impianti Spinejack e cemento plastica (4ml), con accesso percutaneo trans peduncolare o extrape-duncolare. La sicurezza della procedura è stata valutata riportando gli eventi avversi (n.0). Il follow-up effettuato consiste in controlli clinico-radiologici a 3, 6 e 12 mesi dalla procedura. Questa tecnica percutanea presenta elevata efficacia e sicurezza nei pazienti con fratture VCFs grazie all'immediato IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI sollievo dal dolore, al ripristino dell'equilibrio sagittale e al duraturo miglioramento dell'anatomia e della qualità di vita. Ulteriori studi, su ampie-cohorti a lungo termine, sono necessari per confermare questi dati preliminari.
7. Calcinosi tumorale lombare sintomatica nella sclerosi sistemica
Case report e review della letteratura

Barbagli G.
Autori: Barbagli G., Barni I., Wembagher G.C., Gallina P., Conti R.
(Clinica Neurochirurgica, Università degli Studi di Firenze, Azienda Ospedaliero- Universitaria
Careggi)

La calcinosi è una patologia rappresentata da depositi peri-articolari di calcio. La calcinosi può essere associata a malattie reumatologiche. Si manifesta comunemente come massa calcifica a lenta cresci-ta nei tessuti molli attorno alle grandi articolazioni. Occasionalmente può avere effetto massa sulle strutture nervose e vascolari adiacenti. Raramente può avere localizzazione rachidea, in tal caso, sia il corpo che l'arco posteriore possono essere interessati con comparsa di manifestazioni neurologiche. Ancora più rara è la localizzazione lombare. La letteratura riporta solo tre casi, a localizzazione cer-vicale, in associazione con la sclerodermia. A nostra conoscenza, nessun caso di calcinosi lombare associata con sclerosi sistemica è stato mai descritto. Riportiamo qui il caso di una donna di 69 anni con calcinosi zigo-apofisaria monolaterale destra in L4 - L5 sintomatica affetta da concomitante scle-rosi sistemica. Il quadro clinico, di imaging, e quello anatomopatologico così come gli aspetti reuma-tologici sono presentati e discussi. 8. Protesi Discali Cervicali nella patologia degenerativa cervicale a singolo livello. Espe-
rienza del nostro centro

Barbagli G.
Autori: Barbagli G., Barni I., Wembagher G.C., Gallina P., Conti R.

(Clinica Neurochirurgica, Università degli Studi di Firenze, Azienda Ospedaliero- Universitaria
Careggi)

E' noto come in caso di spondilodiscoartrosi o ernia discale a singolo livello, una alternativa valida alla stabilizzazione per via anteriore, sia rappresentata dal posizionamento di una protesi discale. La tecnica di decompressione cervicale per via anteriore con stabilizzazione (ACDF), principalmente se mono-livello, non altera globalmente le escursioni di movimento del collo e comunque assicura il mantenimento della corretta lordosi. D'altro canto l'ACDF si associa ad alcuni effetti negativi come, ad esempio, l'alterazione della cinetica nel livello interessato e la possibilità di sviluppo di discopa-tia o di instabilità ai livelli adiacenti a quelli trattati. Dagli anni '90 la tecnica di artroplastica, cioè di posizionamento di una protesi intersomatica rappresenta un'alternativa più fisiologica alla stabilizza-zione. Questa tecnica consente di mantenere o recuperare la normale altezza del disco e la corretta lordosi, di preservare e di mantenere un certo grado di movimento del livello trattato. Da alcuni trials Europei e Nord Americani è emerso come la tecnica di artroplastica si associ, comunque, ad una non significativa incidenza di mobilizzazione nel tempo della protesi stessa. Presentiamo qui i casi trattati nel nostro centro con follow-up a 36 mesi in pazienti trattati per discopatia cervicale mono-livello e a cui è stata impiantata la protesi PRODISC®C. La scelta di questi pazienti è stata particolarmente rigi-da includendo soltanto i mono-livello e prevalentemente ernie discali in giovani. La valutazione del follow-up è stata eseguita secondo criteri clinici e radiologici usufruendo delle scale NDI e VAS per la valutazione della cervicobrachialgia pre- e post-intervento e richiedendo ai pazienti l'esecuzione IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI di una Rx del rachide cervicale al fine di valutare l'eventuale fusione spontanea del livello trattato e l'eventuale pull-out del sistema.
9. Leksell Gamma Knife revisione e considerazioni della casistica in regione Toscana
Laiso A.
Autori: Laiso A., Pansini L., Bordi L., Bono P.S., Ammannati F., Scoccianti S., Greto D., Desideri I.
(SOD Neurochirurgia 1 e 2 AOU Careggi)
La radiochirurgia mediante Gamma Knife è oramai una procedura con un comprovato ruolo in neuro-chirurgia, che conta un numero crescente di casi. Grazie allo sviluppo di nuove tecnologie ed all'esperienza maturata in questo campo, è oggi una vali-da alternativa all'ablazione chirurgia ed alla radioterapia convenzionale.
La Gamma Knife non rappresenta semplicemente una metodica radioterapica, quest'ultima si basa infatti sul principio di radiosensibilità del tessuto neoplastico e sulla capacità del tessuto sano di resi-stere all'insulto creato, d'altro canto la radiochirurgia è una vera e propria forma di ablazione chirur-gica, che induce la morte cellulare solo nel target selezionato e la regressione della lesione, anche se radioresistente.
Ad oggi, sul territorio toscano, la radiochirurgia, nonostante rappresenti una metodica convalidata a livello mondiale ed in continuo sviluppo, ha una potenzialità, che in virtù della prevalenza delle pato-logie trattate, presenta un ancor più ampio margine di sfruttamento.
Cogliamo quindi l'occasione di questo interessante congresso per presentare in maniera sistematica le indicazioni a questo tipo di trattamento e per fare un punto sulla situazione attuale in Toscana.
SESSIONE X
COMUNICAZIONI A TEMA LIBERO 1

1. Sindrome MELAS: case report di un paziente sottoposto a biopsia cerebrale e con riscon-
tro della mutazione m.3243a>g

Morone F.
Autori: Morone F., Barni I., Pansini L., Barbagli G., Bono P., Ammannati F.
(SOD Neurochirurgia 1 e 2, AOU Careggi)
La sindrome MELAS fa parte di un insieme di malattie caratterizzate da mutazioni specifiche del DNA
mitocondriale come la MERRF (myoclonus, epilepsy, ataxia andò ragged red fibers), la sindrome di
Kearns-Sayre e la neuropatia ottica ereditaria di Leber. La mutazione più comune associata alla sin-
drome MELAS è la m.3243A>G del gene MT-TL1 che determina un'alterazione della sintesi proteica
mitocondriale e l'incapacità dei mitocondri disfunzionali di produrre energia sufficiente a soddisfare
le esigenze dei vari organi. In particolare l'acronimo MELAS si riferisce al corteo di manifestazioni
cliniche peculiari della malattie: encefalopatia mitocondriale, acidosi lattica ed episodi simili ad ictus.
Tuttavia la sindrome MELAS può presentarsi con sintomi molto vari e con un decorso clinico impre-
vedibile, determinando spesso diagnosi erronee come encefalite, neoplasie cerebrali o ictus cerebri;
inoltre la correlazione tra manifestazioni cliniche e fisiopatologia non è ancora completamente chiara.
Il riconoscimento di questa malattia mitocondriale, pertanto, potrebbe risultare difficoltoso e dovrebbe
basarsi sulla clinica, sull'imaging neuroradiologico, sulla biopsia muscolare e sull'analisi genetica.
Riportiamo il caso di un paziente giunto nel nostro reparto nel mese di maggio del 2015 per un epi-
sodio di confusione mentale e disfasia, con evidenza agli accertamenti neuroradiologici di un area di
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI alterato segnale a livello del lobo temporale sinistro, sottoposto a biopsia a cielo aperto della lesione e con successivo rilievo della mutazione m.3243A>G caratteristica della sindrome MELAS . 2. La variabilità clinica delle sindromi paraneoplastiche: report di 6 casi
De Luca C.
Autori: De Luca C. , Pizzanelli C. , Ferraro M.R. , Rizzo S. , Schirru A. , Pasquali L. , Ceravolo R. ,
Mancuso M. , Moretti P. , Bonuccelli U.
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa/Dipartimento di Neuro-
scienze, UO Neurologia, AOU-Pisa)

La variabilità clinica delle sindromi paraneoplastiche: report di 6 casiLe sindromi paraneoplastiche neurologiche (SPN) rappresentano rare manifestazioni cliniche di neo-plasie con coinvolgimento del sistema nervoso centrale (SNC), di quello periferico (SNP) od entrambi. Le SPN possono presentarsi con forme di encefalite, sindromi cerebellari o poliradicolonevriti, renden-do complesse la diagnosi e l'individuazione dell'agente eziologico. Si ritiene che la patogenesi delle SPN sia immuno-mediata attraverso meccanismi di mimesi molecola-re degli antigeni tumorali. Nell'80% dei casi le SPN rappresentano il sintomo di un tumore non ancora diagnosticato e possono essere quindi fondamentali nel guidare una diagnosi precoce. Riportiamo la casistica di SPN ricoverate negli ultimi 24 mesi presso la Clinica Neurologica dell'AOUP: 1) donna di 75 anni con diagnosi di tumore neuroendocrino del retto, asportato nei mesi precedenti, ricoverata per deficit di forza agli arti inferiori e confusione, dimessa con diagnosi di poliradicoloneu-ropatia ed encefalite limbica; in particolare le indagini di laboratorio hanno dimostrato una positività per gli anticorpi anti-Hu;2) donna di 50 anni operata per timoma infiltrante poche settimane prima, ricoverata per stato confu-sionale e grave deficit della memoria di fissazione; dimessa con diagnosi di encefalite limbica; 3) donna di 77 anni ricoverata per ipostenia agli arti inferiori, atassia e disartria; dimessa con diagnosi di sindrome di Lambert-Eaton (possibile) secondaria a neoplasia polmonare, tuttora in corso di defini-zione;4) uomo di 80 anni sottoposto di recente a radioterapia per tumore neuroendocrino dello sfenoide, in remissione radiologica, ricoverato per disartria, atassia, nistagmo ed episodi di vomito; dimesso con diagnosi di degenerazione cerebellare subacuta, con positività per gli anticorpi anti-Hu; 5) donna di 63 anni ricoverata per stato confusionale e disturbo della deambulazione, dimessa con diagnosi di encefalite limbica, stato epilettico e poliradicoloneuropatia; nel suo caso è stata dimostrata la positività per gli anticorpi antiMA2, senza evidenza di neoplasia; 6) uomo di 60 anni con parestesie ai quattro arti, specie alle estremità, dimesso con diagnosi di poli-radicoloneuropatia subacuta e positività degli anticorpi anti-Hu; le indagini mirate all'individuazione della neoplasia sono risultate negative. La casistica riportata sottolinea l'estrema variabilità di presentazione clinica delle SPN. Il trattamento primario della neoplasia e le terapie immunomodulanti con immunoglobuline, steroidi o plasmaferesi sono state utilizzate con altrettanto variabile beneficio clinico.
3. Embolia cerebrale gassosa dopo procedura di video-toracoscopia
Scarpino M.
Autori: Scarpino M. , Cappelli F.*., Lanzo G. , Moretti M.°, Misuri G.§, Pistolesi
F.§, Amantini A. , Grippo A.
( SODc Neurofisiopatologia, *Terapia intensiva integrata, Dipartimento Cardio Toraco Vascolare,
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI °Servizio di Neuroradiologia, §Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria - AOU Careggi, Firenze) Nei pazienti con lesioni traumatiche delle ossa lunghe sono frequenti emboli grassosi. In una per-centuale limitata di casi questi pazienti possono sviluppare una una Sindrome da Embolia Grassosa, caratterizzata dalla classica triade di sintomi Neurologici, Insufficienza Respiratoria e manifestazioni cutanee. Questi sintomi però possono essere presenti non sempre contemporaneamente e non soddi-sfare i criteri diagnostici di Gurd (1970). Sevitt et al., (1977) hanno descritto infatti forme complete ed incomplete di embolia grassosa fra cui una forma ad elettivo interessamento cerebrale, ovvero l'Embo-lia Grassosa Cerebrale (EGC). La EGC non è di facile riconoscimento perchè I sintomi possono essere variabili e non specifici. Se in aggiunta un evento traumatico non è presente la diagnosi è più difficile e può essere ritardata. Descriviamo un caso di EGC esordita dopo una Video-Toraco-Scopia (VTC) ese-guita per il trattamento di un empiema Polmonare.
Una donna di 64 aa ricoverata per una polmonite sviluppava un empiema polmonare che veniva trattato mediante VTC. Il secondo giorno dopo la VTC la pz veniva estubata e riprendeva la nutrizione enterale. Il giorno successivo la paziente presentava cefalea, riduzione dello stato di coscienza, se-guita da una crisi convulsiva focale motoria con secondaria generalizzazione e successiva emiparesi dx. Nell'ipotesi di un evento ischemico veniva eseguita una TC cranio che evidenziava una lesione ipodensa circolare nella sostanza bianca a livello parietale ed occipitale sinistra, che all'analisi quan-titativa di densità mostravano le caratteristiche di una embolia grassosa. Una RMN Encefalo eseguita nella stessa giornata mostrava, nelle sequenze di Susceptibility Weighted Imaging (SWI) lesioni focali di bassa intensità nelle stesse aree identificate con la TC.
L'EEG evidenziava la presenza di onde puntute/onde lente a 2.0-2.5 Hz sull'emisfero destro ed ano-malie parossistiche periodiche nelle derivazioni centro-parietali sinistre associate ad un ipovoltaggio dell'attività di fondo. E stata iniziata una terapia con Acido Valproico EV (2.5mg/Kg/h), con regressione delle anomalie epilettiformi e ricomparsa di un'attività di fondo sull'emisfero dx. La pz presentava un miglioramento dello stato di coscienza con persistenza dell'emiparesi dx. Un Ecocardiogramma trans-esofageo evidenziava un forame ovale pervio. Una RMN ripetuta dopo 2 gg mostrava nelle sequenze FLAIR la presenza di lesioni iperintense correlate ad un incremento della diffusione del segnale nelle mappe ADC, indicative di edema vasogenico a livello del talamo, ippocampo bilateralmente e cor-teccia parietale dx. La pz presentava una remissione dell'emiparesi dx, ed un altro EEG evidenziava la ricomparsa di una attività ritmica posteriore anche sull'emisfero sinistro. Dopo una settimana la TC cranio non evidenziava lesion ischemiche confermando che le alterazioni viste con la RMN erano at-tribuibili ad edema vasogenico. La paz veniva quindi dimessa asintomatica con terapia Antiepilettica.
I sintomi determinati da una EGC possono essere confusi con quelli attribuibili ad altre patologie Neurologiche, e quindi la diagnosi differenziale può essere complessa, specialmente quando la EGC si verifica in pazienti che non hanno avuto eventi traumatici. Le Neuroimmagini (TC e RMN), anche in assenza di sintomi polmonari e cutanei sono fondamentali per la corretta diagnosi, grazie ai loro re-perti specifici. Quindi, se eseguiti precocemente possono condurre rapidamente alla diagnosi evitando altri accertamenti ed eventuali trattamenti non appropriati.
4. EEG is a time-dependent reliable indicator of good and poor outcome in postanoxic
comatose patients

Spalletti M.
Autori: Spalletti M. , Carrai R. *, Scarpino M. *, Cossu C. , Ammannati A. , Ciapetti M.°, Tadini
Buoninsegni L.°, Peris A.°, Valente S.§, Grippo A. *, Amantini A. *
( SODc Neurofisiopatologia, DAI Neuro-muscolo-scheletrico e organi di senso, Azienda Ospe-
daliero-Universitaria Careggi, Firenze, Italia; *UO Riabilitazione neurologica, Fond. "Don Gnoc-
chi" IRCCS Polo Toscana, Firenze, Italia; °SODc Cure intensive per il trauma e supporti extra-

IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI corporei, DAI Neuro-muscolo-scheletrico e organi di senso, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze, Italia; §SODc Cardiologia Intensiva Integrata, DAI Cardiotoracovascolare, Azien-da Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze, Italia) OBJECTIVE To evaluate the prognostic value of single EEG patterns recorded at various timepoints in postanoxic comatose patients.
METHODSThis retrospective study included 30-minute EEGs, classified according to the definitions of continuity of background activity given by the American Clinical Neurophysiology Society. Isoelectric pattern was distinguished from other suppressed activities. Epileptiform patterns were considered separately. Outcome was dichotomised based on recovery of consciousness as good (Glasgow Outcome Scale [GOS] 3-5) or poor (GOS 1-2). RESULTSWe analysed 211 EEGs, categorised according to time since cardiac arrest (within 12 hours and around 24, 48 and 72 hours). In each time-frame we observed at least one EEG pattern which was 100% spe-cific to poor or good outcome: at 12 hours continuous and nearly continuous patterns predicted good outcome and isoelectric pattern poor outcome; at 24 hours isoelectric and burst-suppression predicted poor outcome; at 48 and 72 hours isoelectric, burst-suppression and suppression (2-10μV) patterns predicted poor outcome.
CONCLUSIONSThe prognostic value of single EEG patterns, defined according to continuity and voltage of background activity, changes until 48-72 hours after cardiac arrest and in each time-frame there is at least one pat-tern which accurately predicts good or poor outcome.
SIGNIFICANCEStandard EEG can provide time-dependent reliable indicators of good and poor outcome throughout the first 48-72 hours after cardiac arrest.
5. Relationship between impulsivity traits and awareness of motor intention
Giovannelli F.
Autori: Giovannelli F. *, Mastrolorenzo B.*, Rossi A.*, Gavazzi G.*, Borgheresi
A. , Zaccara G. , Viggiano M.P.*, Cincotta M.
( SC di Neurologia di Firenze, AUSL Toscana Centro; *Dip.to NEUROFARBA, Sez. Psicologia, Uni-
versità di Firenze)

Deficient voluntary control of behaviour and impulsivity are key aspects of impulse control disorders. The objective of the present study was to evaluate the relationship between behavioural measures of impulsivity and the awareness of voluntary action.
Seventy-four healthy volunteers completed the Barratt Impulsiveness Scale (BIS), a questionnaire used to measure impulsive personality traits, and a go/no-go task. Moreover, all participants performed a task in which, using the Libet's clock, they were requested to report the time of a self-initiated move-ment (M-judgment) or the time they first felt intention to move (W-judgment).
A positive relationship between W-judgment and impulsivity measures emerged. Namely, the higher were the score in the attentional and motor impulsivity subscales of BIS and the number of inhibitory failure responses in the go/no-go task, the lower was the difference between the W-judgment and the actual movement (i.e. the awareness of intention to move was closer to the voluntary movement exe-cution). In contrast no relationship emerged with M-judgment.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Findings suggest that impulsivity may be related to a delayed awareness of voluntary action. We hypo-thesize that in impulse control disorders the interval between conscious intention and actual move-ment could be insufficient to allow a conscious ‘veto' of the impending action.
1. Fibrillazione atriale silente nell'ictus ischemico criptogenetico
Carlesi C.
Autori: Carlesi C.*,Talini E.°, Berti C.*, Logi C.*, Casolo G.°, Del Dotto P.*
(*U.O.C Neurologia, Ospedale Versilia, Azienda USL Toscana Nord Ovest; °U.O.C Cardiologia,
Ospedale Versilia, Azienda USL Toscana Nord Ovest)

INTRODUZIONE. Nel 20-30% dei casi la causa alla base dell'insulto ischemico cerebrale (TIA o ictus) rimane indeterminato nonostante una valutazione accurata: in questo caso si parla di "ictus criptoge-netico". L'utilizzo tecniche diagnostiche avanzate, come RM ad alto campo per visualizzare anomalie di parete dei vasi intracranici, Angio-TC per lo studio dell'arco aortico ed il monitoraggio ECG Holter prolungato per la ricerca della fibrillazione atriale (FA) subclinica possono ridurre la percentuale di ictus criptogenetici.
OBIETTIVO. L'obiettivo dello studio è stato quello di valutare la presenza di episodi di FA silente e il suo impatto clinico nella gestione dei pazienti con stroke/TIA criptogenetico mediante l'uso di ECG loop recorder esterno. PAZIENTI E METODI. Sono stati inclusi nello studio pazienti che rispondevano ai seguenti criteri di inclusione: 1) stroke/TIA criptogenetico; 2) assenza di storia di FA documentata; età > 65 anni; 3) con-senso allo studio. Al termine del percorso diagnostico veniva posizionato ECG loop recorder esterno per registrazione ECG di 3 settimane circa.
RISULTATI. Sono stati reclutati 60 pazienti (32 M; 28 F), con età media 67.5 ± 7 anni. La durata me-dia della registrazione è stata di 19.2 ± 6.3 giorni. I risultati hanno mostrato una ottima tolleranza da parte del paziente alla registrazione con il loop recorder esterno e una buona qualità del tracciato nonostante la gestione personale dell'apparecchio. In base ai dati ottenuti i pazienti sono stati divisi in tre categorie: 1) pazienti con nessuna o bassa incidenza di aritmia (N 48 – 80%) in cui non è stata effettuata alcuna modifica terapeutica; 2) pazienti con media incidenza di aritmia (N 7 – 11.6%) in cui è stata introdotta terapia antiaritmica; 3) pazienti con alta incidenza di aritmia (N 5 – 8.3%) che hanno iniziato una terapia anticoagulante oraleCONCLUSIONI. Lo studio condotto ha permesso di ottimizzare la terapia nei pazienti reclutati al fine di migliorare la strategia di prevenzione secondaria. Il follow-up clinico dei pazienti arruolati sarà di fondamentale importanza per verificare la correttezza della terapia impostata. Inoltre ha modificato la pratica clinica nella nostra struttura grazie alla facilità di impiego dell'apparecchio e alla collabora-zione tra più Unità Operative 2. "Gutta cavat lapidem?" su un caso di stroke da embolo calcico
Caruso A.
Autori: Caruso A.*, Falcini M.*, Grassi E.*, Palumbo P.*
(*U.O Neurologia, Ospedale Santo Stefano Prato)
INTRODUZIONE: solo il 3% dei casi di Stroke embolico sarebbe riferibile ad emboli di calcio (70 IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI circa i casi in letteratura, maschi nei 2/3, l'età media 66 anni), una percentuale forse sottostimata, per il la rapida migrazione e frammentazione dell'embolo nella periferia vascolare con infarti spesso plurifocali, estensi e di grave entità. La fonte embolica (spontanea o dopo manipolazioni cervicali, o cateterismo cardiaco), può essere sospettata nella maggior parte dei casi l'origine da un anulus mitra-lico calcico (10%), da una stenosi valvolare aortica (36%), dall'arco aortico (4%), da placche carotidee complicate (30%), o da una condizione sistemica (iperpratiroidismo) ma una quota significativa non trova una fonte sicura ed eliminabile (Osborrn, AJNR 2014). La efficacia della trombolisi è controversa (Okazaki Sh, 2009).
CASO CLINICO: donna di 64 anni in terapia con Betabloccanti, portatrice di adenoma tiroideo iper-funzionante. Nel mese precedente 2 episodi di amnesia e confusione durati circa 24 ore. La Rm eseguita pochi giorni prima individuava una recente lesione ischemica cerebellare destra. Esordio domestico, improvviso, mentre era all'impiedi di afasia, emiplegia destra con rapido ipertono, devia-zione di sguardo. NIHSS 25. TAC cranio iperdensità calcica ed angio tac con occlusione tratto fra M2 e M3 sinistra. Inizio trombolisi a 2 ore e 30. Al termine della trombolisi NIHSS 22. Nei giorni succes-sivi evidenza di frammentazione e migrazione della iperdensità nel territorio della a. c. media sinistra con lesioni insulare, frontale e temporale sinistre; altre lesioni non recenti sottocorticali nel centro semiovale destro. Durante la degenza parziale recupero della stenia emisoma ds; Angio Tac moderate placche ateromasiche calcifiche all'arco aortico, nelle carotidi interne in sede bulbare, maggiori a sinistra; all'ecocardio lieve sclerosi aortica, con TE nella norma. Non aritmie ipercinetiche all'Holter ECG. Dimessa con Ascriptin e Tapazole.Barthel index a Gennaio 16 : 55/100. Conclusione: il caso esemplifica la difficoltà di gestione in un caso di embolia calcica e nel controllar-ne la fonte come profilassi della recidiva. 3. Trombolisi endovenosa nell'ictus in pazienti con criteri di esclusione relativi
Piazza S.B.
Autori: S.B. Piazza, Giuntini M., Di Coscio E., Jensen S., Maremmani C., Maritato P., Milanta S., Pardini
C., Petri M., Orlandi G.
(UO Neurologia-Ospedale Apuane-Massa Carrara)
La trombolisi endovenosa è il principale traguardo raggiunto nel trattamento dell'ictus ischemico, tuttavia il numero dei pazienti che ne usufruiscono è ancora molto limitato dai numerosi criteri di esclusione introdotti soprattutto per minimizzare il rischio emorragico. Alcuni di essi inoltre possono essere oggetto di una interpretazione eccessivamente rigida. Per garantire la trombolisi ad un maggior numero di pazienti sono stati pertanto identificati dei criteri di esclusione relativi (ISO-SPREAD 2015) per i quali il rapporto rischio/beneficio della terapia si può mantenere comunque favorevole. Presso la UO Neurologia dell' Ospedale Apuane sono stati trattati con trombolisi endovenosa ed in-seriti nel registro SITS-ISTR 108 pazienti (56 M e 52 F, età media 69 anni, range 39-90). 18 (16.7%) di essi presentavano criteri di esclusione relativi che consistevano in orario di esordio dei sintomi non databile in 3 casi , crisi epilettica all' esordio in 2 casi, terapia con warfarin (INR=1.7) in 1 caso, ictus ischemico nei tre mesi precedenti in 1 caso, lieve deficit (NIHSS <5 esclusa l'afasia) in 11 casi. Tutti i pazienti presentavano un solo criterio di esclusione ciascuno che era valutato in accordo con i sug-gerimenti ISO-SPREAD, in particolare nei casi con esordio dei sintomi non databile la TC cranio era negativa o mostrava segni ischemici precoci inferiori a 1/3 del territorio dell'ACM e nei casi con crisi epilettica all'esordio l'angio-TC mostrava una occlusione vascolare correlata al deficit focale. Solo il paziente in terapia con warfarin ha avuto esito sfavorevole presentando trasformazione emorragica sintomatica (PH2) con grave disabilità residua e successivo decesso per complicanza cardiorespirato-ria. Tutti gli altri casi hanno mostrato un miglioramento clinico con assenza di disabilità a 3 mesi ( mRS IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 0-2 ; 0-1 in tutti i casi con lieve deficit).
Questi dati confermano la buona tollerabilità ed efficacia della trombolisi endovenosa quando sono presenti criteri di esclusione relativi, ma suggeriscono anche particolare cautela nella selezione dei pazienti in terapia anticoagulante orale con valori di INR considerati ancora accettabili per il tratta-mento.
4. Cadasil: esperienza della neurologia pisana
Ulivi L.
Autori: Ulivi L., Giannini N., Montano V., Maccarrone M., Dotti M.T., Federico A., Bonuccelli U., Man-
cuso M.
(Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale / UOC Neurologia, Università di Pisa/ AOU-
Pisa)

Il CADASIL, arteriopatia cerebrale autosomica dominante con infarti sottocorticali e leucoencefalopa-tia, è la forma ereditaria monogenica più frequente di stroke e di demenza su base vascolare nell'adul-to. E' determinato dalla mutazion e del gene NOTCH3, colocato sul cromosoma 19. I sintomi più frequenti sono: emicrania con aura, minor stroke, disturbo del tono dell'umore e demenza. Le ca-ratteristiche clinico anamnsestiche e l'imaging possono indirizzare alla diagnosi, per la quale il gold standard è l'analisi molecolare. MATERIALI E METODI:Abbiamo analizzato retrospettivamente la casistica dell'ambulatorio di malattie cerebrovascolare del nostro centro dal 2006 ad oggi, identificando 7 pazienti affetti da CADASIL (2 donne, età media 50.2, range 28-69 aa), all'interno dei quali abbiamo verificato la prevalenza di sintomi tipici e atipici.
In tutti pazienti il sospetto diagnostico è stato formulato sui dati clinico anamnestici, sulla diagnostica per immagini (RM) e sull'esclusione di altre cause acquisite o congenite di patologia cerebrovascolare (aterosclerosi, cardioembolismo, coagulopatia, vasculiti etc.), e confermata dall'analisi genetica (mu-tazione nota del gene NOTCH3 in 6 casi) o dalla bippsio cutanea (1 caso).
RISULTATI:Tutti erano casi indice. 4 pazienti (3 maschi, età media 55aa), si erano presentati per stroke, 1 (ma-schio, 28aa) per attacco ischemico transitorio, 1 (donna, 54aa) per epilessia; in questi ultimi 2 casi, non era presente anamnesticamente storia di stroke ischemico sintomatico. In tutti i casi erano pre-senti iperintensità in T2 in sedi caratteristiche alla RM; in 4 pazienti (2 maschi, età media 58, range 45-69aa) erano presenti microemorragie, in 3 di essi coeseisteva ipertensione arteriosa . In 5 pazienti era presente familiarità per patologia cerebrovascolare, in 1 essa era assente. Nella nostra casistica, un solo soffriva di emicrania con aura, mentre nessuno aveva avuto emorragie cerebrali. In 5 pazienti (2 donne, età media 57aa, range 42-69aa) era presente storia di episodi depressivi o di disturbo del tono dell'umore. In 3 pazienti (2 maschi, età media 50aa, range 42-63aa) era presente lieve compromissione nelle fun-zioni esecutive e della memoria di fissazione; un caso (maschio, 69aa) presentava demenza conclama-ta. Una sola paziente (donna, 54aa), presentava sintomi atipici (epilessia). CONCLUSIONI:Riteniamo sia importante riconoscere la malattia in soggetti con familirità positiva per eventi cerebro-vascolari, in presenza di sintomatologia suggestiva e di reperti RM caratteristici. La diagnosi di CA-DASIL, trattandosi diuna patologia a carattere autosomico dominante, riveste grande importanza per effettuare counseling genetico sui membri della famiglia.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 5. Rete ictus tempo-dipendente in zona pistoiese: un percorso di 10 anni
Volpi G.
Autori: Volpi G. , Menichetti C. , Sonnoli C. , Tucci T. , Ancona A. , Taglioli M. , Biagioni A. , Quar-
tarolo E.
( U.O. Neurologia Ospedale S. Jacopo Pistoia, Dipartimento Emergenza Urgenza Ospedale S.
Jacopo Pistoia)

L'ictus cerebrale è una patologia acuta che richiede l'integrazione dell'operato nelle differenti fasi che lo caratterizzano: prevenzione, fase acuta, ricovero e riabilitazione.
Il problema rilevante nella fase acuta, sia dal punto di vista clinico sia sul versante organizzativo, è la ridefinizione della rete intra-extraospedaliera, vista come elemento fondamentale per l'efficienza del processo e per l'esito clinico.
Una buona organizzazione si fonda sull'integrazione delle azioni di diversi soggetti nelle varie fasi del percorso che coinvolgono il paziente, i familiari, il 118 e le strutture ospedaliere riceventi.
Descrizione: verrà riportata la casisitica e la implementazione del percorso di emergenza-urgenza tempo-dipendente in Zona pistoiese degli ultimi anni ; la nostra esperienza e lacasisitica ictus ischemici ed emorragici in provincia di Pistoia 6. Emodinamica del circolo cerebrale durante la manovra di Valsalva e sede dell'ictus ische-
mico associato a forame ovale pervio

Fischer M.
Autori: Fischer M., Sarti C., Failli Y., Pracucci G., Inzitari D.
(Dipartimento NEUROFARBA, sezione Neuroscienze, Università di Firenze)
BACKGROUND:Lo shunt destro-sinistro (RLS) attraverso il forame ovale pervio è una causa importante di ictus cripto-genetico. La manovra di Valsalva può provocare o incrementare lo RLS. Alcuni studi hanno evidenziato un'elevata frequenza di ictus posteriori in presenza di PFO (1). Dati preliminari indicano che questo potrebbe essere dovuto ad una diversa risposta emodinamica alla Manovra di Valsalva del circolo vertebro-basilare rispetto al carotideo. Un solo studio, condotto con tecnica SPECT su 10 pazienti con PFO, ha evidenziato la presenza di un flusso ematico più elevato nel circolo posteriore rispetto all'anteriore durante la VM (2). SCOPO:Lo scopo del nostro studio è quello di confermare i dati preliminari di letteratura analizzando in una coorte più ampia di soggetti giovani sani ed utilizzando una tecnica non invasiva, la diversa risposta emodinamica del circolo carotideo e vertebro-basilare alla VM. METODI:Studio del calibro e del flusso (ΦPs: Picco di flusso sistolico, ΦPd: Picco di flusso diastolico, Φm Flusso ematico medio) dell'arteria carotide interna (ICA) e vertebrale (VA) prima e durante manovra di Valsalva (VM) in 30 soggetti giovani sani tramite esame ecografico B-Mode e Color-doppler. Tutte le misurazioni sono state ripetute 3 volte, con e senza l'esecuzione della VM, per un totale di 6 valori complessivi per entrambi i vasi (ICA e VA). Per ogni serie di dati è stata calcolata la media aritmetica dei tre risultati. RISULTATI:Nei 30 soggetti giovani sani, età media 26,61 ± 3,71 anni, 15 di sesso femminile, è stata osservata una marcata riduzione, statisticamente significativa, del calibro e del flusso durante la VM rispetto allo sta-to di riposo a livello della ICA (p < 0,001) (Calibro: 0,436 vs 0,396 cm, Δ assoluta 0,041 ± 0,025, CI IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI 95% 0,032 − 0,050) (Parametri di flusso: ΦPs 83,947 vs 65,328 cm/s, Δ assoluta 18,619 ± 12,27, CI 95% 14,035 − 23,201; ΦPd 34,310 vs 26,186 cm/s, Δ assoluta 8,124 ± 4,518, CI 95% 6,473 − 9,811; Φm 50,911 - 39,217 cm/s, Δ assoluta 11,694 ± 6,616, CI 95% 9,223 − 14,165). Lo studio effettuato sulla VA durante VM ha mostrato un aumento di calibro statisticamente significativo rispetto allo stato basale (Calibro: 0,323 vs 0,355 cm, Δ assoluta 0,032 ± 0,02, CI 95% -0,04 − -0,024, p < 0,001); per quanto riguarda i parametri di flusso abbiamo osservato un sostanziale mantenimento dei picchi di flusso sistolico e diastolico e una lieve diminuzione del Flusso ematico medio con la VM (Parametri di flusso: ΦPs 61,731 vs 61,433 cm/s, Δ assoluta 0,298 ± 6,564, CI 95% -2,153 - 2,749, p=0,806; ΦPd 19,860 - 18,932, Δ assoluta 0,928 ± 3,142, CI 95% -0,246 - 2,101, p=0,117; Φm 32,308 vs 31,125 cm/s, Δ assoluta 1,183 ± 3,061, CI 95% 0,040 − 2,326, p 0,043). CONCLUSIONI:Il nostro studio conferma l'esistenza di una diversa modalità di risposta emodinamica dei circoli caro-tideo e vertebrale alla manovra di Valsalva, rafforzando l'ipotesi che tale meccanismo possa, in parte, spiegare l'elevata prevalenza di infarti cerebrali a livello dei territori vascolari posteriori in presenza di PFO. 1. Kim BJ, Kim NY, Kang DW; Provoked Right-to-Left Shunt in Patent Foramen Ovale Associates With Ischemic Stroke in Posterior Circulation; Stroke (2014); 45(12): 3707-3710; 2. Hayashida K, Fukuchi K, Inubushi M; Embolic Distribution Through Patent Foramen Ovale Demon-strated by 99mTc-MAA Brain SPECT After Valsalva Radionuclide Venography; J Nucl Med (2001); 42: 859 – 863; 7. Sindrome di Wallenberg nel paziente geriatrico: un caso complesso
Pupo S.
Autori: Pupo S., Martella L., Tesi F., Ungar A., Gabbani L.
(Medicina e Cardiologia Geriatrica - Geriatria per la Complessità Assistenziale, AOU Careggi)
SCOPO: Descriviamo un caso complessodi paziente anziano con sindrome di Wallenberg.
MATERIALI E METODI: Donna di 89 anni, accesso al Pronto Soccorso a marzo u.s.per vertigine asso-ciata a episodi di vomito. Parziale autonomia funzionale. In anamnesi ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo 2, dislipidemia, cardiopatia ischemica cronica già trattata con PTCA e DES su IVA (2005), pregressa trombosi venosa profonda arto inferiore sinistro; pregresso ictus ischemico in sede fronto-occipitale destra, condeficit del campo visivo residuo, in terapia con acido acetilsalicilico ad alto dosaggio.Alla valutazioneiniziale paziente lievemente disartrica; riscontro di leucocitosi neutrofila, scompenso glico-metabolico, bradicardia sinusale al tracciato elettrocardiografico.Alla TCcranio as-senza di lesioni cerebrali acute. Alla radiografia deltorace addensamento basale destro con versamento consensuale. Trasferita presso il nostro reparto,la paziente si presentava francamente disartrica, con atassia sensitiva arto superiore ed inferiore di sinistra, ipofonia e deviazione della lingua protrusa a sinistra; alla valutazione foniatrica funzione deglutitoria rallentata ma soddisfacente; alla TC cranio di controllo a 24 h comparsa di aree ipodense in sede bulbare e cerebellare, verosimilmente nel territorio di irrorazione della PICA sinistra. E' stata impostata pertanto terapia conclopidogrel. A distanza di 48 ore peggioramento della disfagia con difficile gestione della saliva complicata da acidosi respiratoria ipercapnicada polmonite ab injestiis:è stato posizionato sondinonaso-gastrico e iniziata terapia anti-biotica con claritromicina e metronidazolo.Alla luce dell'età avanzata, delle comorbosità e del declino funzionale pre-ricovero, non è stata posta indicazione a tracheostomia. La degenza è stata complicata da NSTEMI trattato con terapia conservativa. A completamento diagnostico sono stati richiesti monito-raggio ECG secondo Holter, eco-color Doppler dei tronchisovraaortici (TSA) e inoltre, per incremento di dimensioni della gamba di destraanche eco-color Doppler venoso arti inferiori.
RISULTATI: Al monitoraggio elettrocardiografico rilievo di brevissimi episodi di fibrillazione atriale. IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI All'eco-color Doppler TSA:ateroma concentrico nella carotide interna prossimale destra determinante stenosi serrata (80-95%), ateromi nella carotide interna prossimale sinistra con stenosi sub-emodinami-ca (50-59%), non visualizzata l'arteria vertebrale sinistra per verosimile occlusione o aplasia.All'eco-color Doppler venoso degli arti inferiori: trombosi bilateralmente diffusa.
CONCLUSIONE: Abbiamo descritto un caso complesso di paziente geriatrico con ictus ischemico del territorio della PICA complicato da polmonite da inalazione, NSTEMI, TVP diffusa arti inferiori. E' necessaria una valutazione accuratain Pronto Soccorso dellavertigine nel paziente anziano in cui il quadro clinico può essere sfumato e di non univoca interpretazione e le indagine strumentali pos-sono non dimostrare precocemente segni ischemici del circolo posteriore. Risulta pertanto essenziale una più accurata valutazione da parte del personale infermieristico del Triage, mediante il corretto utilizzo di scale standardizzate come la Cincinnati Pre-Hospital Stroke Scale, utilizzata sia in ambito extra-ospedaliero che presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di Careggi, come pureuno scrupoloso esame obiettivo neurologico da parte del medico, ponendo particolare attenzione alla valutazione del sistema sensitivo.
8. Trattamento endovascolare: esperienza dell'azienda Ospedaliera Universitaria Pisana
nel 2015

Lauretti D.L.
Autori: Lauretti D.L. , Lazzarotti G.A. , Maccarrone M.*, Giannini N.*, Montano V.*, Ulivi L.*, Ferrari
E.*, Bonuccelli U.*, Mancuso M.*, Cosottini M. , Puglioli M.
( UO Neuroradiologia, Dipartimento di Diagnostica e Radiologia Interventistica, Azienda Ospe-
daliera Universitaria Pisana, Pisa; *UO Neurologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimen-
tale, Università di Pisa, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa)
Il trattamento fibrinolitico sistemico rappresenta la terapia di prima linea nell'ictus ischemico in fase
acuta. Le limitazioni della trombolisi endovenosa, correlate alla stretta finestra temporale e clinica,
spiegano il crescente interesse verso le procedure locoregionali. L'iniziale titubanza per l'approccio
endovascolare, in parte correlata ad un'iniziale scarsa sistematizzazione e alle precedenti tecniche
interventistiche, è stata soppiantata da crescenti evidenze cliniche che hanno dimostrato buona affida-
bilità e, in casi selezionati, maggiore efficacia (es. MRCLEAN, ESCAPE, EXTEND-IA, SWIFT-PRIME).
La casistica qui descritta raccoglie i dati dei trattamenti endovascolari effettuati nel 2015 presso la
AOUP di Pisa. Sono state effettuate 14 procedure: 12 trattamenti endovascolari primari e 2 rescue.
Inoltre dai dati è emerso che la latenza di arrivo in PS è stimata in media a circa 1-2 h dall'esordio
della sintomatologia.
La quasi totalità (n 13) dei pazienti presentava un interessamento prossimale dell'arteria cerebrale me-
dia, solo 1 paziente un'occlusione dell'arteria basilare.
A fine procedura il 64% (n 9) presentava una riperfusione completa, il 24% parziale (n 3, <2/3) e il
14% nessuna riperfusione (n 2).
La mediana dei valori NIHSS all'esordio è di 14, con successivo recupero medio di 3 punti a 24 ore
dal trattamento endovascolare.
L'outcome a 3 mesi è stato valutato con la scala Rankin. Si è confermato un buon recupero (mRS 0-2)
nel 50 % dei dimessi (n 6). Quattro casi presentavano una disabilità moderata-grave (mRS 3-5), di que-
sti 3 presentavano già una disabilità moderata (mRS pre-evento 3).
Si sono verificati 4 decessi, di cui 2 in regime di ricovero (1 strettamente correlato all'evento ischemico
in oggetto) e 2 non direttamente imputabili a cause neurologiche.
La mortalità intraospedaliera sembra essere correlata con il successo delle procedure di ricanalizza-
zione, mentre la scala Rankin a 3 mesi è maggiormente inficiata dalle comorbidità e dalla preesistente
funzionalità/indipendenza del paziente.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI I dati della AOUP, per quanto inficiati da una ristretta casistica, appaiono sostanzialmente in linea con quelli dei trials recentemente pubblicati.
9. Caratteristiche della cefalea da dissezione carotidea e vertebrale
Gallerini S.
Autori: Gallerini S., Marsili L., Bartalucci M., Pieri S., Marotti C., Innocenti E., Molesti E., Marconi R.
(U.O.C. Neurologia, Azienda USL Toscana sud est, P.O. Misericordia, Grosseto)
La cefalea e il dolore cervicale sono sintomi comunemente descritti nei pazienti con dissezione ca-rotidea e vertebrale, tuttavia è difficile individuare un pattern di cefalea specifico di dissezione che consenta di sospettarne la diagnosi alla prima valutazione del paziente in assenza di altri segni più specifici (alterazione dei nervi cranici, sindrome di Horner, segni neurologici focali). I criteri per attri-buire la cefalea alla dissezione carotidea e vertebrale sono recentemente cambiati nella terza edizio-ne della International Classification of Headache Disorders (ICHD-III beta) e alcuni autori hanno già sottolineato il maggior potere diagnostico della nuova classificazione nell'individuare la dissezione alla prima valutazione del paziente. Alcune caratteristiche della cefalea come l'esordio acuto, l'anda-mento continuo e la persistenza nel tempo vengono enfatizzate. Nel tentativo di valutare quale, tra gli item proposti nella nuova classificazione, fosse più rappresentato nella nostra popolazione abbiamo valutato le caratteristiche della cefalea nei soggetti ricoverati con diagnosi di dissezione carotidea o vertebrale spontanea negli ultimi 3 anni. Su 34 pazienti ricoverati 20 avevano riferito cefalea. Di questi 20 pazienti, 10 pazienti presentavano la cefalea come unico sintomo che avesse portato alla diagnosi di dissezione oppure associata ad altri sintomi minori e aspecifici. Analizzando le caratteristiche della cefalea nella nostra casistica secondo l'ICHD-III, pur non potendo identificare un pattern specifico di cefalea da dissezione, riteniamo che l'item c3a ("pain is severe and continuous for days or longer"), associato all'esordio recente, sia quello prevalente e anche quello che, secondo quanto riferito dai pazienti e dal neurologi, ha portato alla valutazione neurologica e a un approfondimento diagnostico. Questo aspetto della cefalea, ovviamente con una distribuzione differente del dolore (anteriore versus posteriore) non differisce tra dissezione carotidea e vertebrale e tra dissezione intracranica e extracra-nica. Ulteriori studi sono necessari per poter individuare un pattern di cefalea suggestiva di dissezione, però riteniamo che di fronte a un paziente con cefalea ad esordio recente, andamento continuo e per-sistente nel tempo, il neurologo, oltre alle più comuni forme secondarie (lesionale, infettiva, trombosi dei seni venosi cerebrali) debba considerare anche la dissezione carotidea e vertebrale.
BIBLIOGRAFIA1)Schytz HW, Ashina M, Magyari M, Larsen VA, Olesen J, Iversen HK. Acute headache and persistent headache attributed to cervical artery dissection: Field testing of ICHD-III beta. Cephalalgia. 2014 Feb 5;34(9):712-716 SESSIONE XII
DEMENZE E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

1. Effetti della tDCS cranio-spinale nel trattamento dei sintomi motori e cognitivi nelle fasi
precoci della malattia di Huntington

Barloscio D.
Autori: Barloscio D. , Parenti L. , Bartolotta M. , Di Rollo A. , Sartucci F. ,*,°,
Bocci T.*.
( Department of Clinical and Experimental Medicine, Cisanello Neurology Unit, Pisa University
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Medical School, Pisa, Italy; *Department of Clinical and Experimental Medicine, Unit of Neurolo-gy, Pisa University Medical School, Pisa, Italy; °CNR Neuroscience Institute, Pisa, Italy) INTRODUZIONE:La stimolazione transcutanea a corrente diretta (tDCS) è una metodica nuova e sicura per la modula-zione dell'eccitabilità del sistema nervoso centrale.
In questo studio abbiamo osservato i cambiamenti nelle fasi precoci della malattia di Huntington (HD) a seguito del trattamento con tDCS. Non sono presenti studi precedenti, riguardo al trattamento con tDCS, della sintomatologia motoria e cognitiva nelle fasi iniziali di HD.
MATERIALI E METODI:Per i nostri esperimenti abbiamo usato uno stimolatore elettrico programmabile a corrente costante (HDCStimTM, Newronika, Italy) connesso ad una coppia di elettrodi rettangolari. Gli elettrodi utilizza-ti per la tDCS consistevano in spugne sintetiche (spessore: 6 mm; dimensioni: 7 x 5 cm; area: 35 cm2) imbevute di soluzione salina fisiologica. Abbiamo mantenuto l'intensità di corrente al di sotto della soglia, che determina il possibile danno tissutale, applicando una densità di corrente pari a 0.071 mA/cm2 , con una distribuzione della densità totale di carica di 85.7 mC/cm2. Gli elettrodi sono stati applicati a livello del midollo spinale in sede dorsale (T9-T11) e sulla corteccia dell'emisfero destro in sede parietale, rispettivamente come anodo e catodo. La stimolazione comprendeva una sessione giornaliera di trattamento della durata di 20 minuti (2.0 mA) per 5 giorni consecutivi. La paziente (37 aa) presentava una storia di familiarità di HD con una comparsa della sintomatologia motoria e cogni-tiva da 2 anni.
RISULTATI:La valutazione clinica attraverso l'Unified Huntington Disease Rating Scale (UHDRS) è stata eseguita prima del trattamento tDCS (T0), dopo 5 giorni (T1) e dopo 2 settimane dall'ultima sessione di tratta-mento (T2). A T0 abbiamo valutato l'UHDRS: per la funzione motoria (17) e per quella comportamen-tale (25). A T1 abbiamo osservato dei cambiamenti sia nel punteggio della funzione motoria (12) che in quella comportamentale (18); inoltre anche a T2 ci sono state variazioni per la funzione motoria (13).
CONCLUSIONI.
Per la prima volta sono stati mostrati significativi effetti della tDCS, per il trattamento della sintomatolo-gia motoria e comportamentale. La particolare configurazione che abbiamo applicato, verosimilmen-te, riduce l'abnorme input dalle afferenze periferiche, e ristabilisce allo stesso tempo l'equilibrio della comunicazione interemisferica, interferendo sull'iperattività della corteccia parietale destra. Inoltre, questo studio rappresenta, per la prima volta, l'utilizzo della tDCS per il trattamento dei disordini iper-cinetici del movimento.
2. Studio neurofisiologico della connettività interemisferica nella Corea di Huntington
Bocci T.
Autori: Bocci T *, Di Rollo A.*, Barloscio D.*, Parenti L.*, Rossi S. , Sartucci F.*
(*Sezione Dipartimentale Neurologia Cisanello, Dipartimento di medicina Clinica e Sperimenta-
le, Università di Pisa; Sezione di Neurologia e Neurofisiologia Clinica; Dipartimento di Scienze
Neurologiche e Comportamentali, Università di Siena)

INTRODUZIONE: recentemente, nello studio dei meccanismi fisiopatogenetici della Corea di Hun-tington , un crescente interesse è stato rivolto alle modificazioni strutturali del corpo calloso (CC) ed alle eventuali alterazioni della connettività interemisferica. Sembra, infatti, che tali cambiamenti siano presenti anche in fase pre-clinica, coinvolgendo inizialmente le porzioni posteriori del CC e progre-dendo successivamente secondo un gradiente di degenerazione caudo-rostrale. Tuttavia, fino ad oggi, nessuno studio elettrofisiologico aveva confermato tali dati né contribuito a fornirne un'univoca in- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI terpretazione fisiopatogenetica. Nel presente studio, abbiamo valutato la connettività interemisferica utilizzando un protocollo di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS).
MATERIALI E METODI: sono stati arruolato otto soggetti affetti da HD, in una fase precoce di malattia, a circa un anno e mezzo dalla comparsa dei primi sintomi motori, confrontati con otto pari-età sani. Le registrazioni elettromiografiche sono state ottenute dal muscolo abduttore breve del pollice, stimo-lando la corteccia motoria primaria omolaterale (M1). È stato, dunque, valutato il cosiddetto Periodo Silente Ipsilaterale (iSP), classicamente considerato espressione dei fenomeni inibitori callosali (di tipo GABAA-B), in termini di durata (iSPD), latenza iniziale (iSPOL) e Tempo di Conduzione Trans-Callosale (TCT). Tali dati sono stati, infine, confrontati con i punteggi di scale cliniche (UHDRS-I, Burden Disease Index), nonché con il carico mutazionale, espresso come numero di triplette ripetute nelle sequenze microsatellite (CAG).
RISULTATI: nel gruppo di pazienti la durata dell'iSP (t = 4.7, p = 0.0005), nonché quella del TCT (t = 4.5, p = 0.0007), è risultata statisticamente più bassa rispetto al gruppo di controllo; analogamente, nei primi si assiste ad un marcato aumento della latenza media di comparsa dell'iSP (t = 4.4, p = 0.0008). Sorprendentemente, tali dati correlano significativamente tanto con i punteggi ottenuti alle scale cli-niche (p < 0.001 per tutti i confronti), quanto con il carico mutazionale (CAG vs. iSPOL: r = 0.95, p = 0.0032; vs. iSPD: r = 0.92, p = 0.0048; vs. TCT: r = 0.88, p = 0.013). DISCUSSIONE: il nostro studio è il primo che dimostra un'alterazione dei meccanismi di comunica-zione interemisferica, sia nella loro componente squisitamente inibitoria (iSP) sia in quella più gene-ricamente "modulatoria" (TCT), nei pazienti affetti da Corea di Huntington, Per la prima volta, inoltre, tali parametri sono stati confrontati con indici clinici e genetici di gravità della malattia. Nessuno studio, infine, esisteva al momento sulle alterazioni della connettività inter-emisferica, esplorate dalla TMS, nei disordini ipercinetici del movimento. T ali dati potrebbero anche aiutare, almeno in parte, a comprendere la patofisiologia dei movimenti involontari nella Corea di Huntington. È noto infatti che, immediatamente prima dell'esecuzione di un movimento involontario, l'area motoria primaria che sovraintende l'atto motorio inibisce la corteccia omologa controlaterale; subito dopo, specialmente in caso di movimenti fini con la mano non dominante, l'area motoria non coinvolta nell'esecuzione dell'atto inibisce quella controlaterale, evitando così che il gesto motorio diventi particolarmente esu-berante ed incontrollato. Un'alterazione della comunicazione interemisferica potrebbe compromette-re entrambi i meccanismi di controllo, facilitando l'insorgenza dei movimenti coreo-atetosici.
3. Demenza a rapida progressione: descrizione di un caso clinico
Frittelli C.
Autori: Frittelli C., Maluccio M.R., Gambaccini G., Rossi C., Virgili M.P., Galli R.
(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera)
Descriviamo il caso di un paziente uomo di 74aa giunto all'osservazione neurologica nel luglio 2015,
inviato dal Pronto Soccorso per stato soporoso successivo a stato di agitazione e perdita completa delle
autonomie quotidiane; da una accurata anamnesi l'esordio dei disturbi era fatto risalire a circa due
mesi prima, quando il paziente si era presentato autonomamente a visita neurologica ambulatoriale
per iniziali disturbi di memoria. La sintomatologia non era associata ad altre problematiche di tipo in-
ternistico. Il paziente, valutato in urgenza, veniva sottoposto a TC cranio (negativa per lesioni acute) ed
EEG con quadro elettroencefalografico compatibile con stato di male epilettico, associato unicamente
a modestissime clonie palpebrali sinistre. Il paziente veniva pertanto trattato con diazepam, succes-
sivamente con acido valproico ed infine con associazione di steroidi con lieve riduzione dell'attività
aguzza all'EEG, senza mai ottenere una ripresa della vigilanza.
Nel sospetto di un quadro encefalitico il paziente veniva sottoposto a rachicentesi, che non mostrava
alterazioni, e a RM encefalo, che mostrava unicamente una sfumata iperintensità di segnale cortico
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI sottocorticale parietale paramediana posteriore destra in T2 e FLAIR, riferibile a lesione ischemica su-bacuta.
Il quadro EEG non è stato mai risolto dalle terapie effettuate, il paziente si è sempre mantenuto so-poroso e dopo circa 15 giorni di ricovero è deceduto; dato il quadro clinico con declino cognitivo a rapida progressione, escluso qualsiasi evento infettivo, è stato richiesto l'esame autoptico nel sospetto di encefalopatia prionioca. Il referto dell'esame autoptico, ottenuto nel l'ottobre us, ha concluso che le alterazioni encefaliche rilevate erano compatibili con M di Alzheimer con lesioni di grado lieve.
4. Atassia Spastica di Charlevoix Seguenay: caratteristiche cliniche, neurofisiologiche e
neuroradiologiche di un caso

Molesti E.
Autori: Molesti E. , Scarpini C. , Innocenti E. , Gallerini S. , Marsili L. , Rossi F. , Orrico A. , Mar-
coni R.
( U.O.C. Neurologia, Azienda USL Toscana sud est, P.O. Misericordia, Grosseto)
L'atassia spastica autosomica recessiva di Charlevoix-Saguenay (ARSACS) è una patologia neurodege-nerativa caratterizzata da atassia cerebellare a insorgenza precoce accompagnata da spasticità, sin-drome piramidale e neuropatia periferica. È stata inizialmente descritta nella regione Charlevoix-Sa-guenay del Quebec dove l'incidenza alla nascita di ARSACS è stata stimata in 1 su 1.932. L'incidenza e la prevalenza nel mondo rimangono sconosciute anche se l'ARSACS è molto rara negli altri paesi, con casi descritti in Turchia, Giappone, Olanda, Italia, Belgio, Francia e Spagna. L'età di esordio, nei pazienti non originari del Quebec, è variabile (tarda infanzia, adolescenza o giovani adulti), mentre negli individui originari del Quebec l'esordio avviene tra i 12 e i 18 mesi con disturbi dell'andatura e difficoltà nella deambulazione. Altri segni precoci dell'atassia cerebellare comprendono la disartria e il nistagmo. La spasticità è progressiva fino a dominare il quadro clinico. La sindrome piramidale è ca-ratterizzata dall'aumento dei riflessi patellari o rotulei e dalla presenza del segno di Babinski. L'esordio della neuropatia periferica è generalmente più tardivo e porta alla scomparsa del riflesso achilleo, con amiotrofia distale e disturbi della sensibilità profonda. L'ipertrofia delle fibre nervose retiniche (senza perdita della visione) è un segno costante nei pazienti con ARSACS originari del Quebec, ma può es-sere assente nei pazienti di altra origine. La mancanza della spasticità agli arti inferiori è riportata in alcune famiglie Giapponesi e il deficit intellettivo può essere presente in alcuni pazienti non originari del Quebec. Altri sintomi comprendono il prolasso mitrale, il piede cavo e le disfunzioni vescicali. L'ARSACS è causata da una mutazione autosomica recessiva nel gene SACS (13q11), che codifica per la sacsina, una proteina di grandi dimensioni a funzione non ben nota, ma con un ruolo potenziale nella regolazione della fisiologia mitocondriale. La diagnosi clinica si basa sui risultati degli studi neuroradiologici (RMN e TAC che rivelano atrofia del verme cerebellare superiore e del midollo cervicale) e sui risultati neurofisiologici (segni di neuropatia assonale e demielinizzante, con perdita della conduzione sensitiva e ridotta velocità di conduzione motoria allo studio della conduzione nervosa). Può essere utile per la diagnosi l'esame della retina. La diagnosi può essere confermata dalla presenza di mutazioni nel gene SACS. La diagnosi differenziale si pone con le altre forme di atassia autosomica recessiva, come l'atassia di Friedreich e l'atassia con ca-renza di vitamina E (AVED) e con le forme ereditarie di paraplegia spastica, in particolare la paraplegia spastica (SPG20) o sindrome di Troyer. Il trattamento è sintomatico e mira al controllo della spasticità; dovrebbe comprendere la fisioterapia, la farmacoterapia e l'uso di protesi anca-piede.
Descriviamo i dati clinici, neurofisiologici, neuroradiologici e genetici di una giovane donna di 22 anni giunta alla nostra osservazione con un quadro di atassia spastica e risultata portatrice di due mu-tazioni in eterozigosi composta (variante missenso e variante troncante) del gene SACS.
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI BIBLIOGRAFIA- Pilliod J, Moutton S, Lavie J et al. New practical definitions for the diagnosis of autosomal recessive spastic ataxia of Charlevoix-Saguenay. Ann Neurol. 2015; 78 (6): 871-86.
- Li X, Gehring K. Structural studies of parkin and sacsin: Mitochondrial dynamics in neurodegenerative diseases. Mov Disord. 2015; 30 (12): 1610-9.
5. Una rara causa di atassia ad insorgenza tardiva: la Malattia di Alexander
Rossi C.
Autori: Rossi C., Maluccio M.R., Frittelli C., Gambaccini G., Virgili M.P., Galli R.
(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera)
Introduzione: La malattia di Alexander è una rara leucodistrofia ereditaria determinata da una muta-zione a carico della proteina acida gliofibrillare (GFAP), la cui prevalenza è stimata intorno ad 1 caso su 2.7 milioni. Da un punto di vista clinico può essere suddivisa in due sottotipi. La forma di tipo I è caratterizzata da esordio infantile (circa 2 anni) encefalopatia, epilessia, ritardo della crescita, rapido decorso (sopravvivenza media circa 14 anni) e lesioni diffuse a carico della sostanza bianca alla RM. La forma di tipo II è invece caratterizzata da un esordio variabile (generalmente nella seconda decade), lunga sopravvivenza (circa 25 anni) e sintomatologia caratterizzata da segni bulbari (disartria, disfagia, disfonia), disautonomia, sintomi motori (paraparesi spastica), atassia e mioclono palatale e lesioni RM a carico del tronco encefalico e del midollo spinale cervicale.
Caso clinico: riportiamo il caso di una paziente di 73 anni che giunge alla nostra osservazione per parestesie agli arti superiori e per sintomatologia uditiva descritta come rumore ritmico (click) bilate-ralmente. Alla valutazione neurologica veniva obiettivata una sindrome atassica associata a disartria, iperreflessia ed un disturbo del movimento ritmico a carico del palato molle (tipo tremore). La RM en-cefalo e rachide cervicale dimostrava una atrofia a carico del bulbo e del midollo cervicale associato a iperintensità della sostanza bianca. Gli accertamenti elettrofisiologici mostravano una polineuropatia sensitiva ed una riduzione in ampiezza dei potenziali evocati sensitivi ai quattro arti. In considerazione del reperto RM encefalo e dei segni clinici è stato eseguito screening per la mutazione del gene per la GFAP che ha confermato la diagnosi di Sindrome di Alexander.
Conclusioni: pur essendo una malattia molto rara la M. di Alexander deve essere sospettata anche in pazienti anziani che presentino una sindrome atassica associata alle alterazioni tipiche all'esame RM. La presenza di mioclono palatale è un segno caratteristico da ricercare. SESSIONE XIII
COMUNICAZIONI A TEMA LIBERO 2

1. La neurologia nelle reti cliniche integrate. Ipotesi di lavoro
Magi S.
Autori: Magi S. , Buzzi G. , Coleschi P. , Ghezzi M., Guadagni M. , Magnani F. , Tiezzi A. , Arne-
toli M.*, Bagattini L.*, Gigli E.°, Domenichelli A.§, Bianchi A. , Desideri E.**
( Neurologia ASL Sud Est Arezzo , *Medicina Generale ASL Sud Est, °Zona Distretto Val Tiberina
ASL Sud Est, §Zona Distretto Val D'Arno ASL Sud Est, **Direzione Generale ASL Sud Est)

Il modello delle reti cliniche integrate strutturate è stato proposto dalla Direzione Generale della ASL Toscana SudEst, sulla scorta di esperienze tedesche e nordamericane, ed in continuità con il Chronic Care Model. Il presupposto è l'incremento inesorabile delle malattie croniche, che sono la principale causa di disabilità e morte nei paesi OCSE, ove l'85% della spesa dei sistemi sanitari è rivolta a persone IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI con una o più malattie croniche (Am J Manag Care 2013: review article, Centers for Disease Control and Prevention 10/2015). E' riconosciuto che sussistono ampi margini di miglioramento della cura e nella gestione di tali patologie (Mc Glynn EA et al., NEJMed 2003), che necessitano di continuità nel lungo termine, integrazione di un team coordinato di professionisti sanitari, preparazione del paziente ad un ruolo centrale attivo nella cura, sedi diverse. Sono stati sviluppati modelli organizzativi tendenti a rafforzare le funzioni delle cure primarie, tra cui il Chronic Care Model (Wagner EH, Eff Clin Prac, 1998) avviato anche in Toscana. Gli studi volti a valutare i risultati di questi modelli sullo scompenso cardiaco hanno dato risultati contrastanti, mettendo in luce le difficoltà (Kadu and Stolee, BMC Family Practice, 2015): alta complessità dell'intervento, troppe priorità, interventi troppo malattia-specifici, scarsa organizzazione delle cure primarie, cultura organizzativa non orientata al cambiamento con mancanza di tradizione al lavoro in team interdisciplinari, assenza di leadership e di attitudine e fidu-cia nel progetto da parte dei provider, limitate risorse finanziarie. Il modello delle reti cliniche integrate, sfida organizzativa che l'azienda ci chiama ad intraprendere, prevede per ciascuna Zona Distretto, garante e facilitatore del progetto, l'interazione tra MMG or-ganizzati in AFT, che individueranno MMG "esperti nella gestione di specifiche patologie", e Unità Operative specialistiche che individueranno gli specialisti di riferimento in ambito neurologico, car-diologico, diabetologico, respiratorio, oncologico, palliativistico, psichiatrico. La presa in carico sarà attuata, mediante una maggiore e nuova interazione tra specialisti e MMG, prevalentemente in struttu-re territoriali (es. case della salute), avvalendosi di team multiprofessionali (infermieri, assistenti sociali, OSS, collaboratori di studio.) e di rafforzati strumenti informatici. La sfida che noi specialisti siamo chiamati a raccogliere, nell'ambito di un progetto che nasce "top-down", è il potenziamento della risposta territoriale ai bisogni delle persone affette da malattie neuro-logiche croniche, mediante il rafforzamento della relazione con i MMG e gli altri attori della salute nel territorio. Una miglior gestione della malattie croniche, in termini di appropriatezza e semplificazione dei percorsi, sarà in grado di liberare risorse per la gestione della patologie acute. Scopo della comunicazione è condividere il progetto e le ipotesi di lavoro in corso nella Neurologia di Arezzo (zone Valdarno e Valtiberina), e tenere aperto nella nostra società scientifica un confronto ed un coordinamento sui cambiamenti in corso e/o auspicati nella gestione della malattie neurologiche croniche e nel rapporto con la sanità territoriale e la medicina generale.
"Think big, start small, move fast" (Mayo Clinic Center for Innovation).
2. La governance del rischio clinico nella U.O. Neurofisiopatologia
Castellani G.
Autori: Castellani G., Virgili M.P., Gambaccini G., Rossi C., Frittelli C., Maluccio M.R., Terranova G.,
Galli R.
(UOC Neurofisiopatologia, AUSL Toscana Nord Ovest, Centro, Sud Est. AOUP, AOUS, AUOC,
AOU Mayer)

La tutela della salute, il miglioramento della qualita' e la sicurezza del paziente in un Sistema Sanita-rio, costituiscono elementi cardine per ridurre i livelli di rischio clinico. Migliorare la sicurezza e' una condizione prioritaria, che ha l'obiettivo di minimizzare gli errori clinici e organizzativi con conse-guente diminuizione dei contenziosi e notevoli alleggerimenti dei costi per le strutture sanitarie.
Il Rischio Clinico rappresenta infatti un importante capitolo di Governance, all'interno di una struttura sanitaria , sia come strumento per cogliere la varieta' dei fattori determinanti il rischio, sia per attuare un programma operativo che metta in atto un controllo ed una riduzione di tali fattori; questo allo scopo di ridurre i danni arrecati al pz e conseguente miglioramento della qualita' delle prestazioni erogate. IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI Presso la U.O. Neurofisiopatologia del P.O. F. Loti di Pontedera, dal 2009 al 2015 sono stati organiz-zati n 84 rassegne di Morbility e Mortality (M&M) e 21 Audit Clinici. Valutando le situazioni che hanno reso necessario questo lavoro, possiamo identificarle come errori di di carattere organizzativo, gestionale, tecnologico e di comunicazione.
Il coinvolgimento delle varie figure professionali, in maniera multidisciplinare ed interprofessionale, ha contribuito a ridurre i livelli di rischio, attraverso l'analisi dei fattori contribuenti , le possibilita' di riduzione dell'errore, la messa in atto di strategie alternative e miglioramento dei processi organizza-tivi.
La nostra esperienza in questi 7 anni di lavoro, ci suggerisce che, intervenendo sulle fasi di individua-zione e successiva analisi delle cause, possiamo promuovere una cultura della comunicazione e della gestione del rischio. Questo attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori del Sistema Sanitario, mediante uno stretto rapporto di causa/effetto con dimunizione dei rischi per il paziente, riduzione dei costi a scopo di risarcimento, miglioramento della qualita' delle cure e delle prestazioni.
3. La patologia neurologica in regime carcerario: risultati di uno studio epidemiologico di
5 anni

Rossi C.
Autori: Rossi C. , Mainardi R. , Casini E. , De Franco E.*, Melis B.M.*, Frittelli C. , Maluccio M.R. ,
Gambaccini G. , Virgili M.P. , Galli R.
( U.O. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, Ospedale "F. Lotti", Pontedera; *Centro
Diagnostico Terapeutico "G Furci"– Casa Circondariale Don Bosco – Pisa)

INTRODUZIONE: Molti studi hanno dimostrato come la popolazione detenuta sia caratterizzata da un'alta prevalenza di gravi patologie e, nonostante si tratti di una popolazione anagraficamente giova-ne, tale prevalenza è nettamente superiore rispetto alla popolazione generale. La popolazione carce-raria può essere considerata ad alto rischio a causa delle numerose circostanze che precedono o che accompagnano la detenzione: molti detenuti provengono infatti da contesti svantaggiati, hanno bassi livelli di istruzione e risultano essere forti consumatori di alcool, tabacco e droghe illegali nel periodo che precede l'arresto. Mentre sono presenti numerosi dati relativi a patologie psichiatriche o infettive il dato epidemiologico relativo alla prevalenza della patologia neurologica è più incerto.
MATERIALI E METODI: Dal 2011 ad oggi, presso la Casa Circondariale "Don Bosco" di Pisa, è pre-sente un servizio neurologico gestito dalla UOC Neurofisiopatologia di Pontedera. È stata condotta un'indagine epidemiologica relativa alla prevalenza delle patologie per le quali veniva richiesta una consulenza neurologica. La diagnosi delle patologie neurologiche è stata confermata da specifici studi elettrofisiologici e di neuroimaging.
RISULTATI: Durante il periodo preso in esame (dal gennaio 2011 al dicembre 2015 – durata 5 anni) sono state eseguite 529 visite. I pazienti valutati presentavano un'età media di 43 anni (DS 13.9; min 19 anni; max 86 anni) e sono stati prevalentemente di sesso maschile (457/529 – 86%). Le patologie neurologiche maggiormente osservate sono state cefalea (164 pazienti - specie muscolo-tensiva), radi-colopatie/neuropatie periferiche (129 pazienti), epilessia (61 pazienti – 40 con anomalie evidenziate all'EEG basale) e traumi cranici (48 pazienti). DISCUSSIONE: La patologia neurologica è spesso a confine con quella psichiatrica ed è conseguen-za allo stile di vita del paziente. L'alta incidenza di cefalea tensiva è infatti da correlare al dimostrato aumento della patologia ansioso-depressiva in questa coorte di pazienti. L'abuso di sostanze ed i pregressi traumi cranici possono spiegare l'incremento della popolazione epilettica. Tuttavia non de-vono essere sottostimate le possibili misdiagnosi derivate da "crisi psicogene" o casi di simulazione. Si segnala altresì che gran parte dei pazienti epilettici registrati presentava una conferma elettroence- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI falografica. L'alta incidenza di patologia neurologica di origine traumatica sia a carico del SNC che a carico del SNP (radicolopatie, neuropatie post-traumatiche, radicolopatie) è spesso conseguenza di traumi da aggressione avvenute sia precedentemente che successivamente alla carcerazione (da parte di altri detenuti).
4. Topiramato in pazienti emicranici con pattern episodico frequente naive a profilassi:
caratterizzazione di responders e non responders

Dini E.
Autori: Vergallo A., Cafalli M., Giampietri L., De Luca C., Lucchesi C., Baldacci F., Gori S., Bonuc-
celli U.
(U.O. Neurochirurgia, Dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in Medicina
e Chirurgia, A.O.U.P, Università di Pisa)

E' ben noto, da studi singoli e metanalitici, che il topiramato (TPM) è un farmaco di prima linea nella profilassi dell'emicrania episodica dell'adulto (livello A basato su evidenza) seppure la sua modalità d'azione in tale patologia, cosi come per altri antiepilettici utilizzati off-label, non sia ancora del tutto definita. Quattro i meccanismi che sinergicamente contribuirebbero a modulare la componente neu-rale dell'emicrania. Ad oggi, non sono noti fattori predittivi di risposta alle varie terapie di profilassi dell'emicrania (compreso il TPM), pertanto la scelta del farmaco è individuale. Inoltre l'assenza di biomarkers indicativi di possibile progressione dell'emicrania da forma episodica a cronica oltre all' indisponibilità di fattori predittivi di risposta ai vari farmaci di profilassi sono da molti autori ritenuti responsabili della scarsa possibilità di efficace personalizzazione della terapia allorchè l'emicrania è ancora episodica e quindi anche dell'incapacità di prevenire adeguatamente fenomeni di cronicizza-zione.
Studi pregressi su pazienti in terapia con TPM hanno unicamente documentato che la presenza di pa-restesie in trattamento è associato a migliore risposta clinica. Lo scopo del nostro studio caso-controllo è individuare significative differenze, dal punto di vista cli-nico, in due gruppi di pazienti (responders e non) entrambi drug-naive per profilassi antiemicraniche e trattati con TPMSono stati identificati 48 pazienti responders a TPM afferiti nel periodo tra il 2012 e il 2014 presso il Centro per le Cefalee della UO Neurologia Universitaria di Pisa con diagnosi di emicranica con e/o senza aura, di tipo episodico in accordo con i criteri ICDH-III. I pazienti sono stati identificati come responders (R) se si era verificato un abbattimento di almeno il 50% degli episodi emicranici mensili rispetto al baseline stabilito in accordo al diario dei 3 mesi antecedenti allo studio Ulteriori criteri di inclusione erano frequenza mensile degli attacchi superiore a 4 giorni al mese e condizione di drug-naive per trattamenti di profilassi. A tutti i pazienti TPM è stato titolato a 25 mg a settimana fino alla posologia di 100 mg/die. Inoltre i pazienti sono stati identificati come positivi per calo ponderale significativo (CPs) se riferito riduzione di peso di almeno 2 kg entro 2 mesi di terapia con TPM. E' stato inoltre registrato se il paziente avesse riferito alterazioni dell'appetito. Come da pratica clinica i pazienti avevano una registrazione anamnestica completa, BMI, peso pre e durante follow up clini-co, tabagismo, farmaci sintomatici efficaci e non, comorbidità internistiche, psichiatriche identificate secondo DSM 5° edizione , terapie concomitanti internistiche e psicotrope. I 48 pazienti responders sono stati confrontati con un gruppo di non responders (nR) (N= 48) analogamente reclutati (matchati per età, sesso, fascia di BMI e storia di malattia emicranica).
All'analisi statistica è emersa una significativa maggiore prevalenza di CPs (non associato a variazione di appetito) nei R. Nei pazienti nR, è stata rilevata una significativa maggiore prevalenza di storia di fibromialgia, disturbo da attacchi di panico ed episodi di panico isolato; una significativa maggiore IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI prevalenza di inefficacia di sintomatici, in particolare triptani, e di obesità. La principale causa di so-spensione di TPM è risultata l'insorgenza di irritabilità associata a flessione attentiva con difficoltà di concentrazione, seguita da CPs (mentre le parestesie solo in un caso sono state causa di sospensione di TPM).
Il meccanismo con cui TPM determina insorgenza del calo ponderale nell'uomo è ancora non del tutto chiaro; tuttavia alcuni studi recenti hanno suggerito la coesistenza di meccanismi neurofisiopatologici sia centrali che periferici. Ad oggi permane speculativo poter ipotizzare un substrato neurofisiologico comune tra il meccanismo antiemicranico e i meccanismi responsabili del calo ponderale topiramato-indotto tuttavia da un punto di vista meramente clinico tale effetto collaterale può essere di ausilio specie nei pazienti con maggiore BMI essendo stata l'obesità documentata quale fattore di rischio per la trasformazione da emicrania episodica a cronica.
5. Misdiagnosi in pronto soccorso: un caso di cavernoma midollare
Di Coscio E.
Autori: Di Coscio E., Giuntini M., Pardini C.,Petri M., Maritato P., Piazza S., Milanta S., Orlandi G.
(UO Neurologia-Ospedale Apuane-Massa Carrara)
Un uomo di 66 anni con riduzione dell'acuità visiva per glaucoma bilaterale giunge in pronto soccorso per comparsa improvvisa di algie in sede dorso-lombare irradiate all'ipocondrio sinistro associate a nausea e vomito. Per tale motivo esegue Rx del rachide dorsale e lombo-sacrale risultato nella norma ed ecografia addome che evidenzia microlitiasi a livello renale per cui viene trattato con antidolorifici e dimesso con miglioramento della sintomatologia. Il giorno successivo inizia a riferire cefalea con caratteristiche poco specifiche e riduzione ulteriore dell'acuità visiva mentre le algie al rachide per-sistono sebbene di lieve entità. Tornato in pronto soccorso viene eseguita TC cranio urgente motivata dalla cefalea con riscontro di emorragia subaracnoidea in sede occipitale bilateralmente. Un esame angio-TC eseguito subito dopo esclude la presenza di malformazioni vascolari. Nel frattempo da un aggiornamento anamnestico più accurato emerge che le algie al rachide erano insorte improvvisamen-te dopo uno sforzo fisico e già da alcuni giorni erano presenti anche disestesie urenti agli arti inferiori e difficoltà minzionali, queste ultime peraltro inizialmente attribuite alla problematica renale. A que-sto punto viene eseguita una risonanza magnetica del rachide dorsale e lombosacrale che mostra una formazione nodulare intradurale con segni di recente sanguinamento a livello di D11-L1 attribuibile a cavernoma midollare che giustifica di per sé il quadro clinico globale presente sia al momento del pri-mo accesso in pronto soccorso che nell'evoluzione successiva. Il paziente viene quindi sottoposto ad intervento di laminectomia con asportazione del cavernoma e presenta un progressivo miglioramento del quadro clinico incluso il deficit visivo nella misura in cui non è correlato al preesistente glaucoma. Un successivo controllo TC cranio mostra inoltre la scomparsa dell'emorragia subaracnoidea. L'origine spinale di una emorragia subaracnoidea cerebrale è un evento insolito ma deve essere sospettata in caso di rachialgia specie se ad esordio improvviso e dopo sforzo. L'accuratezza anmnestica è il princi-pale strumento per indirizzare in modo appropriato e tempestivo la diagnosi corretta. 6. Work-up diagnostico e strategie terapeutiche nelle encefaliti limbiche: riflessioni da casi
clinici

Ferraro M.
Autori: Ferraro M. R. , Pizzanelli C. , Carnicelli L. , De Luca C. , Rizzo S. ,
Schirru A. , Guida M. , Moretti P. , Pesaresi I.*, Bonanni E. , Bonuccelli U.
( Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa / Dipartimento di Neuro-
IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI scienze, UO Neurologia, AOU-Pisa, *U.O. Neuroradiologia, Ospedale S. Chiara – Pisa) L'encefalite limbica (LE) si manifesta con un quadro clinico eterogeneo, ad esordio acuto o subacuto, nel quale, classicamente, risultano prominenti deficit cognitivi (turbe mnesiche, specie a breve termi-ne, disorientamento), crisi epilettiche e sintomi psichiatrici, correlati al coinvolgimento, predominante ma non esclusivo, delle aree limbiche. Da un punto di vista eziologico distinguiamo forme infettive, tra cui le forme correlate all'Herpes Virus di tipo I, che rappresentano fino al 20% delle LE e le forme autoimmuni, da anticorpi diretti contro antigeni neuronali intra ed extracellulari e distinte in para-neoplastiche e non paraneoplastiche. La variabilità fenotipica delle LE rende ragione delle difficoltà diagnostiche, anche verso altre patologie che, con quadri clinici anche molto simili, possono rappre-sentare veri e propri mimics (stroke, neoplasie, altri disturbi autoimmuni quali LES, malattia di Beçhet): l'incidenza dell'LE appare molto più elevata di quanto ritenuto in passato ed ancor oggi sottostimata. Una diagnosi corretta e precoce, con un adeguato trattamento, può invece influenzare positivamente la storia naturale della malattia e la prognosi a lungo termine.
Un ruolo chiave nel work-up diagnostico è rivestito dall'esame del liquido cefalo-rachidiano, che può evidenziare quadri infiammatori, conclamati o più sfumati, con presenza di bande oligoclonali; dalla risonanza magnetica dell'encefalo, nelle sequenze T2-pesate o in FLAIR, che può evidenziare iperin-tensità di segnale a carico delle aree limbiche; dall'elettroencefalogramma che può mostrare onde lente, focali o diffuse, anomalie epilettiformi o crisi epilettiche; dalla ricerca di un'eventuale neoplasia occulta attraverso tecniche radiologiche e di medicina nucleare, così come indagini di laboratorio per la ricerca di anticorpi specifici e di markers paraneoplastici.
Presentiamo una casistica di pazienti con diagnosi di LE, ad eziologia infettiva ed autoimmune, ricove-rati presso la Clinica Neurologica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana negli ultimi 24 mesi, ponendo particolare attenzione al work-up diagnostico e sottolineando i passaggi critici per la diagnosi differenziale e l'inizio di una corretta terapia. I casi proposti confermano l'estrema variabilità clinica ed eziologica della LE, per la cui diagnosi si rivelano necessari un elevato indice di sospetto, un accurato ragionamento clinico ed una integrazione multidisciplinare di esami bioumorali, elettrofisiologici, di neuroimmagine e radiologici. La gestione terapeutica si avvale sia del trattamento primario dell'agente infettivo, che deve essere instaurato rapidamente in caso di sospetto, o della neoplasia associata, che del trattamento immunomodulante con corticosteroidi, plasmaferesi o immunoglobuline.
7. Valutazione seriata nel tempo con Doppler transcranico dei pazienti critici in terapia
con circolazione extracorporea (ECMO)

Gallerini A.
Autori: Gallerini A. , Marinoni M. , Cianchi G. , Trapani S. , Cramaro A. , Gucci L. , Peris A.
( Dipartimento Neuromuscoloscheletrico e degli organi di Senso, AOU Careggi, Firenze)
INTRODUZIONE: L'ossigenazione extracorporea di membrana (ECMO) è un supporto circolatorio meccanico utilizzato in pazienti con insufficienza cardiaca o polmonare in fase potenzialmente rever-sibile. L'ECMO può esser configurato come Veno- Venoso (VV) per il supporto polmonare in corso di insufficienza respiratoria, o come Veno-Arterioso (VA) per il supporto cardiaco in corso di insufficienza cardiaca acuta. Le complicanze cerebrovascolari nei pazienti trattati con ECMO sono circa il 7%. Gli stroke ischemici potrebbero essere causati da microemboli, gassosi o solidi, dovuti a trombosi nel cir-cuito ECMO. Il Doppler Transcranico (TCD) è l'unica metodica in grado di registrare, in tempo reale, i segnale microembolici (MES).
L'obiettivo del nostro studio è stato quello di registrare con monitorggio TCD il passaggio di MES nei pazienti trattati con ECMO Veno-Venoso (ECMO-VV) ed ECMO Veno-Arterioso (ECMO-VA) e di corre- IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI lare il numero di MES con l'outcome clinico a 6 mesi.
METODI: Studio monocentrico osservazionale prospettico approvato dal Comitato Etico dell'AOUC.
Sono stati reclutati pazienti consecutivamente ricoverati e trattati con ECMO presso il nostro Centro di Riferimento Regionale nell'arco di 18 mesi. Il monitoraggio TCD continuo e bilaterale delle AA. Cerebrali Medie con modulo multigate, della durata di 60 minuti, è stato effettuato nei pazienti trattati con ECMO entro 72 ore dall'inizio del trattamento e ripetuto ogni 48 ore in caso di assenza di MES; nel caso di rilievo di MES il monitoraggio TCD è stato ripetuto ogni 24 ore. Durante ogni monitoraggio sono stati raccolti i dati clinici, strumentali, parametri vitali, aPTT, frazione di eiezione. Il follow-up clinico è stato effettuato con GOS per 6 mesi dalla dimissione.
RISULTATI: Sono stati eseguiti 248 monitoraggi TCD in 53 pazienti (42 con ECMO-VV, 11 con ECMO-VA).
Sono stati registrati MES nel 26,6% dei pazienti in ECMO-VV e nell'81,8% dei pazienti in ECMO-VA (p<0.001). In nessuno dei due sottogruppi è stata rilevata una correlazione tra il rilievo di MES ed i settaggi dell'ECMO o i valori di aPTT.
Nei pazienti trattati con ECMO-VA è stata trovata una correlazione inversa tra la frazione di eiezione ed il rilievo di MES al TCD (p=0.037). In tutti i pazienti non è stato rilevato una correlazione tra il rilievo di MES e l'outcome clinico clinico a 6 mesi.
CONCLUSIONI: MES sono stati rilevati in entrambe le configurazioni ECMO. Indipendentemente dal-la loro fisiopatologia, il rilievo di MES non sembra influenzare l'outcome clinico tuttavia, studi multi-centrici sono necessari per confermare questi risultati 8. Trattamento del dolore con lidocaina trans dermica nella Sindrome di Eagle
Menichetti C.
Autori: Menichetti C. , Rossi C.*, Tucci T. , Ancona A.L. , Sonnoli C. , Biagioni A. , Taglioli M. ,
Volpi G.
(U.O.C. Neurofisiopatologia, USL Toscana Nord-Ovest, P.O. "F. Lotti", Pontedera)
La sindrome di Eagle è una sindrome algica cranio-faciale correlata alla presenza di un processo stiloideo più lungo della norma (> 3cm) e/o con direzione anomala e/o di un legamento stilo-iodeo calcificato che irrita le strutture neuro-muscolo-vascolari circostanti (muscoli stilieni, nervi cranici il IX in particolare, vasi carotidei.). L'eziopatogenesi non è ancora del tutto chiara (embriologica, post traumatica, post-chirurgica, endocrinologica.) e la sintomatologia è caratterizzata da faringodinia, odinofagia, algia laterocervicale spesso irradiata all' orecchio ed esacerbata da rotazione del capo, deglutizione e protrusione della lingua, ipersalivazione; cefalea infraorbitaria, temporale, mastoidea, parietale associata ad acufeni e disturbi visivi. Descriviamo il caso di una paziente di 68 anni, che non presentava in anamnesi patologie degne di nota, giunta per cefalea all'emicranio di sinistra e latero-cervicale, esordita 10 giorni prima, associata a sensazione di difficoltà nell'espressione verbale e nella deglutizione. L'E.O.N. mostrava esclusivamen-te deficit del XII nervo cranico di sinistra con ipotrofia dell'emilingua. Una TC del collo evidenziava bilateralmente processo stiloideo allungato e calcificazione del legamento stilo-ioideo, particolar-mente abnorme a sinistra. La paziente veniva sottoposta a terapia steroidea e trattamento chirurgico maxillo-facciale di stiloidectomia. Valutata successivamente all'intervento mostrava un parziale recupero motorio del deficit dell'ipoglos-so, con persistenza della sintomatologia dolorosa nonostante il mantenimento della terapia steroidea e con FANS. Veniva a tal punto introdotta terapia locale con lidocaina cerotto al 5% applicata in sede laterocervicale sinistra (12 ore al giorno) con risoluzione della sintomatologia anche dopo sospensione IV MEETING SNO TOSCANA 2016IL MOTORE DELLE NEUROSCIENZE TOSCANE: QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ, APPROPRIATEZZA COMUNICAZIONI ORALI della terapia.
Il caso rappresenta una causa rara di deficit del XII nervo cranico, da ricercare in caso di normalità del-la RM encefalo e dopo aver escluso patologie dissecative. Risulta da considerare il trattamento locale con lidocaina che può controllare in modo ottimale il dolore, riducendo il ricorso a terapia steroidea.
9. Quando e come sospettare la sindrome da ipotensione liquorale
Innocenti E.
Autori: Innocenti E., Gallerini S., Scarpini C., Bartalucci M., Marotti C., Marsili L., Molesti E., Rossi F.,
Marconi R.
(U.O.C. Neurologia, Azienda USL Toscana sud est, P.O. Misericordia, Grosseto)
La sindrome da ipotensione liquorale è un'entità clinica caratterizzata da cefalea ortostatica con ipovo-lemia liquorale e può insorgere spontaneamente o a seguito di procedure cranio-spinali. La diagnosi è clinica e si fonda sulle caratteristiche semeiologiche della cefalea, ma può essere supportata da un esa-me RMN encefalo con mezzo di contrasto che mostra un tipico enhancement della dura madre. Nella maggior parte dei casi la malattia si risolve spontaneamente o con l'ausilio di una terapia conservativa.
Descriviamo 5 pazienti (M:1 F:4; età media: 42 anni, range: 26-58) giunti nell'ultimo triennio in Pron-to Soccorso (P.S.) del P.O. Misericordia di Grosseto per cefalea di nuova insorgenza o persistente nel tempo e in apiressia, resistente a terapia analgesica. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a esami ematici generali e TAC cranio senza reperti patologici caratteristici.
La valutazione neurologica in P.S. ha focalizzato l'attenzione sui seguenti items: anamnesi farmacolo-gica e patologica, modalità di esordio, tipo di decorso, caratteristiche della cefalea, risposta ai FANS, temperatura corporea e indici di flogosi. Il netto peggioramento della cefalea in ortostatismo è stato l'elemento semeiologico che ha consentito al neurologo di ipotizzare in P.S. una sindrome da ipoten-sione liquorale.
La diagnosi – quattro casi ad esordio spontaneo e un caso post-procedurale – è stata confermata dopo un esame RMN encefalo con gadolinio che ha mostrato il caratteristico enhancement della dura madre. In nessuno dei pazienti è stato necessario eseguire un esame diagnostico del tipo mielografia TAC o cisternografia isotopica. Tutti i pazienti sono stati trattati con terapia conservativa (riposo a letto, idrata-zione e breve ciclo di terapia corticosteroidea) con risoluzione del quadro clinico in alcune settimane.
Di fronte a una cefalea di recente insorgenza, che peggiora in ortostatismo, un'attenta valutazione anamnestica e delle caratteristiche semeiologiche della cefalea è fondamentale per definire il percorso diagnostico e gli esami strumentali a cui sottoporre il paziente per diagnosticare una forma secondaria ad ipotensione liquorale. Il tempo e il trattamento conservativo sono risultati i due fattori risolutivi nei cinque casi osservati.
BIBLIOGRAFIA3) Headache Classification Committee of the International Headache4) Society (IHS). The International Classification of Headache 5) Disorders, 3rd edition (beta version). Cephalalgia 2013; 33(9): 6) 629–8081) Mea E., Chiapparini L., Savoiardo M., Franzini A., Grimaldi D., 2) Bussone G., Leone M. Application of IHS criteria to headache 3) attributed to spontaneous intracranial hypotension in a large 4) population. Cephalalgia 2009; 29(4): 418-22.
5) Mokri B. Spontaneous intracranial hypotension. Continuum6) 2015; 21(4): 1086–1108.

Source: http://www.morecomunicazione.it/wp-content/uploads/2015/07/abstract-book.pdf

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The Glyoxalase System, Inhibition of Thioredoxin Reductase and Use of Methylene Blue as Drug Development Strategies against the Malarial Parasite Plasmodium falciparum A thesis submitted in fulfilment of the German degree doctor rerum naturalium (Dr. rer. nat.) Faculty of Biology and Chemistry (FB 08) Justus-Liebig-University, Giessen, Germany Monique B. Akoachere